La Nuova Sardegna

le richieste del governatore che ieri ha ispezionato capo frasca

«Recuperare subito 7mila ettari e ridurre la presenza dei soldati»

dI Felice Testa
«Recuperare subito 7mila ettari e ridurre la presenza dei soldati»

INVIATO A CAPO FRASCA. Ridurre la presenza militare nell’isola con un taglio di almeno 7mila ettari di terreno gravato da servitù militare e progressiva dismissione dei poligoni di addestramento a...

10 settembre 2014
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INVIATO A CAPO FRASCA. Ridurre la presenza militare nell’isola con un taglio di almeno 7mila ettari di terreno gravato da servitù militare e progressiva dismissione dei poligoni di addestramento a partire da Capo Frasca.

Il presidente della Regione , Francesco Pigliaru, parla davanti all'ingresso del poligono , dopo un sopralluogo di circa due ore all'interno della base, insieme al comandante del corpo forestale Gavino Diana e del sindaco di Arbus, Francesco Atzori.

«È necessario ridurre le servitù militari in Sardegna – afferma – e si può cominciare da Capo Frasca. La presenza militare nell'isola è eccessiva. Questo poligono si estende per 1.400 ettari, dei quali mille non operativi, ed è l’esempio di un evidente sovradimensionamento del contributo dato dalla Sardegna alla Difesa».

Secondo il governatore sarebbe «più semplice» chiudere il poligono di Capo Frasca, perché gli aerei possono spostarsi in altri luoghi: «Se però mi propongono una riduzione o una chiusura per Teulada o altri poligoni va bene lo stesso – assicura – . È giunto il tempo di pensare a un abbattimento del gravame militare, e questo è il nostro obiettivo di legislatura. Al di là delle polemiche – aggiunge – qualcuno ha capito erroneamente che la mia richiesta al ministro Pinotti di fermare le esercitazioni nel periodo estivo fosse l'unica proposta fatta dalla Sardegna, mentre non è così, è solo un primo passo in vista della riduzione delle servitù di cui si potrà parlare al tavolo con il Governo. Tutto è stato ridimensionato nelle forze armate. Con le misure della spending review, il personale è passato da 190mila a 150mila: un taglio del 22 per cento. Quello che non è stato ridotto è l'uso del territorio in Sardegna che è rimasto esattamente come è. Se venisse applicata la stessa percentuale di riduzione sulle aree soggette a servitù militari nell'isola, che sono di circa 30mila ettari, avremmo 7mila ettari in meno».

La Sardegna dà troppo, in termini di territorio ceduto alla Difesa e ottiene troppo poco in cambio. Inoltre, gran parte delle aree destinate alle esercitazioni non sono necessarie per le operazioni ma rappresentano un lusso che le forze armate possono permettersi perché i costi sono irrilevanti.

«Gli oneri delle servitù militari non sono definiti con precisione – spiega Pigliaru – perciò si fa un uso irragionevole del territorio. Esistono modi per quantificare i costi che dovrebbero essere a carico della Difesa, la Regione ha già finanziato uno studio per stabilire i parametri da utilizzare per valutarli meglio».

Quanto alla ricostruzione dopo l’incendio di giovedì, che ha interessato 32 ettari del poligono, il presidente chiarisce che «nel rapporto non si parla di esplosioni ma di deflagrazioni che sono compatibili con i fumogeni che vengono sparati. La base non è attrezzata per interventi di antincendio in casi come quello della settimana scorsa. Siamo dovuti intervenire con la Forestale. Oggi siamo noi col Corpo forestale ad aiutare i militari nello spegnimento degli incendi. In futuro ci piacerebbe vedere i militari aiutare la Sardegna».

Accanto a Pigliaru, il sindaco di Arbus, Comune che sopporta quasi interamente il peso della presenza militare. «La visita – esordisce il sindaco – non risolve nessuno dei problemi che la presenza del poligono comporta, sarà il tavolo politico con il ministro a dare delle risposte. Arbus non ha alcun vantaggio dalla base. Gli indennizzi arrivano quando lo Stato decide che vuole mandarli. Dovrebbero essere con cadenza quinquennale, ma non avviene così. Chiediamo che vengano erogati ogni anno e che siano considerati al di fuori del Patto di stabilità. Queste sono le precondizioni necessarie per una convivenza accettabile».

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