La Nuova Sardegna

I parenti di Luigi Russo fecero saltare il sequestro

I parenti di Luigi Russo fecero saltare il sequestro

Il pm: l’imprenditore di Oristano era nel mirino della banda dell’ex primula rossa I familiari dissero a un tramite: «Sappiamo che intenzioni hanno i tuoi amici»

11 luglio 2014
2 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. L’imprenditore di Oristano Luigi Russo non finì nelle mani dei sequestratori grazie all’intervento provvidenziale di alcuni suoi parenti. Il commerciante, proprietario di diversi negozi di abbigliamento nel centro di Oristano, doveva essere rapito dalla banda capeggiata dal’ex ergastolano Graziano Mesina, ma il progetto saltò quando i parenti di Russo affrontarono duramente il contatto con la banda di Orgosolo, un uomo che agiva in totale buona fede e al quale era stato detto: «Abbiamo capito cosa hanno intenzione di fare i tuoi amici».

La circostanza, filtrata già dopo l’arresto dell’ex re del Supramonte, è stata ricostruita ieri a Cagliari, nel corso del processo contro l’organizzazione che - per l’accusa - trafficava in droga e programmava rapimenti. Stando a quanto emerso davanti alla seconda sezione penale, presieduta da Costantino Poddighe, l’ex primula rossa del banditismo sardo e i suoi presunti complici avevano intenzione di prelevare Russo, tanto che avevano già eseguito una serie di sopralluoghi. Troppi forse, visto che non erano sfuggiti a chi viveva a stretto contatto con l’imprenditore.

In una precedente udienza, rendendo dichiarazioni spontanee, Graziano Mesina, che ieri non era presente in aula, aveva precisato che se avesse voluto sequestrare qualcuno lo avrebbe fatto e, visto che nessuno era stato rapito, aveva definito una «buffonata» la contestazione.

Il sostituto procuratore Gilberto Ganassi, titolare dell’inchiesta, aveva però ribattuto «vedremo perché quel sequestro non venne messo a segno». E ieri è in aula è stata fatta luce proprio su questo aspetto, ma si è anche parlato di incontri tra Mesina e alcuni presunti trafficanti per l'acquisto di circa 4 chili di cocaina. L’accusa, attraverso le testimonianze dei carabinieri di Nuoro che hanno condotto le indagini, è poi passata ad analizzare anche il piano che la presunta organizzazione criminale stava mettendo a punto per sequestrare l’imprenditore sassarese Gavino Satta, amministrazione della Coopservice, colosso da 17 mila dipendenti con sede a Reggio Emilia e base operativa alla periferia di Sassari, in via Caniga.. Anche in questo caso erano stati compiuti sopralluoghi e il progetto era già in una fase avanzata visto che - durante le perquisizioni seguite agli arresti - gli inquirenti avevano ritrovato foto e cartine della casa dell’obiettivo da rapire a Uri, in provincia di Sassari. Satta doveva essere prelevato durante il tragitto tra la sua abitazione e la sede di Caniga. Più che al denaro dell'imprenditore la banda mirava a quello custodito dalla Coopservice. Il processo riprenderà il prossimo 22 luglio, mentre stamattina verrà celebrata l’udienza contro presunti componenti della banda che hanno scelto il rito abbreviato.

In Primo Piano
I soccorsi

Olbia, si schianta con il suv contro tre auto parcheggiate

Le nostre iniziative