«Al basket ho preferito le launeddas»
Roberto Tangianu è uno dei musicisti più stimati del panorama sardo
26 ottobre 2021
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SASSARI. «Le cose sono cambiate: io sono nato nel 1982, ho frequentato il “Dettori” a Cagliari e ricordo che mentre i miei compagni andavano a giocare a basket, io andavo a suonare le launeddas. E quanto mi prendevano in giro per questo. Ora non è più così». Con Roberto Tangianu l’isola ha perso un cestista, ma ha guadagnato uno spettacolare suonatore di launeddas. Uno dei più bravi. Dal palco ha l’opportunità di vedere chi si avvicina allo spettacolo della musica e delle tradizioni sarde: «Ci sono tanti giovani e questo è uno degli aspetti più belli. In ogni paese si fa ballo, canto, musica. E sono sensazioni importanti anche dal punto di vista sociale: potete immaginare come un coro in un piccolo paese della Sardegna possa portare la gente a ritrovarsi. Ma la cosa più bella è che si porta avanti una cultura millenaria».
Roberto Tangianu ha forse scelto la strada più difficile: suonare le launeddas scoraggerebbe molti musicisti: «Suonare le launeddas dà un senso di responsabilità, di orgoglio per tutti quelli che credono nella cultura tradizionale. Certo, è complicato. Innanzitutto bisogna imparare la tecnica del fiato continuo, poi imparare a dare fiato a una parte dello strumento, poi a tutte le tre canne. Quindi imparare a accordare lo strumento. La guida di un maestro è importante, può risolvere i problemi che si presentano».
Sono tanti i giovani che ci provano: «Loro sono assolutamente protagonisti delle nostre tradizioni. Sono una valigia aperta pronta da riempire». Non c’è il rischio che una maggiore diffusione dell’attenzione verso le tradizioni sarde porti a percorrere strade che invece si allontanano dalla tradizione stessa? «Io penso che un numero maggiore di associazioni porta a maggiore ricerca e studio. Tutti si impegnano per capire se quell'abito tradizionale è proprio quello che usavano gli avi. Alcuni hanno “buttato” abiti che non rispondevano ai criteri canonici del passato. La competizione porta a lavorare per essere sempre più bravi. Succede anche per i cori. Tutti sono portati a migliorarsi. Basta vedere il livello altissimo dei nostri suonatori di organetto».
E chi non conosce le nostre tradizioni come reagisce? «È allora che ti rendi conto che abbiamo per le mani un valore prezioso. Noti il rispetto con cui le persone si avvicinano a quello che facciamo». (r.pe.)
Roberto Tangianu ha forse scelto la strada più difficile: suonare le launeddas scoraggerebbe molti musicisti: «Suonare le launeddas dà un senso di responsabilità, di orgoglio per tutti quelli che credono nella cultura tradizionale. Certo, è complicato. Innanzitutto bisogna imparare la tecnica del fiato continuo, poi imparare a dare fiato a una parte dello strumento, poi a tutte le tre canne. Quindi imparare a accordare lo strumento. La guida di un maestro è importante, può risolvere i problemi che si presentano».
Sono tanti i giovani che ci provano: «Loro sono assolutamente protagonisti delle nostre tradizioni. Sono una valigia aperta pronta da riempire». Non c’è il rischio che una maggiore diffusione dell’attenzione verso le tradizioni sarde porti a percorrere strade che invece si allontanano dalla tradizione stessa? «Io penso che un numero maggiore di associazioni porta a maggiore ricerca e studio. Tutti si impegnano per capire se quell'abito tradizionale è proprio quello che usavano gli avi. Alcuni hanno “buttato” abiti che non rispondevano ai criteri canonici del passato. La competizione porta a lavorare per essere sempre più bravi. Succede anche per i cori. Tutti sono portati a migliorarsi. Basta vedere il livello altissimo dei nostri suonatori di organetto».
E chi non conosce le nostre tradizioni come reagisce? «È allora che ti rendi conto che abbiamo per le mani un valore prezioso. Noti il rispetto con cui le persone si avvicinano a quello che facciamo». (r.pe.)