La Nuova Sardegna

Sassari, ricercatrice e mamma: lavori quasi inconciliabili

di Alessandro Pirina
Sassari, ricercatrice e mamma: lavori quasi inconciliabili

La veterinaria Berlinguer: non è facile trovare spazi tra la professione e i bambini. La chimica De Luca: mai una discriminazione, le difficoltà iniziano quando hai figli

11 febbraio 2020
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SASSARI. La parità di genere ancora non c’è, ma rispetto al passato passi avanti ne sono stati fatti parecchi. Ancora troppo poco però per poter relegare la questione dell’uguaglianza nella carriera scientifica tra i problemi risolti. Emblematico il caso delle tre ricercatrici dell'ospedale Spallanzani di Roma - Maria Rosaria Capobianchi, Francesca Colavita e Concetta Castilletti - che hanno isolato il Coronavirus. Una notizia di enorme rilevanza, di cui troppi - stampa compresa - si sono soffermati a sottolineare che a ottenere il grande risultato siano state tre donne, ribattezzate “angeli” o “signore” e addirittura “del Sud”. Parole che mai sarebbero state utilizzate se quei camici bianchi fossero stati indossati da tre uomini. Ecco perché ancora oggi ha senso celebrare la Giornata delle donne e delle ragazze nella scienza, che l’Onu ha voluto istituire nel 2015 con l’obiettivo di incentivare un accesso paritario delle donne nella scienza e raggiungere una piena parità di opportunità nella carriera scientifica. «Non vado pazza per questo tipo di giornate – ammette Fiammetta Berlinguer, coordinatrice del corso della Scuola di dottorato in Scienze veterinarie dell’università di Sassari –. Però è anche vero che negli atenei la maggioranza dei posti di potere sono occupati da uomini. Una simile iniziativa la vedo dunque come un momento di riflessione».

Berlinguer è l’unica donna a coordinare un corso della Scuola di dottorato - «l’unica su dieci coordinatori», sottolinea - ma ammette che negli ultimi anni le cose sono cambiate notevolmente. Lei, laureata in medicina veterinaria a Sassari, dopo alcune esperienze all’estero in Spagna e negli Stati Uniti, è tornata a Sassari nel 2005 quando ha vinto il concorso per ricercatrice e due anni dopo è diventata professoressa associata. «Quando sono arrivata ero una delle poche, i numeri erano nettamente sbilanciati a favore degli uomini. Oggi siamo vicini alla parità. Tra i laureati in Veterinaria il 58 per cento sono donne». Berlinguer però, neanche nei periodi in cui le donne erano una netta minoranza, giura di non avere subito discriminazioni di genere sul posto di lavoro.

«Mai avuto problemi di questo tipo – dice –, ma può anche essere che sia stata fortunata. Il nostro dipartimento è una realtà piccola, ma l’accesso è dato dai numeri. La qualità del nostro lavoro dal punto di vista scientifico è valutata da indicatori e soglie numeriche. Nulla di più imparziale». Il vero ostacolo per una donna è riuscire a conciliare il lavoro e la famiglia. «Io ho due figli, fortunatamente sono nati uno dopo l’altro, ma sotto questo aspetto la strada è più in salita. Non è facile ritagliare spazi di qualità tra il nostro mestiere - che non ha orari - e i bambini. Per fortuna oggi i padri sono più collaborativi». Ecco perché Berlinguer nei giorni scorsi non ha amato il modo in cui è stata raccontata la scoperta delle tre ricercatrici dello Spallanzani. «Avrei preferito se le avessero rappresentate in maniera diversa. C’è stata una enfasi un po’ fastidiosa. È passato il messaggio che sono un caso eccezionale, ma per fortuna così non è».

«A me quel grande risalto mi ha inorgoglito. È un dato di fatto che il virus lo abbiano isolato loro, mi ha fatto piacere che siano state delle italiane e tutta quell’enfasi rende merito alla intelligenza delle donne nella ricerca». A parlare così è Lidia De Luca, professoressa associata di Chimica organica all’università di Sassari, già presidente della sezione Sardegna della Società chimica italiana, nonché unica ricercatrice chimica dei due atenei sardi a essere stata inserita nella classifica dei migliori ricercatori del mondo pubblicato su Plos Biology e ripreso su Nature. Della Giornata che cade oggi dice che «non la vedo come una rivendicazione, ma come un momento di riflessione. Le donne possono dare un enorme contributo. Il nostro è un ambiente ancora prettamente maschile, ma ci sono molte nuove leve femminili. Sono convinta che nel futuro le situazione si compenserà e il problema sarà superato». Mai una discriminazione subita sul lavoro. «Assolutamente no. Le veri difficoltà sono iniziate quando sono diventata mamma, perché avere figli è una discriminante, è in qualche modo un problema in più che le donne devono affrontare. Oggi per fortuna gli uomini sono più collaborativi e nell’economia familiare consentono alle donne di poter andare avanti». Più che una disparità di genere, a suo dire, la ricerca italiana deve fare i conti con una disparità di risorse. «All’estero c’è un sostegno diverso alla ricerca, ma come diceva un mio collega tedesco, punto di riferimento per i chimici di tutto il mondo, quello che conta non sono i soldi ma le idee. L’importante è riuscire sempre ad affermarle».

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