La Nuova Sardegna

Sindrome di Quirra, muore un altro sardo Oltre 300 le vittime

di Pier Giorgio Pinna
Sindrome di Quirra, muore un altro sardo Oltre 300 le vittime

In Italia il numero dei malati per missioni all’estero è di 3.761 Ma per l’ex ammiraglio Accame la cifra è di molto superiore

03 settembre 2014
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SASSARI. Ancora una vittima della sindrome di Quirra. È il maresciallo in congedo dall’aeronautica militare Mario Porcu, 70 anni, di Guspini. Da tempo malato di cancro, aveva presentato alla Difesa richiesta d’indennizzo per patologie contratte durante servizi prestati nel poligono di Perdasdefogu e a Capo Frasca. A denunciare il nuovo decesso è Falco Accame, presidente dell'Anavafaf, un'associazione che assiste i familiari di personale arruolato nelle forze armate. Il quale quantifica in molte più di 300, in tutt’Italia, le vittime provocate da uranio impoverito e nanoparticelle Sino a oggi, ricorda lo stesso ex ammiraglio ed ex parlamentare, il numero ufficiale dei militari che si sono ammalati durante missioni all’estero è di 3.761, così com’è stato ammesso in Senato dalle autorità sanitarie interforze.

«Ma la cifra è parecchio superiore - spiega Accame – Perché non comprende i civili che si sono ammalati in Bosnia, in Somalia, nelle basi e nei poligoni di tiro sardi. Né i soldati di leva. E neppure tutti i professionisti che, dopo aver lasciato le armi di appartenenza, hanno contratto questa sindrome, causata dalle contaminazioni e dall’esposizione a polveri micidiali, e non sono più stati conteggiati. In realtà siamo di fronte a una tragica vergogna, uno scandalo provocato dalla mancata adozione di tutte le misure di protezione».

«E purtroppo – continua l’ex ammiraglio - gravi rischi esistono ancora nei territori della Sardegna sottoposti a servitù militari. Dove hanno potuto operare Paesi stranieri, anche non appartenenti alla Nato, dalla Libia a Israele passando per vari Stati dell'Est. I quali sono stati autorizzati a rilasciare una semplice autocertificazione circa i proiettili impiegati e a fare una bonifica in proprio, evitando così ispezioni italiane».

«Per di più - sottolinea Accame - non è stato emanato un bando internazionale di divieto di armi all'uranio impoverito e neppure è stato tenuto presente il rischio delle nanoparticelle di metalli pesanti». C’è perciò da augurarsi, secondo il presidente dell’associazione, «che s’impedisca l'uso dei poligoni senza la possibilità di esercitare i dovuti controlli e s’impartiscano rigidissime norme di tutela per il personale. E che finalmente si emanino nuove disposizioni per i risarcimenti al Comitato di verifica per le cause di servizio». Tutto questo, incalza, per correggere gli errori «circa l'attribuzione di risarcimenti in base al nesso di probabilità, e non, come attualmente viene fatto, in base al nesso di certezza, che non può essere preso in considerazione per malattie tumorali». «È necessario infine che il ministero dimostri una maggiore sensibilità per questi drammatici casi e dia maggiore solidarietà alle vittime e ai loro familiari», conclude l’ex ammiraglio.

«Mario si era ammalato lavorando a Quirra e nel poligono di Capo Frasca – ricorda un amico che ieri, assieme a tanti altri militari, ha partecipato ai funerali a Guspini - Sperava che la causa di servizio gli venisse riconosciuta. Ma non ha fatto in tempo a sapere nulla di preciso». «Oggi nella sua situazione siamo in tanti – prosegue il collega – E davvero speriamo che il nostro stato di salute e le cause che l’hanno provocato vengano riconosciuti: non è questione di soldi, ma di giustizia».

Durante le missioni in Bosnia i soldati italiani non erano stati neppure avvertiti delle disposizioni Nato sulla sicurezza. Analogamente, in tanti altri casi, nelle esercitazioni in Sardegna, non sono state adottate tutte le misure di protezione necessarie, così come sta emergendo al processo che si celebra a Lanusei per il disastro ambientale a Quirra.

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