La Nuova Sardegna

Tutta la musica in una voce Al Jarreau:«Vivo per cantare»

di Walter Porcedda
Tutta la musica in una voce Al Jarreau:«Vivo per cantare»

Il grande artista americano domani sul palco della rassegna di Oristano La sua straordinaria carriera dal coro in chiesa ai Grammys in tutte le categorie

01 agosto 2013
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CAGLIARI. Tra sacro e profano. Al Jarreau, cantante americano dalla voce di velluto, unico al mondo ad aver vinto i prestigiosi Grammys in tutte e tre le categorie – jazz, pop e R&B – confessa che il suo contatto e, di conseguenza il suo amore, con la musica è stato sin dall'inizio diviso a metà. «Questa ha fatto parte della mia vita, sin dall'infanzia – dice l'artista, figlio di un vicario, ospite il 2 agosto con la sua band del Dromos festival ai giardini del Seminario di Oristano – . Ascoltavo la musica nella chiesa della mia famiglia ma la sera, dalla finestra della mia camera da letto, familiarizzavo con le canzoni polka che provenivano dalla taverna dall'altra parte della strada. Quando crebbi iniziai a cantare con un coro in chiesa studiando con passione le arti e la musica. Era una vera gioia. Oggi i ragazzi possono trarre un beneficio grandissimo da avere la musica nelle loro esistenze. I giovani che suonano uno strumento o cantano in un coro ottengono d'altra parte ottimi risultati a scuola perché sviluppano meglio i metodi per studiare e imparare tutte le materie. Non solo la musica».

A proposito di gioventù, il debutto sul palcoscenico per Jarreau avviene a soli quattro anni. «Il mio primo vero lavoro fu di cantare in chiesa e nel vicinato! Ma in realtà il mio debutto professionale avvenne nella sala lounge di un albergo, il Pfister Hotel a Milwaukee, dove sono nato. Eseguivo jazz standards e qualche brano dei miei preferiti. Ero accompagnato da un pianista o talvolta da un trio. In questi giorni sono stato di nuovo a bere un caffè in quella stessa sala. Un albergo splendido e lo staff mi ha fatto sentire come se fossi un re».

E quello fu anche il primo incontro con il jazz. «Il jazz c'è sempre stato nella mia vita. Se ho la capacità di amare così tanti generi, e di esserne anche influenzato, è perché ho imparato, crescendo, ad ascoltare e imparare. Dicevo prima del canto in chiesa e delle polka. Ma poi a scuola ho amato i tunes più popolari e, contemporaneamente ascoltavo jazz, blues e doo-wop alla radio... Era tutto parte del mio universo».

Anche se poi alla fine c'è un musicista che ha avuto un ruolo più importante nella sua carriera. «George Duke. Crescemmo insieme nel 1960 nell'area di San Francisco. Suonavamo in trio in un club chiamato “The Half Note”, affinammo assieme stile e talento. Poi c'è anche Paul Desmond che compose “Take Five”, E non posso dimenticare David Foster e Tom Canning, il team con il quale composi diversi brani nel 1980. Eseguo ancora quelle meravigliose canzoni. Poi ancora Joe Zawinul...».

E naturalmente anche qualche cantante e interprete. «Ovvio. Ella Fitzgerald, Jon Hedricks, un gruppo francese, Les Doubles Six e altri. Hendricks comunque ebbe una importanza fondamentale per il mio stile. E' un affascinante vocalist che sta ancora sulle scene e io lo adoro».

Nella sua lunga carriera anche una capatina a Sanremo lo scorso anno per cantare “Parla più piano” con i Matia Bazar. «Sanremo è fantastica. Ci sono così tanti musicisti di talento in quel programma! Fui felice di incontrare i Matia Bazar. Non sapevo cosa si aspettassero, ma ci incontrammo e tutto capito' in modo magico.. parlammo della canzone solo per un po' e poi iniziammo a lavorare e cantare. Silvia ha una voce bellissima, poi Piero e Fabio...Siamo rimasti d'accordo di lavorare ancora assieme e dobbiamo ricordarci di farlo».

Al Jarreau canta in un modo molto speciale, riuscendo spesso a trasformare vecchi motivi in nuove ed emozionanti canzoni. «Faccio quello che mi diverte. E sono davvero fortunato che la mia musica venga apprezzata. Ho sempre avuto un grande amore per certe vecchie canzoni. Spesso me le canto tra me e me per lungo tempo. Quando decido di eseguirle dal vivo scopro così che anche il pubblico le ama. Sono un tipo davvero fortunato!».

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