La Nuova Sardegna

L'archistar Boeri: la Sardegna luogo ideale per ripopolare i borghi

Daniela Scano
Stefano Boeri
Stefano Boeri

Il 21 novembre tutti a Luras sotto l'olivastro millenario per parlare del futuro del pianeta e del rilancio dell'isola

21 giugno 2020
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SASSARI. Per parlare del futuro del pianeta dopo il virus, sogna una giornata degli alberi con tanta gente riunita intorno a s’ozzastru di quattromila anni. L’ulivo di Luras, forgiato dal sole e dalle intemperie di sedicimila stagioni, è il testimone più adatto per «trasformare in forza il senso di fragilità che questa pandemia ci ha trasmesso». Ha lanciato la proposta con un tweet che ha raccolto unanimi consensi, come è piaciuta la sua idea di piantare sessanta milioni di alberi, uno per ogni italiano, nei prossimi cinque anni. «Se andrò agli stati generali convocati dal governo Conte ne parlerò. L’ulivo sardo potrebbe essere uno dei grandi luoghi di raccolta».

Gli piacerebbe cominciare a mettere a dimora il primo milione di piante il 21 novembre, dopo avere discusso intorno al patriarca millenario che questa estate andrà a visitare. Lo farà con il rispetto che si deve a un vecchio saggio «perché gli alberi sono individui, uno diverso dall’altro, e hanno una loro intelligenza e una loro sensibilità».

La visita a s’ozzastru di Santu Baltolu sarà solo una tappa della prossima vacanza sarda di Stefano Boeri, architetto di fama internazionale, milanese che coltiva con l’isola affinità elettive. Di casa alla Maddalena, dove trascorre i momenti di relax, nella sua Milano sta progettando il tour isolano. Oltre Luras e Ulassai, dove sta mettendo a punto più di un progetto per il museo dedicato a Maria Lai «mi piacerebbe andare a Berchidda a trovare il mio amico Paolo Fresu – dice –. In Sardegna ho tanti amici, tra cui Renato Soru e Antonio Marras».

Prima di mettersi in viaggio farà tutti i test «o meglio li ripeterò perché li ho già fatti, visto che a febbraio ho avuto sintomi blandi ma molto simili al virus. Sono negativo». A proposito di prevenzione del contagio, Stefano Boeri derubrica a «un equivoco, un passaggio sbagliato» la polemica tra il governatore Christian Solinas e il sindaco di Milano Giuseppe Sala sulla certificazione anticovid richiesta ai turisti in arrivo nell’isola. «Comunque credo – entra nel merito – che sia abbastanza naturale il timore che un’apertura porti rischi maggiori di contagi. Penso inoltre che il problema sia generale e che non dobbiamo abbassare la guardia, anche stando a Napoli o a Milano. Bisogna stare attenti perché il virus non è andato via e può tornare». «In ogni caso stiamo parlando di un turismo che vive soprattutto negli spazi aperti – invita all’ottimismo –. Abbiamo città e paesi fatti apposta per vivere all’aperto e questo fatto è fortissimo. Spero che questa vita all’aperto sia stata una delle ragioni per cui in alcune parti d’Italia il virus è stato così debole».

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Tornando al progetto del 21 novembre, Stefano Boeri immagina intorno al decano degli alberi tante persone ma «soprattutto giovani che capiscono l’importanza di riflettere sugli alberi e sulla capacità che hanno di aiutarci – aggiunge –. È importante, in un momento difficile come questo, imparare dalla loro capacità di resistere, pur non potendo spostarsi, agli incidenti del clima e dell’ambiente. Ma gli alberi ci aiutano anche a respirare meglio, riducono il calore, assorbono le polveri sottili che affliggono l’aria delle nostre città e secondo gli esperti nelle metropoli hanno forse contribuito a diffondere il virus». Una dichiarazione d’amore per gli amici con le radici. Non è certo un caso che Boeri abbia trasformato la natura in un luogo iconico da vivere: il celebratissimo “bosco verticale” nel centro di Milano.

Eppure, nella “sua” Sardegna «che conosco bene per averla girata in lungo e in largo», qualcosa fa soffrire il grande architetto. Succede quando pensa allo stato di abbandono e al futuro incerto della “casa del mare”: l’hotel extralusso da lui progettato e che avrebbe dovuto ospitare i grandi della terra durante il G8 del 2009, poi trasferito all’Aquila sfregiata dal terremoto. La sorte di quella creatura abbandonata sta molto a cuore al suo ideatore, come a tutti i genitori che si preoccupano maggiormente per i figli meno fortunati. «In questi anni non ho smesso di seguire la vicenda, anche perché mi sento in qualche modo coinvolto avendo vissuto tutta la storia – racconta –. Inoltre credo che un architetto non debba mai del tutto abbandonare le cose che ha fatto: è importante seguirle, anche per capire eventuali sbagli e per migliorare. Per questo, con tutti i governatori, con tutti ministri e i primi ministri, ho cercato sempre di essere di aiuto e di stimolo sulla ipotesi di provare a rilanciare, a riprendere in mano e a recuperare questo spazio. E devo dire che, a prescindere dai colori politici, l’atteggiamento del governo centrale è sempre stato positivo».

Dopo un decennio di immobilismo e lo stop imposto dalla emergenza coronavirus, qualcosa si muove alla Maddalena. A gennaio il governatore Christian Solinas è diventato il commissario straordinario che dovrà gestire un progetto complesso che nelle prime fasi si svilupperà su due strade: la riperimetrazione dell’area dell’ex Arsenale e la sua rigenerazione urbana. Per Boeri, questa accelerata è una buona notizia anche se non ne ha ancora parlato con il presidente della giunta regionale. «L’ho sentito nei mesi scorsi, ma non di recente – dice Stefano Boeri –. Credo che i passi che sta compiendo siano quelli giusti. Ho apprezzato il lavoro fatto da Solinas, avevo seguito con molta attenzione tutto il lavoro fatto dal presidente Francesco Pigliaru. È importante che il governatore agisca a tutti gli effetti come commissario e possa disporre delle risorse che tra l’altro sono presenti. Mai momento fu più opportuno per far ripartire una infrastruttura che genera lavoro».

Il lussuoso e bellissimo edificio che si specchia nel mare cristallino dell’arcipelago può e deve avere un futuro, come il territorio che lo circonda. «Era nato come un polo marittimo dove ci sono oltre seicento posti barca – si entusiasma nel ricordo l’archistar –. Nell’area c’è spazio sia per alberghi sia per altri commerciali legati alla portualità, c’è anche posto per una cantieristica molto leggera. È davvero potenzialmente un grande fulcro di lavoro per quel territorio e per tutta la Gallura». «Al di là dell’architettura – spiega Stefano Boeri –, quello dell’ex arsenale è un bacino portuale come ce ne sono pochi nel Mediterraneo. Ha fondali che possono permettere l’attracco di barche anche di 50 o 100 metri quindi è davvero anche un bacino che potrebbe ospitare anche un turismo di medio/alto livello che si muove in quella parte del nord Sardegna e oggi non ha una portualità di servizio. Inoltre ha una città vicina. Perché la differenza con altre portualità pur molto efficienti, come Porto Cervo e Porto Rotondo, è che alla Maddalena c’è una città dove gli equipaggi e gli armatori, solo per fare un esempio, trovano la vita in ogni momento dell’anno. È un porto vero, legato alla città e alla sua storia antica. L’arsenale, insomma, è una bellissima sfida. Io sarei felice se finalmente partisse l’idea di coinvolgere i privati, perché credo che sia questa la grande competizione, in una gara una richiesta di interesse. Credo che la cosa sia fondamentale».

Ma non è solo l’ex arsenale della Maddalena, in Sardegna, il possibile laboratorio per la rinascita. Secondo Stefano Boeri, l’isola può diventare il laboratorio ideale per un altro progetto che gli sta molto a cuore: il ripopolamento e la rinascita dei piccoli borghi abbandonati o a rischio di spopolamento. Se è vero che la fase uno della pandemia ha costretto il mondo a chiudersi in casa, è altrettanto vero che ha fatto rivisitare il concetto di “abitare” le città. E allo stesso momento ha rilanciato i luoghi urbani più piccoli e immersi nella natura dove in tanti si sono rifugiati durante la “fase uno”. E dove chi se ne era andato potrebbe ritornare a vivere, stabilmente, ma solo se saranno create le condizioni di una rigenerazione urbana vera e moderna. A maggior ragione in Sardegna, dove 250 dei 377 comuni vedono progressivamente diminuire il numero dei residenti. Paesi che secondo l’architetto potrebbero invece ripopolarsi nel segno delle comunità ritrovata, moderna, connessa con il resto del mondo. «Credo che questa tragedia ci abbia in qualche modo “aiutato” a gestire il mondo digitale – spiega –. C’è stata una alfabetizzazione digitale inaspettata e potentissima, anche da un punto di vista generazionale. Abbiamo tutti imparato a usare i social e la comunicazione a distanza. Abbiamo anche capito che possiamo svolgere a casa parte importante del lavoro o comunque abbiamo scoperto un modo di lavorare che portiamo con noi quando ci spostiamo. Queste due cose sono legate alla fortissima domanda di un rapporto più equilibrato con la natura e con il verde».

Nel post pandemia, i paesi immersi nella natura potrebbero quindi tornare a ripopolarsi. «Un laboratorio sardo di questo progetto per i borghi? Assolutamente sì, credo che ci debba essere». «È chiaro – avverte – che non stiamo parlando di seconde case o di turismo ma di delocalizzare la vita urbana. Il tema deve essere quello di pensare di ri-progettare la vita. Questi borghi non sono luoghi dove si va per tornare alla vita “campestre”. Queste sono cose che qualche vip può fare, o qualche nostalgico. Personalmente apprezzo questi tentativi e tuttavia credo che l’opportunità e la sfida di oggi siano molto più importanti. Ritengo che ci siano comunità che decidono di investire nel futuro trasformando questi borghi in quello che erano in passato, cioè piccole città che avevano una funzione importantissima. Dentro questi piccoli centri c’era una varietà di unità, di funzioni, di attività. Dobbiamo ripensarli in questo modo, non trasformarli in presepi di seconde case o di B&B».

Stefano Boeri ha le idee chiare su come si può realizzare questo progetto nella Sardegna che da decenni cerca di contrastare lo spopolamento. Le parole d’ordine sono: banda larga, accessibilità, servizi e incentivi fiscali.

«Ci sono alcuni straordinari piccoli centri in Sardegna già investiti dallo spopolamento e altri che vivono questo fenomeno in modo avanzato – dice Boeri –. Per ripopolarli bisogna lavorare sulla banda larga, che deve arrivare ovunque. E poi sulla accessibilità. Non ce lo nascondiamo: il collegamento ferroviario in Sardegna è una follia. Se l’isola avesse una rete ferrata efficiente, con una serie di nodi ferroviari da qui si possa accedere con facilità riducendo i tempi, questo sarebbe un aiuto enorme ai piccoli». Infine c’è il tema degli incentivi. «C’è – ricorda l’architetto – una legge sui piccoli centri che non è mai stata applicata e che prevede agevolazioni fiscali per chi decide di investire la vita in questi spazi. Insieme a questo bisogna pensare al fatto che, attraverso il sistema della economia circolare, penso per esempio alla grande distribuzione, possa dare garanzie a chi si trasferisce in questi centri. In modo che non si senta isolato».

Il ragionamento dell’architetto è lineare. «È chiaro che se io mi trasferisco in un piccolo centro per fare l’agricoltore, probabilmente riuscirei a malapena a sopravvivere – spiega –. Se però, facendo l’agricoltore, ho una relazione con le grandi stazioni commerciali delle città, questo mi aiuta. In cambio io do la qualità che solo questi piccoli centri possono dare per la produzione del cibo. C’è un modello francese che si chiama “Contratti di reciprocità” che con il ministro Provenzano stiamo provando ad applicare al caso italiano. In Sardegna sarebbe molto interessante provare. E qui penso a tante aree dell’isola che conoscete meglio di me: dal Sulcis ad alcune zone dell’Oristanese, al Nuorese, a l Sassarese. Ovunque nell’isola ci sono grandi sistemi di piccoli centri che potrebbero rifiorire e ripartire».

L’idea di trasformare Sassari e i suoi comuni in una città metropolitana diffusa, la trova «giustissima» con qualche avvertimento. L’architetto, che sta lavorando a un progetto di ricostruzione dei luoghi devastati dal sisma del 2016, fa un esempio solo apparentemente lontano: «in questo periodo in quei luoghi hanno costruito 35 scuole, ogni comune ha fatto la sua piccola scuola. Ma se manca una idea di insieme, l’80 per cento di quelle scuole chiuderà in pochi anni perché non c’è utenza – è la sua preoccupazione –. Alcuni servizi, per esempio le scuole o i servizi sanitari, possono invece essere messi al servizio di reti di piccoli centri. È inutile moltiplicare i costi di gestione quando si può pensare di avere alcuni nodi dove i servizi centrali possono essere offerti a una maggiore massa critica». L’idea è creare, attraverso il ripopolamento, una comunità dei borghi che possono diventare “città” diffusa, connessa e rivitalizzata. Anche di questo possibile futuro per la Sardegna sentirà parlare il 21 novembre S’ozzastru, testimone imperturbabile della Storia.

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