La Nuova Sardegna

Ridiamo ai ragazzi la loro vita

di SILVIA SANNA
Ridiamo ai ragazzi la loro vita

Gli studenti, sfiancati da mesi di dad davanti al pc di casa, hanno diritto di riprendersi il loro spazio naturale e di respirare di nuovo socialità e condivisione - IL COMMENTO

19 gennaio 2021
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Una settimana in più o in meno, dirà qualcuno, non fa poi tanta differenza. La fa eccome, invece, se la sommiamo a tutte le altre settimane perse: le prime a settembre, perché la campanella in Sardegna ha suonato in ritardo rispetto alle altre regioni, poi dalla metà di novembre – per lo stop nazionale – sino a oggi. Con la prospettiva di rivedere gli studenti in aula lunedì 1 febbraio. Così è stabilito nell’ordinanza firmata dal governatore Solinas, indeciso sulla data sino all’ultimo. Niente da fare per il 7 – giorno di ripresa delle lezioni dopo le vacanze di Natale – escluso anche l’11, sembrava certa la scelta del 18: poi ha prevalso la linea della prudenza estrema e si è arrivati al 1 febbraio.

Lo scenario però è cambiato. E la decisione sulla scuola merita di essere ripensata: gli studenti, sfiancati da mesi di dad davanti al pc di casa, hanno diritto di riprendersi il loro spazio naturale e di respirare di nuovo socialità e condivisione. Soprattutto perché la motivazione in base alla quale si è scelto di farli studiare a distanza, non c’è più: «Il Comitato tecnico scientifico, così come l’Istituto superiore di sanità, hanno suggerito di rimandare il rientro in aula alle Superiori per arginare il rischio di una terza ondata di Covid», aveva spiegato qualche giorno fa l’assessore regionale all’Istruzione Andrea Biancareddu in una intervista sulla Nuova. Ora però, sappiamo che il parere è diverso: il Cts ha infatti stabilito che nulla osta alla ripartenza in presenza per almeno il 50% degli studenti, fino al 75% negli istituti dove incide maggiormente l’attività in laboratorio. Nel dare il via libera, gli esperti hanno aggiunto che se qualche presidente di Regione decidesse diversamente, tenendo le scuole chiuse e continuando a fare lezione a distanza «se ne assumerebbe la responsabilità».

Gli esperti, che non hanno fatto distinzioni tra regioni gialle o arancioni, sono gli stessi: ma il loro parere, prima contrario e ora favorevole alla riapertura, ha chissà perché un peso diverso. La Sardegna, regione gialla dove molte attività sono aperte, alcune con limiti d’orario, conferma la data del 1 febbraio. Perché, governatore Solinas, alla luce delle nuove indicazioni del Comitato, non si anticipa la riapertura? Se è vero, come avete assicurato, che il problema dei trasporti è stato risolto con l’incremento dei mezzi e delle corse, allora è veramente difficile capire le ragioni di questo rinvio. L’idea, per citare ancora l’assessore Biancareddu, è di ripartire il 1 febbraio al 100 per cento: tutti in classe, nessuno in dad. Perché invece non approfittare delle ultime due settimane di gennaio per avviare una ripartenza graduale – così come indicato dal Cts – e testare il sistema trasporti? Una risposta a queste domande è dovuta ai tantissimi ragazzi, alle loro famiglie, ai docenti e a tutto il personale scolastico. I presidi sono compatti, vogliono riaprire gli istituti: uno di loro, dirigente di un istituto professionale a Tortolì, non ha perso tempo e l’ha già fatto. Ha detto che la sua unica Bibbia è il dpcm, rispetto al quale l’ordinanza della Regione è subordinata. Se ha agito bene o male, lo stabiliranno altri. È evidente però che c’è insofferenza, perché la scuola, la formazione, è stata sin dall’inizio tra le principali vittime del Covid: la prima a chiudere nel marzo scorso e – se la situazione non cambierà – l’ultima a riaprire, almeno in Sardegna. Eppure è stato dimostrato che la scuola non è un luogo di contagio perché i dati sulla diffusione del virus pubblicati dal Ministero sono molto bassi: al contrario, la scuola è uno dei principali luoghi deputati all’insegnamento anche delle regole anti contagio. Il ragazzo di 14-16 anni che nell’orario scolastico indossa la mascherina, rispetta le distanze e si igienizza frequentemente le mani, sarà portato a farlo anche fuori dalla scuola, quando incontra gli amici: per lui diventerà un comportamento naturale da insegnare anche ad altri. E di buoni maestri, con la pandemia che ancora detta legge nella nostra vita, abbiamo tutti un grande bisogno.

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