La difesa: «Solo spese legittime Assolvete Uggias, Ibba e Masia»
CAGLIARI. «Non risultano spese per Rolex, festini con donnine, generi di lusso, ma solo spese per compatibili coi criteri che regolavano l’uso dei fondi destinati ai gruppi politici»: per l’avvocato...
CAGLIARI. «Non risultano spese per Rolex, festini con donnine, generi di lusso, ma solo spese per compatibili coi criteri che regolavano l’uso dei fondi destinati ai gruppi politici»: per l’avvocato Maurizio Scarparo non c’è traccia di peculato nel comportamento dei tre consiglieri regionali Giommaria Uggias, Mondino Ibba e Pierangelo Masia, che nel corso della legislatura Soru - dal 2004 al 2009 - «hanno agito correttamente e si sono piegati alla norma vigente all’epoca dei fatti». Di certo, per il difensore non c’era la volontà di violare la legge, non c’era quello che in termini giuridici viene definito dolo intenzionale perché «i tre onorevoli erano convinti di spendere secondo le regole stabilite dallo stesso consiglio regionale».
Prassi consolidata. D’altro canto nel palazzo di via Roma quella di non rendicontare le spese era «una prassi consolidata e la legge che assegnava i fondi per l’attività dei gruppi conciliari esisteva da almeno quarant’anni». Una legge che - ha precisato l’avvocato Scarparo - prevedeva l’assegnazione di somme uguali al gruppo misto «proprio per creare una situazione di parità».
Attività privatistica. Il difensore ha ripreso davanti al tribunale presieduto da Mauro Grandesso – a latere Cannas e Badas - la tesi sostenuta nel suo intervento dall’avvocato dello Stato Francesco Caput, secondo il quale va distinta l’attività del consigliere regionale quando opera nell’assemblea e quando si muove all’interno del gruppo politico di appartenenza: «Se in aula si tratta di un’attività chiaramente pubblicistica e quindi il consigliere è un pubblico ufficiale - ha insistito Scarparo - nel gruppo l’ambito diventa privatistico».
Nessun peculato. Questa distinzione, se passasse il vaglio del tribunale, cambierebbe le sorti di tutti i provedimenti sui fondi ai gruppi, perché - come ha chiarito Scarparo - non si potrebbe più parlare di peculato, un reato di cui può macchiarsi solo il pubblico ufficiale, ma il capo d’imputazione dovrebbe virare sull’appropriazione indebita e il primo processo - quello in corso, con quattordici imputati - si esaurirebbe in una prescrizione di massa. Scarparo ha ribadito, seguendo una linea comune ad altri difensori, che il pm Marco Cocco non ha provato che i fondi siano stati spesi in modo incompatibile con i criteri stabiliti, realizzando - così ha sostenuto Scarparo - un’inversione dell’onere della prova. Scarparo ha chiesto per i tre consiglieri l’assoluzione e in subordine la modifica dell’imputazione in appropriazione indebita.
Spese regolari. Per Uggias ha parlato anche l’avvocato Silvio Piras, che ha ricostruito minuziosamente il quadro delle spese sostenute nel corso della legislatura dall’ex europarlamentare gallurese per dimostrare che «neppure un euro è stato impiegato per ragioni diverse dall’attività di consigliere regionale». Personale, cancelleria, francobolli, consulenze sono state pagate «secondo i criteri stabiliti dalla legge e documentate». Secondo l’avvocato Piras risulta agli atti che Uggias ha distinto le funzioni del personale che lavorava nel suo studio di Olbia tra collaboratori dell’attività legale e collaboratori dell’attività politica. Per quanto «i criteri di spesa dei fondi per i gruppi fossero all’epoca dei fatti incerti» l’onorevole Uggias è rimasto sempre all’interno delle spese compatibili. La discussione andrà avanti il 21 novembre con gli interventi degli avvocati Paolo Loria, Agostinangelo Marras, Benedetto Ballero e Riccardo Floris. L’udienza successiva potrebbe essere quella della sentenza. (m.l)