La Nuova Sardegna

Covid, così l’Isola è passata dal paradiso all’inferno

Umberto Aime
Covid, così l’Isola è passata dal paradiso all’inferno

La zona bianca il 1° marzo, tre settimane di libertà sino al rosso del 12 aprile. Ecco i numeri che hanno costretto il governo a chiudere di nuovo tutto

10 aprile 2021
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CAGLIARI. La batosta è ufficiale. Vivremo in zona rossa, per due settimane, a partire da lunedì 12 e fino al 26 aprile. Il verdetto del ministero della salute è arrivato, insieme alla conferma che, in meno di un mese, la Sardegna s’è avvitata su se stessa. S’è schiantata, purtroppo, dopo un triplo salto all’indietro. Dal paradiso della fascia bianca, a marzo, è precipitata all’inferno, poco prima di Pasqua. È stata retrocessa e condannata, la Sardegna, dal peggiore indice di contagio registrato dall’inizio della terza ondata. Nei ultimi sette giorni, l’R con t è schizzato ben oltre la soglia già preoccupante dell’1,25, era sotto l’uno venti giorni fa, arrivando all’attuale 1,54, che ora è il peggiore d’Italia, nel frattempo ridiscesa a 0,98. Per essere ancora più diretti: oggi, in Sardegna, ogni positivo può trasmettere il virus a quasi due persone sane. È un disastro, perché significa che il numero di focolai potrebbe aumentare, trainato oramai dalla dominante variante inglese.

Rischio elevato. L’Istituto superiore di sanità ha scritto nell’ultimo report, il numero 47, inviato venerdì al ministero: «Allerta segnalata. Casi in aumento, con alta probabilità di progressione». È stato proprio questo giudizio severo e inappellabile a non lasciare scampo alla Sardegna. Riuscita bene o male a difendersi negli altri indicatori, seppure siano aumentati anche i ricoveri in diversi ospedali Covid, sulla diffusione territoriale è proprio crollata. Non a caso, in questi giorni la Fondazione Gimbe, che esegue all’incirca le stesse indagini dell’Istituto superiore di sanità, aveva sentenziato: «Nelle settimane a cavallo fra marzo e aprile i contagi sono aumentati del 54,7 per cento e l’incremento potrebbe crescere». Oppure sempre dal report ministeriale: «Alla luce della diffusione di alcune varianti virali a maggiore trasmissibilità, si ribadisce la necessità che la popolazione rimanga a casa il più possibile e aumentino di conseguenza le restrizioni». Quindi, da lunedì saranno vietati gli spostamenti in entrata e in uscita dalla zona rossa, così come al loro interno, con l’esclusione solo del lavoro, motivi sanitari e di necessità. Poi ritornerà al 100 per 100 la didattica a distanza dalla seconda media in su, tutti i negozi saranno chiusi, fatto salvi quelli che vendono prodotti alimentari, e dopo le 18 scatterà il divieto di consumare cibi e bevande nei luoghi pubblici.

Patrimonio sperperato. Lunedì 1 marzo la Sardegna festeggiava l’ingresso in zona bianca. Allora era l’unica regione a potersi vantare di essere prossima alla conquista del titolo Covid free. Addirittura un esempio da imitare per tutte le altre, che invece continuavano ad arrancare fra il rosso e l’arancione. Rt al minimo storico, meno di 50 casi giornalieri ogni 100mila abitanti, posti letto vuoti negli ospedali Covid: erano questi i parametri vincenti della «terra promessa», così titolavano i giornali, con quelli nazionali quasi sbalorditi per l’exploit isolano. Ma purtroppo la festa è durata poco, o meglio il ritorno a una quasi normalità da troppi è stato interpretato come un «liberi tutti». E infatti, neanche una settimana dopo da quel record, gli indicatori hanno ricominciato a non essere più cristallini, per poi virare di nuovo verso la zona gialla a metà marzo. Agli errori si sono aggiunti altri errori fino al punto da far scivolare per la prima volta l’isola in arancione, agli sgoccioli di marzo, e rossa a Pasqua. Poi a dare la spallata definitiva, stando a questa ricostruzione, sono stati soprattutto tre fattori: il sopravvento delle varianti, in particolare quella inglese, la diffusione del virus non solo nei piccoli Comuni, una decina, ma anche in alcuni medio grandi e una campagna vaccinale, va sottolineato, partita troppo lenta. Sono stati questi cortocircuiti, messi assieme, a provocare l’ultima esplosione. È quella che, alla fine, ha fatto implodere la Sardegna, entrata in piena zona rossa nello stesso giorno in cui altre regioni, che fino a venti giorni fa invidiavano i sardi, invece si sono messe a festeggiare l’uscita dall’inferno della chiusura pressoché totale. A cui ora i sardi saranno costretti fino al 26 aprile.
 

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