La Nuova Sardegna

Metano senza rete e solo per pochi

di Giuseppe Centore
Metano senza rete e solo per pochi

Lo studio dei tecnici Rse anticipa e in parte giustifica le ultime contestate scelte del governo in materia energetica

10 settembre 2020
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Da studio, pur autorevole, ha lentamente cambiato casacca, diventando lo scudo dietro cui si proteggono i politici a favore o contro questo o quel sistema di sviluppo energetico dell’isola. Del resto quando la politica non ha il coraggio delle sue decisioni butta la palla in tribuna, o chiede ad altri, in questo caso agli ingegneri, di disegnare quale sia la soluzione migliore a un problema divisivo.

È quello che è accaduto con lo studio di Rse sull’approvvigionamento energetico per la Sardegna per i prossimi venti anni. A Rse si è rivolta Arera, l’autorità di regolazione delle reti e l’ambiente, per evitare di assumere decisioni politiche che non possono né debbono spettare a un soggetto che fa le regole in materia di tariffe e costi, ma che non può né deve scegliere tra sistemi di sviluppo. Arera è l’arbitro, autorevole e neutrale. Sono altri i contendenti: le istituzioni, i partiti, i soggetti privati, gli attori economici e politici locali. E così il cerino acceso, perchè l’argomento è ovviamente infiammabile, è passato a Rse che, complice il lockdown si è presa un anno di tempo per redigere uno studio di 166 pagine con 229 tra figure e tabelle. Numeri in quantità, in teoria inattaccabili, conditi di ipotesi e ragionamenti non neutri.

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L’obiettivo finale è «ricercare tra le diverse configurazioni di sviluppo infrastrutturale impostate, quella in grado di minimizzare il costo complessivo relativo all’approvvigionamento energetico della Sardegna su un periodo che si estende da oggi al 2040». Ma è quello che ha chiesto il committente Arera? Non proprio, visto che manca il concetto chiave: «minimizzare il costo complessivo». Arera infatti ha chiesto a Rse «di avviare uno studio indipendente finalizzato ad una più ampia valutazione, in logica ACB (analisi-costi-benefici, una valutazione non solo matematica dei costi e dei vantaggi usata per valutare l’impatto di opere pubbliche o di interventi infrastrutturali complessi e costosi, ndr) delle opzioni disponibili in relazione all’adeguamento infrastrutturale del sistema energetico della regione Sardegna, che tenga conto dei diversi progetti infrastrutturali (avviati o previsti) dell’isola e delle loro eventuali interdipendenze». Non si chiede di individuare la soluzione che costa meno ma quella più logica e fattibile che tenga conto di tutti gli aspetti in gioco. Non è una differenza da poco.

Lo studio, e la polemica politica che sta a monte, ruotano intorno al binomio metano-elettricità, in tutte le sue declinazioni. Il «perimetro delle analisi» è limitato all’isola, pur sapendo che importanti opere in progetto, come il Tyrrhenian link, il cavo elettrico, ha «costi e benefici (che) travalicano il perimetro regionale». Lo studio interviene sullo scenario presente: 38 reti territoriali, tre depositi costieri per stoccare il metano (a Oristano) due poli industriali a nord e a sud dove operano due centrali a carbone (Fiumesanto e Portovesme). Poi ipotizza scenari di sviluppo tenendo conto della peculiarità del territorio, degli abitanti (quanta acqua calda consumano i sardi ? Come alimentano le loro caldaie, e così via) e delle imprese anche di quelle ferme e riattivabili (Sider Alloys e Eurallumina a sud). Infine giocando, come con il Lego, disegna con un mix variabile e ipotetico di infrastrutture (più gas e meno elettricità in diverse percentuali e in diversi modi, con reti isolate o collegate, più industrie o meno industrie), e fotografando così la Sardegna dei prossimi venti anni. Un fotografia anche fin troppo dettagliata che non tiene conto di come cambierà lo stesso panorama sardo, domani, in base alle scelte adottate, oggi.

E così la Sardegna è diventata come il cadaverino dell’Allegro Chirurgo che subisce interventi virtuali. Tutto questo per trovare la combinazione meno costosa, non quella più conveniente. Un privilegio, verrebbe da dire, originale che non si è applicato ad altre grandi opere infrastrutturali intrinsecamente nazionali, come è la metanizzazione di una intera Regione. L’Alta velocità ferroviaria a sud di Roma rispondeva a criteri solo economici o aveva, come ha, anche una funzione di volano di sviluppo al punto che il governo sta pensando di usare i fondi del Recovery Fund per completarla? La Torino-Lione serve al Piemonte o al sistema Italia? Le autostrade servono solo ai residenti nei territori che le attraversano? La fibra ottica si porta solo nelle grandi città del nord o va portata ovunque, anche per costruire le basi per un potenziale ed esteso nuovo sviluppo? E quindi la rete del gas in Sardegna deve coprire solo i due poli industriali e i capoluoghi (come prevede anche il governo che ha proposto questa soluzione nel decreto Semplificazioni ora diventato legge. Sarebbe doveroso conoscere pubblicamente quale logica e quali interessi politici sottintendono a questa scelta) o deve essere diffusa, sicura e coerente per l’intera Sardegna? Il corno del dilemma è solo questo. Forse i tecnici di Rse non sanno che esiste un Patto tra Regione e Governo del 2016 che all’interno del quale si prevede l’interconnessione delle reti e prezzi allineati al resto del paese. Questo atto, pur strategico, le cui somme sono registrate in una delibera del Cipe e sono riportate in Gazzetta Ufficiale (non quindi un comunicato stampa buono per la photo opportunity, ma un atto ufficiale e vincolante della Repubblica) non è citato in tutte le 166 pagine dello studio. Eppure è una delle risposte possibili alla domanda su che tipo di metanizzazione che si vuol dare alla Sardegna.

Lo studio di Rse invece fa una altra scelta e divide l’isola in due parti, non contigue. La Sardegna ricca e fortunata, che avrà metano a prezzi ridotti, nei poli industriali di Sassari e Cagliari, e nelle aree limitrofe, con un raggio di una sessantina di chilometri, e tutte le altre, dove la soluzione più “conveniente” sono i carri bombolai che alimentano tutte le altre reti sganciate dai due poli. E lo dicono pure, i tecnici: «gradi di metanizzazione più elevati risultano economicamente meno vantaggiosi, perchè riguarderebbero aree a minor densità di utenza». Chi abita a Pozzomaggiore, a Teti, a Urzulei o a Seneghe deve rivolgersi ai carri bombolai, se vuole il metano. Non è una soluzione neutra perchè questo sistema di distribuzione erode tutto il vantaggio di prezzo che ha il metano sul Gpl o sull’aria propanata, e soprattutto taglia fuori il sistema produttivo locale.

Ma meno vantaggiosi per chi? Per i sardi che si devono pagare per intero il loro sistema del metano, con nove soggetti privati che per ciascuna parte della catena, dai grandi depositi del nord europa alle singole abitazioni, ricaricano sul costo della materia prima i loro margini? O per i “continentali”? L’Autorità per le reti e l’energia è stata chiara: solo un atto politico e legislativo a valle di una scelta di interconnessione profonda consentirebbee ad Arera di caricare i costi del sistema metanifero sardo in parte all’utente di uno dei bacini sovraregionali in cui è divisa l’Italia: costui pagherebbe con pochi centesimi in bolletta il costo dell’infastruttura, che diventa così nazionale, e non solo sarda. È quanto accade per i gasdotti che attraversano lo stivale, in una logica di compartecipazione dei costi e dei benefici. Ma l’idea che altri paghino la rete sarda sembra una eresia e non viene neppure ipotizzata nello studio. Come se i sardi non avessero pagato da decenni per la loro parte, autostrade, reti elettriche e del gas dello Stivale.

Lo studio diventa involontariamente un assist vincente agli oppositori della dorsale e di un sistema diffuso e sicuro di metano. Movimenti ambientalisti, ma anche esponenti dei Cinque Stelle, guardano alla Sardegna del futuro senza centrali a carbone, (e questa è una certezza, anche se la data di spegnimento slitterà di qualche anno) e senza metano, ma con tante rinnovabili (che però obbligano ad avere una profonda rete di collegamento e sistemi di accumulo che oggi funzionano in piccole quantità solo in California). Per Legambiente Sardegna ad esempio, «il progetto di Dorsale è un’infrastruttura pensata con lo sguardo volto al passato, non sinergica ma alternativa al sistema di produzione di energia da fonti rinnovabili, e che non presenta nessuna delle caratteristiche di scalabilità e modularità che sono fondamentali per adattarsi ai cambiamenti che dovessero verificarsi nel futuro». Per loro il metano è solo un momento di passaggio da carbone e petrolio a una energia “verde”. E quindi la Sardegna non dovrebbe «intestardirsi» su una fonte energetica in via di superamento.

A queste parole si contrappongono molti fatti: dagli investimenti che Snam fa in Italia, miliardi di euro, per aumentare la capacità di penetrazione del metano in tutto il territorio nazionale, a quelli simili che si fanno in Europa. Ma perchè si investe sul metano in Italia adesso e lo si farà ancor di più nei prossimi anni proprio per l’addio al carbone, e qui lo si vuol rendere monco, solo per tre, quattro grandi industrie e stop? Domande a cui lo studio Rse non fornisce una risposta. Eppure alla fine, nell’ultimo capoverso, chi ha redatto lo studio si accorge della sua intrinseca debolezza politica, e mette le mani avanti, descrivendo alcune ipotesi non trattate che sonoa ben vedere il cuore del problema: dove, come e quanti rigassificatori realizzare, che rapporto tra zone industriali e centri di consumo, che ruolo svolgerà l’idrogeno, visto che le reti Snam sarebbero compatibili per immettere in rete anche il combustibile del futuro. Domenica 6 settembre il ministro dello Sviluppo Patuanelli ha detto che l’Italia può essere un grande hub per ricerca, sviluppo, trasporto e stoccaggio di idrogeno, con un occhio di riguardo all’Africa. Ma i tecnici di Rse, citando studi internazionali, non credono a questa ipotesi. Verrebbe da dire che gli anonimi esperti di Rse si comportano come Fortebraccio (il principe dei corsivisti) descriveva l’opera del giornalista Alberto Ronchey. «L’ingegnere che fa il clistere alle zanzare». @gcentore ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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