La Nuova Sardegna

Un’app sarda preannuncia l’arrivo del Covid-19

di Simonetta Selloni
Un’app sarda preannuncia l’arrivo del Covid-19

Uno smartphone collegato a un pulsossimetro avvisa del peggioramento di alcuni parametri

12 aprile 2020
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NUORO. Aggredire il Covid dalla sua insorgenza, quando è silenzioso e quindi impercettibile. Nella lotta per il contenimento e la prevenzione del contagio del coronavirus emerge uno strumento che potrebbe rivelarsi di grande efficacia. Un’applicazione in grado di individuare e segnalare sin dalla loro insorgenza impercettibili variazioni di peggioramento della funzione respiratoria e di quella cardiaca, prima che siano evidenti.

L’importanza di queste rilevazioni è chiara: prima che il Covid-19 si manifesti con l’insufficienza respiratoria conclamata, c’è la desaturazione dell’ossigeno nel sangue nelle fasi cliniche precoci, cioè quando i sintomi non sono percepiti dal paziente ma è utile monitorare la saturazione emoglobinica (SpO2). Il paziente non se ne accorge, così come non si accorge di un altro dato clinico importante, le variazioni della funzione cardiaca. Si tratta di elementi rilevati dall’app, studiata per tenere sotto controllo il peggioramento della Broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco).

È già pronta, è stata efficacemente usata nella sperimentazione compiuta su 38 pazienti dell’ospedale Nostra Signora della Mercede di Lanusei, in un progetto dell’Ats-Assl di Cagliari, Nuoro e Lanusei e che sta proseguendo con altri 30 pazienti ogliastrini. Un’app installata in uno smartphone e collegata a un pulsossimetro, lo strumento che, applicato a un dito, rileva il grado di ossigeno nel sangue e la frequenza cardiaca. E se Lanusei è diventata il cuore della sperimentazione che ora potrebbe dare risposte efficaci per la lotta al Covid-19, la ragione è anche che il cervello del sistema è sardo: si tratta di Giuseppe Capasso, ingegnere biomedico di Cagliari e responsabile del laboratorio di ricerca della Bpcomedia srl, startup figlia dell’Università campus biomedico di Roma.

Si tratta della prima app di intelligenza artificiale al mondo certificata come dispositivo medicale. Nel 2017 è finita sulla copertina del Ieee Journal of biomedical and Healht Informatics, la bibbia delle comunicazioni sulle scoperte di biotecnologie applicate ai campi della salute e della sua tutela. Come funziona esattamente questa app lo spiega Giuseppe Capasso: «Ha un algoritmo di intelligenza artificiale e si installa nello smartphone del paziente. È collegata al pulsossimetro, lo strumento che compie le rilevazioni della saturazione di ossigeno nell’emoglobina e della frequenza cardiaca. Tre rilevazioni al giorno per i primi 5 giorni, durante i quali viene modellato il profilo del paziente. Dal sesto giorno in poi viene segnalata ogni piccola variazione dello stato di salute. Questo permette di intervenire in anticipo e bloccare quelle situazioni cliniche che potrebbero rilevarsi pericolose. Viene tracciata una curva, le deviazioni diventano oggetto di approfondimento». Per fare un paragone, le rilevazioni sono come un sensore di parcheggio: se ci si avvicina troppo all’ostacolo – in questo caso se si ci discosta dal profilo standard del paziente – lanciano i segnali d’allarme.

«Il sistema manda questi dati a una piattaforma pensata come un centro d’ascolto, per il monitoraggio dai pazienti Covid, a disposizione dei medici che devono leggere e valutare i valori clinici, ma anche dei pazienti, che li possono tenere sotto controllo e rivolgersi al medico in caso di bisogno. Il sistema ha un algoritmo predittivo, che rileva e segnala precocemente le variazioni anche minime di peggioramento della funzione respiratoria e di quella cardiaca del paziente. Due parametri importanti nelle fasi cliniche precoci del coronavirus, cioè quando i sintomi non sono percepiti dal paziente, ma è utile il loro monitoraggio per evitare una fase acuta».

La verifica avviene a distanza ed è valutata, chiarisce Capasso, «da chi ha l’incarico dei controlli dei pazienti a domicilio, noi non diagnostichiamo il Covid». Il kit, composto dall’app e dal pulsossimetro, è riassegnabile, una volta esaurita la sua funzione con un paziente. Costa 200 euro, la Bpcomedia ne ha in casa 1200. «Li produce per noi una società di Shenzen, in Cina, ce li stanno chiedendo importanti aziende farmaceutiche e alcune Ats». Contro il Covid, la tecnologia può dare risposte. E questa è pronta.

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