La Nuova Sardegna

Rukeli, una danza zingara contro l’orrore nazista

di Costantino Cossu
 Rukeli, una danza zingara contro l’orrore nazista

Da Dario Fo la storia del pugile sinti ucciso in un campo di sterminio

26 gennaio 2016
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di Costantino Cossu

Emil Cornelius era un criminale comune. Nel campo di sterminio di Wittenberger i nazisti lo avevano messo a fare il kapò nel reparto al quale avevano assegnato Johann Trollman. Ex boxeur, campione tedesco nella categoria medio-massimi, Trollman era nel lager perché zingaro. Appena arrivato, scaricato da un treno merci insieme con altri sinti, viene riconosciuto da Cornelius. Che con lui decide di divertirsi un po’. Gli chiede di battersi. Trollman arriva a Wittenberger da un altro campo, quello di Neuengamme, ed è magrissimo, debilitato dalla fame, l’ombra del pugile che negli anni Trenta sbaragliava gli avversari su tutti ring della Germania (Rukeli, “albero” in lingua sinti, era il suo nome di battaglia, tanto era alto e solido). Cornelius quindi non vuole un combattimento leale. Vuole solo riempire di botte lo zingaro, umiliarlo. Trollmann è di fronte a una scelta drammatica. Sebbene fisicamente malconcio, sa di poter battere comunque Cornelius ricorrendo alla sua tecnica; ma sa anche che se lo farà morirà. Sceglie di morire, Rukeli: meglio la morte che perdere la propria dignità di essere umano. L’albero non si lascia abbattere: Cornelius finisce a terra, a mordere la polvere, e fa massacrare il prigioniero a bastonate, sino a lasciarlo senza vita.

Tutta la storia del pugile sinti viene ora raccontata da Dario Fo nel libro “Razza di zingaro”, appena pubblicato da Chiarelettere (160 pagine, 16,90 euro). Fo utilizza una meticolosa ricerca storica di Paolo Cagna Ninchi per ricostruire una vicenda vera, che viene resa con la consueta perizia narrativa del Premio Nobel. Il racconto spazia dai primi allenamenti di Rukeli ragazzino in una palestra di Hannover sino alla sua esclusione nel 1928 – quando a 22 anni è indiscutibilmente il più forte tra i non professionisti – dalle Olimpiadi di Stoccolma: il suo comportamento sul ring viene considerato dalla Federbox poco compatibile con l’immagine della Germania. Trollmann sul ring gioca di gambe, danza come decenni dopo avrebbe fatto Cassius Clay. Danza e poi affonda i suoi colpi micidiali. Disdicevole per le autorità sportive tedesche.

Con Hitler al potere va anche peggio. Passato al professionismo, nel 1933 a Berlino Rukeli lo zingaro batte l’ariano Adolf Witt e diventa campione nazionale dei medio-massimi. Si commuove e piange, per la vittoria. Questo sarà il pretesto al quale George Radamann, gerarca nazista e presidente della Federboxe, ricorrerà per togliere a Trollmann il titolo: un vero boxeur non piange mai, specialmente sul ring. E’ così che per Rukeli inizia l’inferno. Non combatte più, divorzia dalla moglie Olga, ariana, dalla quale ha una figlia, Lina. Va in guerra con la Wehrmacht. Al ritorno, nel 1943, finisce nei campi di sterminio.

«Ho scritto questa storia illustrandola con miei disegni – spiega Dario Fo – perché la gente deve tornare a indignarsi e a muoversi su fatti veri, drammi reali. Trollmann faceva paura per la sua diversità, per il suo modo di salire sul ring, di fare pugilato non con l’idea cattiva, becera, malvagia, di abbattere l’avversario o di annientarlo, ma spinto dalla voglia di dare spettacolo, di giocare con ironia, con leggerezza». Nella sua danza di fronte agli avversari Trollmann riprendeva una tecnica di combattimento virtuale antichissima, che i sinti praticano durante i loro raduni. Un rito festoso, l’opposto dell’atroce pulsione di morte che muoveva gli aguzzini di Rukeli.

Un libro necessario, quello di Fo, perché tra noi gli Emil Cornelius e i George Radamann sono ancora tanti.

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