L’isola di ieri esplorata dall’archeologo inglese con la fotocamera
SASSARI. Sino al 20 gennaio il Padiglione Clemente del Museo Sanna di Sassari, ospita la mostra fotografica “La Sardegna di Ashby”, esposta, in quest'occasione, per la prima volta in Sardegna....
SASSARI. Sino al 20 gennaio il Padiglione Clemente del Museo Sanna di Sassari, ospita la mostra fotografica “La Sardegna di Ashby”, esposta, in quest'occasione, per la prima volta in Sardegna. Composta da 82 fotografie e 8 mappe geografiche, è già stata presentata al pubblico lo scorso luglio a Roma, presso la sede della British School, proprietaria delle oltre 600 fotografie scattate nell'isola dall'archeologo e topografo Thomas Ashby. Ashby fu direttore, dal 1906 al 1925, della prestigiosa istituzione britannica di studi e ricerca archeologica, storica e di belle arti.
Cinque viaggi in sei anni. Visitò la Sardegna in cinque occasioni, in un periodo compreso tra il 1906 e il 1912. Ed è negli archivi della British School at Rome che Giuseppina Manca di Mores, curatrice della mostra e del volume pubblicato da Carlo Delfino, ha incontrato per la prima volta, ormai quasi quindici anni fa, le fotografie di Ashby, raccolte in album ben custoditi. L'archeologo inglese viene in Sardegna, nel marzo del 1906, su invito di Antonio Taramelli, soprintendente alle antichità e direttore del Museo Archeologico di Cagliari. Arriva insieme al collega Duncan Mackenzie. Entrambi hanno studiato a lungo il mondo egeo, in particolare l’archeologia preistorica di Creta. In Sardegna vengono per un progetto di ricerca che si propone di unire gli studi condotti nell’isola da Taramelli e Filippo Nissardi, in seguito direttore dell' Archeologico di Cagliari e poi del Museo Sanna, e le approfondite conoscenze di Ashby e Mackenzie su Creta: uno studio congiunto sulle antiche civiltà del Mediterraneo.
In cerca di antichità. La prima visita, dedicata soprattutto ai monumenti preistorici, dura tre settimane. Accompagnati da Nissardi i due esplorano la città di Cagliari e in particolare l'area delle Barbagie e di Fonni e la zona intorno a Guspini. Ashby torna in Sardegna nel marzo del 1907, insieme a Baker Penoyre, segretario della British School, e si trattiene per due settimane. Guidati da Taramelli e Nissardi visitano monumenti preistorici e romani e, partendo da Cagliari, raggiungono anche la Sardegna settentrionale. Terza visita, sempre nel 1907, nelle ultime due settimane di ottobre, in compagnia di Mackenzie. Nel 1908 Ashby torna in Sardegna, insieme all’architetto Francis G. Newton, per raggiungere Mackenzie. Si trattiene dal 20 ottobre all’8 novembre, dedicando particolare attenzione al territorio di Paulilatino, dove sorge il tempio di S. Cristina. Passano poi quasi tre anni e mezzo prima del suo quinto e ultimo viaggio, fra aprile e maggio del 1912, che dura dieci giorni ed è contraddistinto da un forte interesse per l’area mineraria dell’Iglesiente. Ashby, durante le sue esplorazioni dell'isola, visita luoghi legati al suo interesse di archeologo, fotografando i siti oggetto di ricerca, ma documenta con attenzione e sguardo acuto città e villaggi, paesaggi, architetture e monumenti, siti minerari, processioni religiose ed anche un rito funebre, restituendo un'immagine dell’isola che si affaccia alla modernità, con segni chiari del mutamento, ma che appare insieme come fuori dal tempo e inamovibile.
Un mondo che cambiava. Le immagini raccontano un passato non poi così lontano temporalmente e il fatto stesso che sia stato documentato fotograficamente rende quel tempo vicino ed attuale. Ma quanta distanza tra questo ieri in cui si affacciano i pali e i fili dell'era telegrafica, compaiono sui muri le prime timide incursioni della pubblicità, e l'oggi della pervasività dell'immagine. Quanta distanza misurano gli sguardi di astanti incuriositi, che in qualche caso mai avevan visto una fotocamera. Quanta ne misurano i vestimenti? C'è un'immagine in mostra, scattata a Sant'Antioco, nella piazza che si apre davanti alla Basilica dedicata al culto del santo martire. In primo piano una gallina. Poi gruppi di persone, soprattutto uomini. Molti indossano abiti di foggia moderna. Alcuni, che a un primo sguardo possono sembrar donne, vestono in costume: pantaloni neri sotto il ginocchio, berritta e, spiazzante e mai visto prima, un fazzoletto femminile legato sotto il mento, che tiene ferma e a posto la berrita. Usanza comune, pare, nel Sulcis e altri centri del Campidano sino al primo ventennio del 900. Osservare immagini del passato è uno degli esercizi più affascinanti che ci consente la fotografia. "Una fotografia del 1900”, ha scritto Susan Sontag “che emozionava allora per il suo soggetto, è oggi più probabile che ci commuova perché è stata fatta nel 1900. Le qualità e le intenzioni delle singole fotografie tendono a scomparire nel pathos generale del passato.
Le fotografie e il tempo. E il tempo finisce per portare tutte le fotografie, comprese le più dilettantesche, ad un livello d'arte" Tempo e fotografie restituiscono una trama infinita di racconti, fatti perduti, storie, suggestioni, che non abbiamo altro modo di conoscere e le immagini di Ashby disvelano tesori che mostrano la forza profonda della “scrittura della luce”.
“Un'altra lontananza” ha intitolato un libro sulla fotografia il critico Diego Mormorio. Titolo suggestivo e indovinato, perché l'immagine é lontana dal presente, dal qui e ora. Ma è anche strumento di vicinanza, che ci fa sentire, al tempo stesso, lontani da un mondo diverso e insieme vicini a quelle pietre, a quei luoghi, a quelle vesti che, mai conosciute, ri-conosciamo.