Domus de Janas verso l’Unesco: «La candidatura prende corpo»
Cesim e rete dei Comuni al lavoro per completare il dossier
Sassari «La preistoria e la protostoria della nostra isola racchiudono un aspetto identitario profondo che si è trasmesso sino a noi”. La strada che porta all’Unesco è ancora lunga, ma le Domus de Janas della Sardegna fanno un altro passo avanti verso il riconoscimento come patrimonio dell’umanità. In attesa della riunione operativa in programma a metà settimana a Bono, nei giorni scorsi il Cesim (Centro studi identità e memoria) e la Rete dei Comuni delle Domus de Janas hanno portato il progetto fuori dall’isola: al Festival delle regioni e delle province autonome, che si è svolto a Torino, insieme alle sue bellezze naturalistiche e alle sue eccellenze eno-gastronomiche, la Sardegna ha raccontato anche il suo patrimonio archeologico preistorico e protostorico, ponendo l’accento sul percorso di candidatura Unesco dei monumenti preistorici significativi della Sardegna, tra cui anche le Domus de Janas. La professoressa Giuseppa Tanda, presidente del Cesim e coordinatrice del progetto, ha illustrato il progetto insieme ad Alessandro Cocco, assessore alla Cultura del comune di Alghero, centro capofila della Rete delle Domus. «L’Unesco ripone grande attenzione sull’importanza di garantire standard elevati di conservazione, tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio archeologico – ha detto Cocco –. Il percorso di candidatura di un sito è costituito da alcune fasi specifiche: fra le più importanti c’è sicuramente la stesura del dossier con la quale si presenta il sito, ma che va accompagnato da un attento piano di gestione. Il riconoscimento sarebbe un’opportunità di crescita sociale, culturale ed economica per tutto il territorio sardo». «La preistoria e la protostoria – ha spiegato la professoressa Tanda – rappresentano fasi del nostro sviluppo culturale e sociale lontanissime, talvolta liquidate come “primitive”, con un’accezione che ignora l’incredibile complessità culturale sviluppata all’interno di società che costruivano, commerciavano, pregavano, producevano arte. Fra arte e architettura è possibile individuare un aspetto identitario profondo che si è trasmesso a noi. Tutt’oggi possiamo osservare elementi recenti che utilizzano la tecnica della costruzione a secco in tutta la Sardegna. Un fenomeno tanto radicato che rappresenta un concetto culturale e quasi filosofico all’interno della cultura sarda». Il percorso, come detto, è lungo e accidentato. «In questo periodo siamo al lavoro per completare il dossier e stiamo intensificando le riunioni con i comuni candidati e anche con quelli che potrebbero inserirsi. Il 12 a Bono ci riuniremo con i sindaci o i loro delegati per esaminare una questione importante, cioè la definizione delle zone di rispetto per ciascun monumento. All’incontro abbiamo invitato anche l’assessorato regionale all’Urbanistica e quello all’Ambiente, per fare presente la necessità che certe zone siano libere da progetti di pale eoliche e fotovoltaico, che potrebbero rappresentare un ostacolo alla candidatura. Penso ad esempio a uno dei siti più importanti della Sardegna, la tomba maggiore di Ossi, dotata di 20 camere, che purtroppo è rimasta fuori perché ubicata in un contesto degradato. Ora, con il recente decreto, ci sono gli strumenti normativi per decidere quali zone possono essere interdette». Un altro problema da affrontare è quello dello stato di conservazione dei siti. «Alcuni di questi necessitano di opere di restauro e messa in sicurezza – spiega Giuseppa Tanda –. Come Cesim e come Rete dei comuni abbiamo segnalato il problema all’assessorato ai Beni culturali e abbiamo chiesto un finanziamento che copra le esigenze immediate per monumenti che in caso contrario rischiano di venire esclusi. Penso ad Anela, Ardauli, Oniferi, ma anche altri, che senza interventi di messa in sicurezza dovranno rimanere. Mentre la loro presenza è fondamentale per dare forza a tutto il progetto e alla candidatura di fronte all’Unesco. Non a caso ai comuni abbiamo chiesto di ragionare su interventi a breve, medio e lungo termine». Le speranze di vedere accolta la richiesta, in ogni caso, sono buone: «A gennaio consegneremo il dossier scientifico alla Commissione Nazionale Unesco. Al momento in Italia nessun’altra regione sta elaborando progetti legati alla preistoria, quindi. Il progetto delle Domus costituirebbe il secondo sito Unesco preistorico italiano, il primo dotato di monumenti visitabili. E questa – conclude la docente – sarebbe un’opportunità di crescita sociale, culturale ed economica per tutto il territorio sardo».