La Nuova Sardegna

L’emergenza

Macomer, il giudice dei migranti: «Spesso erano giovani spaventati»

di Claudio Zoccheddu
Macomer, il giudice dei migranti: «Spesso erano giovani spaventati»

Roberto Mastandrea, oggi in pensione, era il Giudice di pace di Macomer. Per otto mesi, da gennaio ad agosto del 2020, ha visto sfilare davanti ai suoi occhi decine di immigrati senza permesso di soggiorno, tutti in attesa di conoscere il loro futuro

25 settembre 2023
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Sassari Quando è stato aperto il Centro per i rimpatri (Cpr), era lui a deciderne tempistiche e modalità. Roberto Mastandrea, oggi in pensione, era il Giudice di pace di Macomer, la figura che il testo unico per l’immigrazione indica come responsabile della convalida dei provvedimenti di espulsione emanati dal questore. E per otto mesi, da gennaio ad agosto del 2020, ha visto sfilare davanti ai suoi occhi decine di immigrati senza permesso di soggiorno, tutti in attesa di conoscere il loro futuro. All’epoca, appena tre anni fa, non era possibile sborsare 4.938 euro per attendere la risposta alla domanda di asilo fuori dai Cpr. Compresi, ad esempio, i cittadini tunisini che il “decreto Cutro” indica come provenienti da un Paese “sicuro” e dunque destinati ai nascituri “Centri per le procedure accelerate di frontiera”. E al Cpr di Macomer i tunisini erano di casa, anche se non tutti erano nati proprio nei pressi di Tunisi: «Molti non avevano i documenti e identificarli era complesso. Ricordo in particolare un ragazzo che diceva di essere tunisino ma che, davanti all’interprete, che sapeva il fatto suo, e al funzionario del consolato tunisino, decise di ammettere di essere egiziano dopo che non riusciva a rispondere a domande facilissime relative alla Tunisia». Ordinaria amministrazione in un luogo, e in un momento, che di ordinario non aveva nulla: «Eravamo in piena emergenza Covid e le prime udienze si svolsero da remoto». Poi, l’ingresso all’ex carcere trasformato in “centro”: «L’esterno era controllato dall’esercito, all’interno invece c’erano un centinaio tra poliziotti, carabiniere e finanzieri – ricorda Mastandrea –. La sala dove si tenevano le udienza era piuttosto piccola e oltre a me ospitava il cancelliere, l’interprete, il trattenuto, il suo difensore, un rappresentante della questura di Nuoro e due agenti delle forze dell’ordine». Gli agenti erano fondamentali: «Diciamo che nella maggioranza dei casi mi trovavo davanti a ragazzi di vent’anni o meno, educati e tranquilli, che arrivavano con i barchini. Le storie erano tutte simili, piene di miseria e speranza, nei loro occhi si leggeva lo spaesamento, il timore di dover ritornare a casa dopo aver rischiato la vita in mare. Mi mettevano il malumore perché poi alla fine ero io a decidere se convalidare le espulsioni». La tranquillità, tuttavia, non era garantita. Anche perché oltre ai richiedenti asilo, a Macomer talvolta finivano anche delinquenti comuni, detenuti extracomunitari che avevano scontato la detenzione nelle carceri italiane e che dovevano essere espulsi. «Una sola volta in udienza vi fu un tentativo di aggressione nei miei confronti da parte di un trattenuto – ricorda Mastandrea – fortunatamente senza conseguenze». Anche le situazioni di crisi non erano all’ordine del giorno. È capitato che un detenuto si cucisse la bocca per protesta, o una mezza rivolta finita con l’incendio di alcuni materassi: «È successo. E il periodo più delicato era quello del ramadan. Ricordo un ragazzo che si buttò dal tetto della struttura, circa sei metri, dopo essere sfuggito alla sorveglianza. Venne trasferito a Sassari con l’elisoccorso. Ogni tanto si indisponevano – aggiunge il giudice – e se la prendevano con gli arredi, una volta qualcuno appiccò il fuoco ad alcuni materassi». Difficile stabilire se le rivolte fossero il frutto della strana convivenza forzata tra delinquenti comuni e giovani migranti. Certo, il mix poteva essere evitato. Eppure il giudice Mastrandrea ha un buon ricordo dell’esperienza: «Merito anche delle persone con cui ho lavorato, tutti professionisti esemplari. Il Cpr era un posto sicuro, direi anche tranquillo, con qualche eccezione. Gli ospiti erano perlopiù ragazzi spaventati, i criminali erano pochi. È vero che adesso la sua capienza verrà raddoppiata, da 50 a 100, con la sezione femminile che prima non c’era, ma spero che si prosegua sulla strada iniziata nel 2020».

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