La Nuova Sardegna

«La Regione fa melina e i ritardi costano cari»

di Giuseppe Centore
«La Regione fa melina e i ritardi costano cari»

Per il segretario della Filctem-Cgil si continuerà bruciare carbone oltre il 2025 «La proposta Enel non convince. Alla Sardegna serve un mix di produzioni»

21 marzo 2022
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CAGLIARI. «La Regione sta facendo una pericolosa melina sulle questioni energetiche, pensando di poter legare in qualche modo le volontà del governo o le scelte delle singole imprese: nulla di più sbagliato. Adesso dire no su tutto, e a tutti, provoca risultati opposti e contrari. E a pagarne le spese saranno i cittadini e le imprese dell’isola».

Marco Falcinelli, 53 anni, romano, da aprile 2019 è segretario generale della Filctem-Cgil, la categoria che rappresenta i lavoratori della chimica e dell’energia. Interviene sulle questioni sarde, con «forte preoccupazione».

Addio al carbone nel 2025, metano solo per la transizione energetica, rinnovabili sempre e comunque. Un quadro pensato dai governi precedenti che adesso è fortemente in crisi.

«Meglio essere chiari: continueremo a bruciare carbone per un discreto periodo. Altro che 2025. Già prima quella tempistica sembrava stretta, adesso con la ricerca di alternative al gas (e anche al carbone) russo dire addio tra 36 mesi alle centrali a carbone, soprattutto a quelle sarde, mi sembra una pessima idea. Al massimo, per temperare l’impatto sull’ambiente dobbiamo bruciare più gas importato da Gnl, non meno. Il resto sono chiacchiere e progetti campati per aria».

Eppure Enel va avanti col suo progetto di “Sardegna isola verde” e lo scorso mese ha anche partecipato ad una asta sul Mercato delle Capacità per 500 megawatt di energia a disposizione in caso di necessità solo proponendo batterie.

«Rispondo con una battuta che prendo in prestito da Romano Prodi. Il progetto “Sardegna isola verde” è bello, ma l’importante è che non diventi un prato verde, cioè impoverisca il tessuto produttivo. Secondo me il messaggio di Enel non è condivisibile, perchè fa passare l’idea che l’Italia, o l’isola, possano uscire indenni dalla transizione usando un solo vettore: ci serve invece una pluralità di sistemi, perchè hanno funzioni, costi, tecnologie e legami diversi tra loro: non possiamo passare da una dipendenza ad una altra. Non ce la facciamo a fare le rinnovabili dappertutto, ma non per ragioni ideologiche o finanziarie, ambientali o industriali, ma per esclusive questioni tecniche. Enel sa che le batterie non risolvono il problema della produzione energetica ma danno una mano agli accumuli e alla stabilità del sistema. Non a caso per poter mantenere gli impegni sardi e appoggiarsi al futuro cavo T-Link, Enel ha completato l’acquisto della centrale a gas di Priolo da Erg. Questa energia verrà usata per le due isole, ma nei fatti è un favore alla Sicilia e fa la Sardegna totalmente dipendenza dal cavo. Non va bene. La Sardegna deve importare e esportare energia, a seconda delle necessità del sistema nazionale, ma deve avere una sua produzione, e le rinnovabili da sole non bastano e non servono».

Le scelte di politica energetica e industriale a essa connesse, in questa fase, devono trovare una cabina di regia e un centro decisore unico?

«È impensabile andare avanti come ieri. Tutti vogliono la transizione, ma sempre a casa altrui. Ma così si blocca tutto. Faccio un esempio poco citato. La maggior fonte di rinnovabili non è eolico o solare, ma idroelettrico. Siamo un paese di laghi e bacini, ma le aziende non investono perchè sono prigioniere di scelte localistiche, forse comprensibili, ma adesso non opportune».

Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha alla firma da mesi il decreto sull’Energia che riguarda la Sardegna. Un primo passo o un mezzo passo falso?

«È stato un grave errore rinunciare alla dorsale, che sarebbe servita anche per il futuro, nonostante gli slogan, di chi si ammanta di verde. Questo non significa essere sempre e comunque a favore dei fossili, ma bisogna lavorare per avere un sistema di rinnovabili credibile. Voi avete previsto un sistema che viaggia per buona parte dai centri di stoccaggio ai depositi comunali e sovracomunali con i carri bombolai. Sulle vostre strade. Ma come si fa a pensare a una cosa simile? E poi vedo che nelle ultime settimane la Regione sta facendo una melina scandalosa sul Decreto. La Sardegna è l’unica regione che non ha un sistema organico e definito del gas; per rincorrere slogan a effetto la Regione si sta facendo complice di un eventuale stop, quando invece dovrebbe accelerare. Intanto si parta con questo decreto, poi c’è sempre tempo per le migliorie».

In Sardegna la transizione energetica non sarà un pranzo di gala. Avrà importanti e profondi effetti sul sistema produttivo e sull’occupazione. Ma non se ne parla.

«Tema troppe volte sottovalutato. Il passaggio dal carbone a un sistema più pulito, relativamente più pulito, avrà enormi impatti, sulle attività, dei lavoratori che dovranno riqualificarsi, molte volte cambiando lavoro. Cambieranno intere filiere. Si perderanno migliaia di posti di lavoro in un passaggio dal vecchio al nuovo ordinato, oppure pagheremo un prezzo salatissimo se inseguissimo condizioni che al momento non sono fattibili. Faccio un paragone con la Germania. Noi abbiamo scelto di chiudere le centrali al 2025. I tedeschi per adesso hanno detto che chiuderanno al 2035. Loro si prendono più tempo. Noi abbiamo deciso di correre: speriamo di non andare a sbattere».

@gcentore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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