L'allarme

Il Nuorese muore, impossibile fare impresa

di Roberto Petretto
Il Nuorese muore, impossibile fare impresa

Allarme per il tessuto produttivo tra chiusure e ipotesi di migrazione. Luigi Ledda (Industriali): «Il territorio ha perso in 15 anni il 40% del valore aggiunto» 

17 aprile 2023
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Sassari Anni di dibattiti, di battaglie, di convegni, di promesse elettorali, di piani di sviluppo e di rilancio, a guardarli ora come in una polverosa rassegna stampa, provocano più rabbia che incredulità: cosa è stato sbagliato, cosa non ha funzionato nelle politiche che avrebbero dovuto livellare le differenze tra le zone della Sardegna, sollevando le sorti di quelle economicamente meno sviluppate, meno competitive?

Lo dicono i numeri, lo dice il grido d’allarme degli imprenditori: il Nuorese continua a essere indietro. Anzi, il distacco aumenta e ora si profila un nuovo tipo di spopolamento: dopo quello delle persone ecco quello delle aziende.

«L’allarme lanciato dalle imprese è lo stesso che il presidente e il consiglio generale di Confindustria hanno lanciato nei giorni scorsi, denunciando lo stato abbandono del territorio e delle imprese da parte della politica - dice Luigi Ledda, direttore generale di Confindustria Sardegna Centrale -. Gli imprenditori hanno manifestato il rischio concreto che senza un’inversione di marcia, senza serie politiche strutturali soprattutto le nuove generazioni scelgano di non restare qui».

È la solita strategia della lamentazione o un rischio reale? Confindustria non ha dubbi: negli anni la situazione è andata via via peggiorando: «Il dato più preoccupante è questo - dice senza esitazioni il direttore Ledda -: negli ultimi 15 anni, nel Nuorese, c’è stato un calo del 40 per cento nel valore aggiunto del manifatturiero. Questo significa che è in atto una desertificazione produttiva nel territorio. Questo è il vero allarme».

Eppure negli anni non sono mancati gli annunci di interventi a favore delle zone interne e del Nuorese in particolare: «Sviluppo delle aree interne, fiscalità di vantaggio: si alternano le giunte regionali, si alternano i governi nazionali, ma la sostanza non cambia», aggiunge Ledda. Che ricorda qualche passaggio: «Il bluff della progettazione territoriale. C’è stata l’illusione con la Giunta Cappellacci: 50 stanziati e poi svaniti. Con Pigliaru arrivò il Piano straordinario del nuorese da 55 milioni più 59 milioni di euro per l’Ogliastra. I benefici non si vedono, anche se alcuni progetti sono stati portati avanti».

Sino ai giorni nostri, con una novità che ha finito per penalizzare ancora di più alcune zone con un meccanismo che ne premia altre: «C’è la questione delle Zone economiche speciali. È stata una scelta politica quella di ricollegarle ai porti, anche se alcuni comuni non sono sulla costa. Ecco, se non viene individuata una compensazione, una forma di fiscalità di vantaggio, chi è che continuerà a fare impresa da queste parti, con tutti i fronti aperti che ben conosciamo? Il Nuorese è la Provincia meno infrastrutturata d’Italia, è sempre più in declino, le imprese combattono in solitudine. Ma sino a quando?».

Il turbo installato sui motori di alcune zone dell’isola lascia ancora più staccati gli altri: «I titolari delle aziende ci dicono che ora la concorrenza non ce l’hanno solo dalle imprese che operano oltre Sardegna - lamenta il direttore di Confindustria -, ma anche da quelle che, nell’ambito del territorio regionale, sono in aree Zes. È una concorrenza sleale all’interno del territorio locale».

Il divario si amplia, dunque. E non c’era certo bisogno di questo ulteriore elemento di penalizzazione. Strade disastrate, niente ferrovia, fibra ottica a macchia di leopardo: in queste condizioni come si può davvero competere? «L’assenza di una ferrovia è l’emblema dello stato di abbandono di questo territorio - rincara Ledda -, già negli anni 80 se ne discuteva e oggi siamo ancora qui a parlarne. La novità era il Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma a livello nazionale si sta discutendo che del rischio reale di non riuscire a spendere queste risorse. Pensare che sarebbe dovuto servire a risollevare le sorti di territori meno competitivi come il nostro crea maggiore amarezza. Questo era l’ultimo treno, invece i nuoresi dovranno restituire i soldi come tutti gli altri italiani senza però aver visto traccia di opere strategiche. Siamo fuori anche da ogni intervento infrastrutturale tra le priorità previste dalla Regione. Alcune carte che abbiamo presentato nel nostro rapporto sulla crisi del Nuorese sono chiare: nella mappa delle opere strategiche c’è un buco nella zona del Nuorese».

Di molti problemi sembra che ci sia dimenticati, invece stanno lì a incancrenirsi: «Vogliamo parlare della crisi delle aree industriali? Abbiamo 3 aree Zir che sono commissariate da 15 anni. Dopo l’amministrazione Soru in Regione si sono alternate giunte di vario colore, ma l’unica soluzione è stata quella del commissariamento. Anche Pratosardo, una delle zone sicuramente più importanti, è commissariata da 15 anni, come Siniscola e Macomer. Le aree industriali sono scarsamente attrattive. E invece le imprese chiedono solo una cosa: di essere messe in condizioni di competere».

Un quadro disastroso, dunque. Ed ecco che l’ipotesi di cambiare aria, per chi ha le caratteristiche, le condizioni e la forza per farlo, diventa un’opzione ragionevole e forse perfino allettante. Cambiare aria, cambiare sede, magari cercando quegli incentivi, quelle condizioni favorevoli, quella garanzia di poter competere che il Nuorese non offre più e forse non ha mai offerto:

«Le imprese resistono, ma le nuove generazioni avranno la stessa tenacia? Qui manca l’Abc, ci sono imprenditori che in aree Pip che hanno dovuto realizzare a proprie spese fognature o collegamento telefonico».

Sono arrivate crisi a ripetizione, perfino una pandemia, e qualcuno comincia a non credere più alle promesse, a non credere più che le cose possano realmente cambiare: «C’è molta stanchezza - conclude Luigi Ledda -. Anche noi di Confindustria ci siamo un po’ stancati di ripetere sempre le stesse cose, di parlare di problemi vecchi di 15 anni. E la situazione nelle aree interne sta peggiorando sempre di più».

C’è ancora margine per fare qualcosa, per restituire dignità, competitività e speranza? «È la politica che deve fare la differenza. Incontreremo il prefetto la settimana prossima. Vedremo».




 

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