Cagliari Il successo politico è una complessa alchimia di cui ha imparato a conoscere i segreti in 30 anni di esperienza. Portano la sua firma le vittorie del governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini alle elezioni del 2020 e quella della neo presidente della Sardegna Alessandra Todde. Fabrizio Masia, 55 anni, spin doctor e sondaggista, dal 2021 amministratore delegato di Emg Different, costruisce candidati vincenti. Un lavoro da architetto della comunicazione che nei sondaggi ha le sue fondamenta. Nelle rilevazioni lui non vede solo numeri, ma mappe di informazioni preziose, tutte da decodificare e tradurre in elementi di una strategia di comunicazione. Nessun lavoro da stregone o da oracolo. Solo tanto studio e analisi.
Come è stato lavorare alla campagna elettorale della presidente Todde?
«Sono stato chiamato inizialmente a novembre per avere una prima panoramica delle forze in campo, a livello di candidati, di liste e a livello di immagine dei profili del centro destra che si sarebbero potuti presentare. Già allora c’erano le indicazioni che, nonostante la presenza probabile di Renato Soru, che all’epoca non era ancora certa, la candidatura di Todde era una buona candidatura. A gennaio abbiamo fatto un’altra rilevazione che confermava quella sensazione, con un Soru che stava scendendo nel consenso in termini di gradimento del popolo sardo. Siamo poi stati chiamati a dare un contributo in termini di strategia elettorale e comunicazione nell’ultimo mese e negli ultimi giorni di campagna elettorale, che sono poi quelli determinanti per la conservazione del voto già acquisito o per allargare il consenso in termini territoriali».
In che modo vi siete mossi?
«Con un lavoro che ha consentito di individuare i comuni in cui era importante puntellare la presenza e rafforzare la comunicazione a tutti i livelli. Ma anche i contenuti, i grandi temi, quelli che scaldano il cuore ma soprattutto sui quali bisogna dare delle risposte celermente perché sono macroscopicamente lacunosi rispetto alle aspettative dei cittadini».
Nel 2020 ha curato la campagna elettorale del presidente Bonaccini. Gli ha persino cambiato il look.
«Non è proprio così. Diciamo che per motivi di salute il presidente Bonaccini era dimagrito e complice questo, aveva optato per un cambio di look che noi abbiamo approvato, ritenendolo idoneo a ben rappresentare l’immagine della sua regione e delle diverse sensibilità emiliano-romagnole. Ovviamente l’immagine è solo un elemento della strategia di comunicazione».
Torniamo alla presidente Todde. A novembre, quindi tre mesi fa, aveva già dei punti di forza per essere la candidata vincente. Quali?
«Un buon livello di fiducia complessiva, non solo su tutta la popolazione, sull’area di centrosinistra e cinque stelle, ma anche sui centristi e sugli indecisi. Quello già indicava un buon potenziale. E poi a livello di immagine risultava molto credibile, competente, e queste caratteristiche, importanti in generale, lo sono a maggior ragione in una regione come la Sardegna che apprezza, forse più di tante altre l’aspetto di serietà, pragmatismo e volontà di risolvere i problemi delle persone, al di là degli aspetti estetici della comunicazione o della simpatia, che sono comunque importanti perché consentono di dare un aspetto di vicinanza e familiarità».
In Sardegna oggi, come in Emilia Romagna nel 2020 soffiava forte il vento del centrodestra. La vittoria del centrosinistra non era per nulla scontata. Anzi.
«In Emilia Romagna, grazie ad alcune rilevazioni abbiamo individuato 80 comuni dove era necessario lavorare per costruire consenso. Comuni che abbiamo chiamato Ohio, come lo stato americano che oscilla tra voto democratico e repubblicano e che spesso è determinante per la vittoria delle presidenziali. Anche in quel caso, come nel caso sardo di Todde, soffiava forte il vento di centrodestra, ma avevamo delle rilevazioni che ci dicevano che c’erano le condizioni per farcela. Abbiamo poi deciso di impostare una campagna elettorale emiliano-romagnola, lontano dai venti nazionali, concentrandoci sui temi e sui problemi emiliano-romagnoli. Da qui anche la scelta, come accaduto in Sardegna, di una campagna elettorale regionale, senza i big nazionali. Con Bonaccini c’era poi l’esigenza di introdurre degli elementi di novità nella continuità, facendo capire che il lavoro fatto era tanto e buono, ma che serviva ridare fiducia al candidato governatore per proseguire. I sette punti di distacco di Bonaccini da Lucia Borgonzoni hanno dimostrato che la strategia era giusta».