La Nuova Sardegna

Coronavirus, l'assessore Nieddu vorrebbe chiudere le scuole, ma i contagi sono pochi

di Claudio Zoccheddu
Coronavirus, l'assessore Nieddu vorrebbe chiudere le scuole, ma i contagi sono pochi

Spinta verso la serrata generale. Eppure i positivi sono meno del 2 per cento

11 novembre 2020
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SASSARI. La richiesta è arrivata come un fulmine a ciel sereno: chiudere le scuole. Tutte. Nonostante il colore “giallo” che definisce il rapporto dell’isola con il contagio e che non prevede la chiusura delle scuole primarie di primo e secondo grado. Eppure l’assessore della Sanità, Mario Nieddu, ha chiesto al Governo la serrata delle scuole primarie, nonostante il numero dei contagi sia molto basso, e nel bel mezzo dell’attesa dei dati relativi alla curva dellla pandemia dopo la chiusura delle scuole di secondo grado, decisa il 26 ottobre. L’ultima fotografia della situazione è un po’ datata e descrive il periodo tra il 19 e il 24 ottobre. Si tratta del quadro rilevato in 265 scuole (su un totale di 274)con 188mila studenti censiti: i positivi erano 329, lo 0,174 per cento. Poi ci sono i docenti: 139 positivi che valgono lo 0,601 per cento del totale. Infine il personale non docente: 34 positivi per lo 0,519 per cento. Nel giro 15 giorni le percentuali sono sicuramente cresciute e secondo il sindacato Unsic i positivi ad oggi sarebbero circa 2600, tra studenti, docenti e personale scolastico. Ma i dati sono «scarsi e non sempre attendibili, perché difficili da rilevare», spiegano dall’ufficio comunicazione della sigla. In ogni caso, il totale dovrebbe restare parecchio al di sotto del 2 per cento. Detta in un’altra maniera, le scuole sarebbero tra i luoghi più sicuri in cui trascorrere il tempo.

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Le reazioni. Francesco Feliziani, responsabile dell’Ufficio scolastico regionale, non è dello stesso avviso dell’assessore e, per quanto lo faccia con tutte le cautele del caso, respinge l’ipotesi di chiusura delle scuole: «Purtroppo pare che ci sia la tendenza ad andare in direzioni diversa da quanto stabilito dall’ultimo Dpcm che, se non sbaglio, è stato condiviso con le Regioni. Non è un’esclusiva dell’isola, capita anche altrove». Eppure, la richiesta è partita proprio dall’assessorato alla Sanità: «Immagino che l’assessore abbia i suoi buoni motivi per fare una richieste del genere – continua Feliziani – e immagino anche che avrà a disposizione dati precisi sulla situazione nelle scuole». Dati che, a questi punto, dovrebbero sconfessare la bassissima percentuale di contagi registrata fino ad ora e mettere a fuoco una situazione molto più complicata di quella descritta da Feliziani che, al contrario, difende l’operato delle scuole ed allarga il discorso ad altri temi: «Il tiro al piccione sulle scuole non è accettabile e non è giusto. Abbiamo speso tanti soldi per rendere le scuole sicure e il nostro lavoro è sotto gli occhi di tutti e tutti sanno che le procedure sono state rispettate. Ci sono stati contagi, è vero, ma non è detto che siano ascrivibili al mancato rispetto delle regole all’interno delle scuole. Purtroppo la scuola è stata spesso indicata come responsabile dell’aumento dei contagi ma le situazioni di maggiore difficoltà si sono verificate all’interno del sistema dei trasporti e in quello sanitario».

Lo scenario. L’immediata chiusura di tutte le scuole dell’isola comporterebbe un’unica soluzione: didattica distanza per tutti. Una scelta che spaventa l’ufficio scolastico regionale, nonostante i tanti passi in avanti fatti anche in questo campo: «La didattica a distanza è molto complicata – spiega Feliziani – e rischia di aumentare le disuguaglianze all’interno della popolazione studentesca».

La spiegazione è semplice: «A scuola tutti sono nelle stesse condizioni, tutti nella stessa classe. A casa no – spiega Feliziani –. C’è chi può contare su un maggior supporto da parte dei genitori, uno spazio maggiore a disposizione, una connessione più veloce e la possibilità di utilizzare un dispositivo personale. Chi vive questa condizione è avvantaggiato rispetto a chi è costretto a convivere in ambienti più piccoli, magari utilizzando apparecchi informatici in comproprietà con fratelli, sorelle e genitori. Poi c’è la velocità delle connessioni, molto diversa a seconda delle aree di residenza. È vero che ci sono state tante iniziative positive, come il voucher della Regione tramite il quale è possibile ottenere un tablet con sim, ma le disuguaglianze restano. E il prezzo lo paga lo studente. Mi auguro che si riesca a tenere duro il più a lungo possibile – conclude Feliziani –, ovviamente nel rispetto di tutte le misure di sicurezza per gli alunni e per gli insegnanti. Se questo non sarà più possibile, non resteranno che le decisioni drastiche a cui nessuno si potrà appellare».

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