La Nuova Sardegna

Intervista a Ganau: «Recovery, isola assente: serve un’azione bipartisan»

di Alessandro Pirina
Gianfranco Ganau
Gianfranco Ganau

Il capogruppo del Pd in consiglio regionale: «Progetti condivisi». Piano casa: i 300 metri non si toccano

24 gennaio 2021
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SASSARI. La retrocessione in fascia arancione sarà un altro duro colpo per l’economia dell’isola. L’ennesimo cazzotto a un mondo produttivo che da un anno fatica ad andare avanti. L’emergenza sanitaria è diventata anche economica e tutte le aspettative di rilancio sono riposte nel Recovery Plan. Ma su quello che dovrà essere il Piano Marshall del nuovo millennio ancora poco si sa, soprattutto per quanto riguarda la Sardegna. Il governatore Christian Solinas ha annunciato 66 progetti, ma quelle parole non bastano al capogruppo del Pd, Gianfranco Ganau, che chiede al centrodestra di andare oltre il recinto della maggioranza e di coinvolgere le opposizioni, i parlamentari, i rappresentanti degli enti locali e le parti sociali in una iniziativa bipartisan.

Ganau, la Sardegna passa in zona arancione nonostante i dati siano in miglioramento.

«Il superamento del limite di rischio nelle terapie intensive è uno di quegli indicatori che hanno portato a prendere questa decisione. In base a questi dati noi siamo al limite, anche perché oggi (ieri per chi legge, ndr) è stata inaugurata a Sassari una terapia intensiva con 30 posti letto. Purtroppo è un tipo di meccanismo che non tiene conto del dato reale del sistema sanitario».

Nel frattempo, però, migliaia di attività dovranno chiudere per 15 giorni. Un colpo di grazia per bar e ristoranti.

«È un disastro sotto tutti i punti di vista. Ma i dati li trasferisce la Regione, il governo ha poco da fare. Bisognava evitare di finire in zona arancione».

Emergenza sanitaria: come giudica l’operato della giunta?

«Da quando è stato chiamato Massimo Temussi come commissario c’è stato un intervento più puntuale sulle criticità, un netto miglioramento rispetto alla fase precedente in cui imperversava l’improvvisazione. I protocolli sono più chiari. Siamo sulla buona strada. Almeno dal punto di vista della gestione».

Secondo lei Solinas dovrebbe fare come Fontana e cambiare l’assessore?

«Le nostre critiche all’assessore Nieddu sono state evidenti, soprattutto sulla mancanza di coordinamento centrale nella fase iniziale. E continuiamo a sottolineare carenze e inefficienze. È stata più volte chiesta la sua testa, ma non credo sia all’ordine del giorno della giunta».

L’emergenza sanitaria è ormai anche un’emergenza economica: tutte le speranze sono riposte nel Recovery plan.

«Il Parlamento avrà tempo sino al 15 febbraio per discuterne i contenuti e modificarlo e poi sarà inviato a Bruxelles per ottenere la prima tranche di 23 miliardi. Siamo a una svolta, ma non posso nascondere la mia preoccupazione per la Sardegna».

Il motivo?

«Nel documento presentato alle Camere l’isola è inesistente ma non può essere questa la conclusione. In Sardegna sono sconosciute le strategie e le proposte che sarebbero contenute nel documento ufficiale del presidente Solinas con cui la Sardegna candida ben 66 interventi per essere inseriti nel piano nazionale, con il risultato che la Sardegna nella proposta di Recovery all’esame delle Camere è del tutto marginale se non inesistente. Abbiamo depositato tre interrogazioni per venire a conoscenza dei contenuti di queste proposte, mai condivise né con il Consiglio né con le forze sociali ed economiche, senza però ottenere risposte se non un vago impegno a riferire da parte di Solinas che a oggi non è stato rispettato. Se lo avesse fatto gli avremmo espresso le nostre preoccupazioni su una tale dispersione di progetti e obiettivi».

Quali proposte ha il Pd?

«Noi avremmo preferito l’individuazione di due o tre progetti significativi e non la dispersione in 66 iniziative. La Sardegna può candidarsi a essere un’isola pilota per l’idrogeno verde e da questo può svilupparsi un asse di coesione interna e di competitività esterna. Penso a un sistema ferroviario alimentato a idrogeno, a un asse energetico con il metano come transizione e l’idrogeno come risorsa finale, a un polo navale di costruzione e manutenzione per i traghetti del Mediterraneo alimentati prima a metano, in luogo del gasolio attuale, e poi a idrogeno. C’è poi il capitolo digitale: occorrono nuovi investimenti tecnologici per il Crs4 perché ridiventi il punto di riferimento per il calcolo e candidare l’isola a ospitare un centro di eccellenza nazionale per l’economia digitale».

Cosa chiedete a Solinas?

«Di non perdere tempo. Il Parlamento discuterà rapidamente il Recovery e occorre che la voce dell’isola sia portata in maniera condivisa e chiara anche in quella sede. Il presidente deve condividere le proposte con il Consiglio e chiamare a raccolta i parlamentari sardi per un’azione bipartisan indispensabile per l’isola. Non servono 66 piccoli progetti ma due o tre grandi piani infrastrutturali che siano assi portanti di una sviluppo digitale e green e dobbiamo chiedere l’aiuto di tutti perché siano di qualità e contenuti nel piano che finisce a Bruxelles».

Solinas raccoglierà l’invito?

«Ci sono valori e obiettivi che dovrebbero essere separati dalla disputa politica. Le faccio un esempio, io considero la legge sul Piano casa dannosa e priva di senso ma ho apprezzato che il presidente abbia garantito l’intangibilità dei 300 metri».

Eppure nella maggioranza, da ultimo il sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, c’è chi la vorrebbe rimettere in discussione.

«L’intangibilità dei 300 metri è un patrimonio condiviso e conquistato alla fine degli anni ’80 e non una disputa recente. Quelle giunte ci hanno lasciato un patrimonio che non è nostro ma dei nostri figli e nipoti. L’occasione come il Recovery meriterebbe un’azione condivisa come quella. Non vorrei che in questo caso la strategia del presidente sia quella del vittimismo: ho mandato le proposte e non sono state prese in considerazione. Sarebbe sbagliato e colpevole: queste sono occasioni che per un territorio passano una volta sola in 50 anni».

L’ex ministro Beppe Pisanu ha lanciato l’allarme sul rischio che l’isola diventi una periferia di Cagliari. Lo condivide?

«Assolutamente sì. Pisanu mostra una lucidità che supera abbondantemente quella di politici in attività. Sono passati solo 7 anni dal mio ultimo anno da sindaco e vedo regressione e impoverimento: occorre un colpo di reni che faccia uscire Sassari dall’isolamento e dall’idea che il suo futuro possa essere nel suo passato. Vedo la necessità di un progetto che vada oltre la città e anche oltre i confini della possibile provincia metropolitana che, da sola, non basterà a dare una nuova identità alla città. Le potenzialità ci sono ma occorre una classe dirigente, non solo politica, che abbia voglia e uno sguardo puntato al futuro e non alla nostalgia».

Un mese fa il governatore Solinas ha dichiarato che la Regione darà più risorse alla sanità sassarese: ci sono novità?

«Nella sanità c’è uno squilibrio inaccettabile. Cagliari ha 10 volte tanto. Mi auguro ci sia un riequilibrio, ma per ora siamo fermi alle parole di Solinas. Attendiamo i provvedimenti».

Crisi di governo.

«Sono esterrefatto di fronte alla irresponsabilità di Italia viva. Rischiamo di andare a elezioni durante una pandemia».

Se a Sassari il centrosinistra non si fosse diviso il governo avrebbe un senatore in più.

«Non nego che in questi giorni ci ho pensato».

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