La Nuova Sardegna

Aceto tra i 14 trionfi al Palio e il somarello rubato a Olbia

di Alessandro Pirina
Aceto tra i 14 trionfi al Palio e il somarello rubato a Olbia

Degortes è il fantino che detiene il record di vittorie nella celebre corsa di Siena. «Da bambino aiutavo mio padre in campagna, a 13 anni ho lasciato la Sardegna»

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SASSARI. Il re del Palio di Siena è nato a Olbia, in una casa di via Acquedotto 58. Pieno centro storico di una città che all’epoca - siamo nel maggio 1943 - era poco più di un paesotto. Ai tempi Andrea Degortes, non ancora Aceto, era un ragazzino che frequentava più i campi che i banchi. La sua era una famiglia umile e lui aiutava il padre ad accudire il bestiame. Fino ai 13 anni e mezzo, quando con tutta la famiglia si trasferì a Roma. Prima tappa di un percorso che poi lo porterà a Siena, dove diventerà l’idolo incontrastato della città. Con 14 Palii vinti è il fantino che ha collezionato più successi di tutto il Novecento. Per trovare qualcuno che ha fatto di meglio bisogna risalire fino a Bastiancino e al Gobbo Saragiolo, che - il primo nel Settecento e il secondo nell’Ottocento - portarono a casa 15 vittorie. Altri tempi, altri Palii.

Ricordi olbiesi. Oggi Aceto è un pensionato di 76 anni che vive ad Asciano, nel senese, con la moglie Marzia, con cui è sposato da 52 anni. La sua vita olbiese è un ricordo lontano ma non sbiadito. Quando parla della sua città dalla voce dell’ex fantino traspare una certa emozione. «Sono nato in via Acquedotto 58, poco più giù delle Poste – racconta Degortes –. Olbia ancora si chiamava Terranova, era molto piccola, non era la bella città di oggi. Eravamo sette figli. Ai tempi era dura mantenere una famiglia. Io aiutavo mio padre in campagna, teneva il bestiame alla Galbani (più o meno l’attuale zona Bandinu, ndr). E spesso di notte mi toccava rimanere lì a dormire. Scuola ne ho fatto poca».

Dal suo scrigno di ricordi emerge l’amico della gioventù, con cui ha condiviso anche qualche bravata. «Io ero un pastorello e lui figlio di un pescatore. Nell’isolotto davanti al cimitero radunavano i somari per poi portarli in continente. Avevamo più o meno 12 anni. Io gli dissi: “prendiamo la barca, tu remi e ci freghiamo un somaro”. Così abbiamo fatto. Siamo arrivati sull’isolotto, abbiamo caricato l’asino sulla barca e lo abbiamo portato sulla terraferma. Per 15 giorni l’ho tenuto nascosto in campagna, finché un tale non ha raccontato del furto a mio padre, che mi ha dato talmente tante botte che ancora oggi me le ricordo». Poco più avanti la famiglia Degortes lascia Olbia alla volta di Roma. «Mio padre aveva venduto e le capre e nel frattempo mio fratello lo avevano preso come giardiniere in Vaticano. Un bel lavoro a quei tempi. E tutta la famiglia ha deciso di seguirlo». E il legame con Olbia si è così allentato ma senza mai spezzarsi. «La casa l’ho venduta nel 1984, ma ogni tanto torno. Anche se ora ci manco da 4 o 5 anni. Ho i parenti in città, ma non c’è mai stato un grande attaccamento. Noi eravamo pastori e non ci consideravano molto. Dopo il mio successo hanno provato ad avvicinarsi ma era troppo tardi».

Andrea diventa Aceto. Già in Sardegna i Degortes avevano in campagna qualche cavallo, ma la passione per le corse è nata dopo il trasferimento a Roma. «Puoi fare il fantino, mi dicevano. E così mi hanno mandato all’ippodromo delle Capannelle. Ma la mia avventura nelle corse non è partita con successo». Ma fu lì all’ippodromo romano che Degortes diventò Aceto. «Un ragazzo più grande mi sfotteva per come parlavo e io gli diedi un sacco di botte. Quando mi bloccarono gli altri stallieri mi chiesero in romanesco “che t’ha preso d’aceto?”. Un modo per dirmi che me la ero presa per poco, ma da allora divenni per tutti Aceto».

Il re della Piazza. Al suo primo dei 58 Palii corsi, nel 1964, il fantino si presenta con il nome Penna nera. «Mi dicevano: “se sfondi puoi guadagnare qualche soldo”. Ma il mio primo Palio non andò bene e presi anche delle botte, perché ai tempi se un fantino perdeva lo menavano. Fu una grande delusione. Ricordo che pensai: “ho cominciato oggi e finisco oggi”». Invece, la storia è andata diversamente. E già nel 1965 - con il nome di Aceto - arriva il primo successo. Nel 1968 fa il bis, nel 1969 il tris, e così via fino al 1992, quando arriva la vittoria numero 14. «Quel Palio mi stava sfuggendo ma alla fine sono riuscito a riacciuffarlo – racconta –. È stato il giorno più bello della mia vita». Aceto a Siena è il re della piazza, il più amato dei fantini. Come Gigi Riva a Cagliari. «Sono sempre stato un suo estimatore – dice ancora Aceto –. Era in ritiro col Cagliari qua vicino, ci hanno messo in contatto, è venuto a pranzo da me e abbiamo parlato tanto. Poi l’ho accompagnato a Prato con la mia auto. Da allora non ci siamo più sentiti. Una persona eccezionale al di là del grande campione che è stato».

L’addio alle corse. Aceto ha deciso di lasciare a 53 anni: l’ultimo Palio è del 1996. «Ho messo su un allevamento di cavalli, ma l’ippica non sta andando bene e ho smesso. Oggi mi dedico all’agricoltura, ma non sono più un bambino neanche per quello». Dei figli nessuno ha seguito le orme paterne: Alberto è uno chef, Antonio un imprenditore del settore abbigliamento. Nel 2006 Aceto accetta la proposta dell’Isola dei famosi di Simona Ventura. «Io ero già famoso ma mi sono fatto due lire. C’erano Chiappucci, Ceccherini. È stata una bella esperienza, ho visto mari belli anche se non come quelli della Sardegna, ma quante litigate e quanta fame: ho perso 12 chili. No, non lo rifarei». In televisione c’era già stato altre volte, anche nel salotto di Raffaella Carrà ai tempi dei fagioli, ma il suo palcoscenico abituale è da sempre la trasmissione che ogni anno trasmette il Palio. «Mica posso mancare. Il Palio non è solo una corsa di cavalli, per il popolo di Siena è una malattia».
 

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