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Pecorino, il Consorzio che tutela la storia millenaria del sardissimo “romano”

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Il direttore dell’ente Riccardo Pastora ha spiegato ai ragazzi l’eccellenza del formaggio che si trova nella top 10 agroalimentare del made in Italy

06 marzo 2024
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«Sapevate che i legionari romani oltre al pane e alla zuppa avevano un pezzo di pecorino, esattamente di 27 grammi, nella loro razione quotidiana di cibo? Lo avevano perché quel formaggio, che veniva prodotto da sempre nelle campagne laziali, era una autentica sferzata di energia». Riccardo Pastore, direttore del Consorzio pecorino romano presieduto da Gianni Maoddi, nei giorni scorsi ha catturato l’attenzione dei ragazzi e delle ragazze dell’istituto tecnico “Salvator Ruju” di Sassari che ha ospitato nella sua aula magna il terzo incontro della serie organizzata nell’ambito del progetto La Nuova@Scuola.

Partner da anni del progetto, il Consorzio sta girando le scuole dell’isola aderenti alla settima edizione per raccontare agli studenti la storia, la tradizione, le finalità di un ente che non si limita a tutelare uno dei formaggi italiani più conosciuti e commercializzati al mondo. Certo, quella della tutela è lo scopo sociale del Consorzio costituito in Sardegna dai produttori di un formaggio che ha millenni di storia ed è, molto probabilmente, il più antico tra quelli italiani. La tutela è la finalità più importante ma non è l’unica. Tutela significa anche divulgazione, ed è questa l’attività svolta dal Consorzio nell’ambito del progetto scolastico.

L’incontro con gli studenti delle quarte e delle quinte del “Ruju” si è svolto in un clima di dialogo. Il direttore del Consorzio ha fatto loro anche una lezione di storia, rispondendo poi alle numerose domande la prima delle quali è quasi scontata: «Perché si chiama pecorino romano se il 95 per cento di questo formaggio viene prodotto in Sardegna? Non avete mai pensato di cambiare nome?». Riccardo Pastore ha spiegato che, pur essendo nato nell’antica Roma, furono i sardi a fare propria la produzione quando per ragioni sanitarie alla fine dell’Ottocento un sindaco romano ne vietò la produzione in città. «Perché la Sardegna? – ha chiesto il direttore ai ragazzi – Ma perché l’isola aveva i pascoli, tante pecore ed essendo un’isola... il sale in quantità». Nell’isola la storia millenaria del pecorino romano si intrecciò con quella della grande capacità dei pastori sardi di produrre il formaggio. Il secondo passo fu la capacità dei sardi di fare squadra. Il consorzio per la tutela del pecorino romano, costituito nel 1979 da produttori sardi e laziali, è da anni custode della tutela della Dop (Denominazione di origine protetta) da parte del ministero dell’Agricoltura.

Non è certo un caso se il pecorino romano, ha ancora spiegato il direttore Riccardo Pastore, è nella top 10 dei migliori prodotti agro alimentari del made in Italy. Gran parte della produzione è destinata all’esportazione.

Gli Usa sono gli acquirenti principali ma il formaggio viene esportato ovunque nel mondo e il suo mercato è una delle voci più alte, il 46 per cento, del Pil agrozootecnico della Sardegna. Riccardo Pastore ha risposto alle domande dei ragazzi e delle ragazze, spiegando loro il significato del “disciplinare” che regola la produzione del formaggio e il concetto di “filiera” di un prodotto che dà lavoro a migliaia di persone. Un mondo che gravita intorno alle forme di pecorino romano di nome ma sardissimo nella sostanza.
 

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