CAGLIARI. Incassati 84 milioni dalla Regione come risarcimento per la mancata realizzazione del piano immobiliare sul colle di Tuvixeddu, la Nuova Iniziative Coimpresa dell’imprenditore Gualtiero Cualbu potrebbe riacquisire il diritto a costruire nell’area privata attorno alla zona archeologica. È questa la notizia, davvero clamorosa, che rimbalza dagli uffici regionali e delle soprintendenze archeologica e paesaggistica. Lo stop al piano Coimpresa è stato imposto il 3 marzo 2011 dal Consiglio di Stato, che ha giudicato legittimo il vincolo di 120 ettari sull’area di Tuvixeddu-Tuvumannu stabilito dal piano paesaggistico regionale. Ma nella stessa sentenza che ha dato ragione all’amministrazione regionale i giudici amministrativi supremi hanno chiarito che sarebbe stata un’intesa tra Comune di Cagliari, Regione e Mibac a determinare una zona di tutela integrale dove «non è consentito alcun intervento di modificazione dello stato dei luoghi e una zona di tutela condizionata».
Il vincolo. Peraltro il vincolo di 120 ettari imposto già nel 1997 e convalidato da palazzo Spada è una misura di salvaguardia prevista dal Ppr e resta dunque valido - così hanno stabilito i giudici - sino all’adeguamento del piano urbanistico comunale al Ppr. In altre parole: finchè il Comune non adegua il Puc su Tuvixeddu non si può spostare una pietra. Ciò che si potrà fare dopo va stabilito con un’intesa da raggiungere fra i tre enti coinvolti a conclusione di una fase obbligatoria di copianificazione. E siamo al punto: appena pochi giorni fa la bozza d’intesa coi nuovi criteri era alla firma, è stato il sovrintendente ai beni paesaggistici Fausto Martino a chiedere tempo per valutare le nuove norme e capire se garantiscano sufficienti tutele dell’area d’interesse paesaggistico, che non è solo quella dove si trovano le tombe puniche e romane ma si estende all’insieme del compendio storico e culturale. Interpellato dalla Nuova Sardegna, Martino si è limitato a confermare di aver chiesto i termini per fare le sue valutazioni. Ma è chiaro che se il dirigente ministeriale ha preferito non mettere la sua sigla sull’intesa, qualcosa non deve averlo convinto.
Il punto. Il punto critico sarebbe questo: i criteri indicati dagli enti sarebbero troppo generici. Senza entrare nella complessità delle norme, i contenuti dell’intesa aprirebbero spiragli pericolosi per chi ha a cuore la difesa del colle punico dal cemento. Nella stretta sostanza il costruttore Cualbu, fermato prima del Ppr di Soru e poi dai ricorsi amministrativi della Regione, di Italia Nostra e di Legambiente potrebbe trovare la strada per riportare i bulldozer dove il Consiglio di Stato li ha bloccati. Difficile fare previsioni sugli sviluppi di questa nuova fase dell’infinita vicenda di Tuvixeddu.
La controversia. Certo è che a distanza di quattro anni dalla sentenza accolta con tripudio dagli ambientalisti una soluzione definitiva della controversia non è stata ancora trovata. Per diverse ragioni: nella primavera del 2014 il collegio arbitrale ha stabilito a maggioranza che la Nuova Iniziative Coimpresa è stata danneggiata dai vincoli regionali e doveva essere risarcita per il ritardo accumulato nella realizzazione dell’intervento edilizio. L’ufficio legale della Regione ha ricorso contro il lodo - eseguito ad agosto 2014, l’intera somma è stata versata sul conto di Cualbu - ma la Corte d’Appello di Roma deciderà solo a maggio del 2016.I risarcimenti. Nel frattempo il costruttore ha chiesto nuovi risarcimenti alla Regione ritenendo valido l’accordo di programma del 2000, un contratto civilistico tra Comune, Regione e privati in base al quale veniva riconosciuto alla Coimpresa il diritto di costruire e le condizioni per farlo. Ora salta fuori un’intesa tra gli enti che probabilmente non blinda a sufficienza il paesaggio storico-archologico di Tuvixeddu.
Insomma: la battaglia infinita potrebbe riaprirsi ed è difficile immaginare come possa andare a finire.
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