La Nuova Sardegna

Liste d’attesa, la Corte dei conti: «Tempi infiniti»

Liste d’attesa, la Corte dei conti: «Tempi infiniti»

I giudici hanno indagato sul 2019: i soldi ci sono, manca il coordinamento ed è scarsa la produttività

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CAGLIARI. I finanziamenti nazionali e regionali per abbattere le liste d’attesa ci sono e sono anche tanti. Quello che manca, invece, sono: il coordinamento fra le varie strutture, diventato indispensabile, e anche una necessaria «maggiore produttività nelle Aziende sanitarie ospedaliere e miste». E se la rete continuerà a non poter contare su questi due voci fondamentali, il coordinamento e la produttività, finirebbero per essere «vanificati gli ingenti impegni economici per abbattere i tempi delle liste d’attesa». A scriverlo, come se fosse una sentenza, è la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti e lo fa al termine di un indagine in cui ha monitorato 43 prestazioni ambulatoriali, 14 specialistiche e 29 diagnostiche, come lo è ad esempio una Tac.

La relazione. La presidente facente funzioni e relatrice Maria Paola Marcia è partita dalla considerazione che il Sistema Sardegna dovrebbe essere in grado di garantire una risposta al 90 per cento degli utenti nei tempi previsti dagli standard nazionali. Che poi sono questi: entro le 72 ore in caso d’urgenza, non oltre i 10 giorni negli altri, fino a un mese per le visite differibili o massimo due se si tratta di accertamenti diagnostici. Infine, «gli stessi accertamenti dovranno essere garantiti non oltre i 6 mesi quando sono programmabili». Quattro standard, invece, che in Sardegna sono un miraggio.

Il monitoraggio. È il 2019 l’anno su cui la Corte dei Conti ha indagato e quindi su 12 mesi non sottoposti allo stress scatenato dall’esplosione della pandemia. «In Sardegna – si legge nella relazione – i tempi medi delle visite e degli accertamenti diagnostici destano purtroppo seri motivi di perplessità per il mancato collegamento con le classi di priorità. Ma anche per il numero di giorni, molto diversificati fra le Aziende, che sono necessari per ottenere le stesse prestazioni specialistiche», sottolinea la Corte dei conti. La Sezione segnala inoltre che «l’attuale criticità organizzativa determina sempre più di frequente la distribuzione della richiesta in aree territoriali diverse, lontane, da quelle di residenza dei pazienti», e quindi è sempre più alta la cosiddetta emigrazione sanitaria. La conclusione è questa: «La penalizzazione che discende da questa situazione si materializza in termini di alti costi economici ed umani a carico del paziente. Fino a non trovare, allo stato, alcuna compensazione, poiché detti costi non sono ricompresi nei livelli essenziali di assistenza».

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