La Nuova Sardegna

Il report

Economia avanti a passo di lumaca, la Sardegna resta indietro

di Massimo Sechi
Economia avanti a passo di lumaca, la Sardegna resta indietro

Il Pil nel 2025 sarà a 0.7, quello medio nazionale a 1,1. Pesano i tagli del Pnrr e la destinazione delle risorse

15 marzo 2024
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Sassari La crescita della Sardegna nei prossimi due anni sarà in linea con quella delle altre regioni del Mezzogiorno ma sensibilmente più bassa rispetto alla media nazionale e soprattutto a quella delle regioni del Nord Italia. È quanto emerge dal rapporto Svimez «Dove vanno le regioni italiane»

Il Pil L’analisi fredda dei numeri dice che la variazione del Pil della nostra isola nel 2023 è stata dello 0,20 contro lo 0,72 della media nazionale e lo 0,38 del Sud. Nel 2024 la risalita in Sardegna sarà dello 0,34, contro lo 0,60 del resto del Paese e lo 0,50 del mezzogiorno. Nel 2025 il divario si amplia, il Pil della Sardegna crescerà infatti dello 0,70, contro l’1,10 della media nazionale e lo 0,80 del Sud. Su questi numeri pesano il contesto economico mondiale, le conseguenze legate al periodo della pandemia, la guerra in Ucraina, le tensioni in Medioriente, ma anche gli investimenti legati al Pnrr. In questo scenario ci sono tendenze favorevoli alla ripresa generale del mercato, ad esempio la caduta delle quotazioni del gas naturale, il conseguente rientro dall’inflazione e lo stop agli aumenti dei tassi di interessa da parte della Bce. Segnali meno confortanti invece riguardano l’andamento della domanda estera e le incertezze relative allo sviluppo degli investimenti privati. C’è da tener conto, a questo proposito, che il settore che in questi ultimi due anni ha retto meglio, quello delle costruzioni grazie al Superbonus, presumibilmente subirà un calo proprio a causa dello stop agli incentivi.

Gli scenari per l’isola La Sardegna come detto si trova in una posizione allineata alla media delle regioni del Mezzogiorno, molto simile a quella della Sicilia, inferiore a Campania e Puglia per le quali il report evidenzia una tendenza molto positiva. Si parte, anche nella nostra isola, da una situazione attuale che è caratterizzata da quanto accaduto negli ultimi anni. Ad esempio, tra il 2000 e il 2019 abbiamo avuto un tasso di crescita del PIL molto basso a cui ha corrisposto anche un alto indice di lavoro precario. Nel triennio 2019-2022 la crescita è stata dello 0,9%, il più basso nel Sud. Per quanto riguarda i settori produttivi c’è stata, come nelle altre regioni italiane, un’impennata dell’edilizia con un più 32,6%, anche se il dato pro capite degli investimenti in detrazione per il Superbonus è di poco più di 400 euro, superiore solo alla Sicilia e distanziato di tanto dalla Valle d’Aosta con 1400 euro pro capite. Male l’industria con un meno 14,2% di valore aggiunto sul Pil nel periodo 2019-2022.

L’occupazione Per quanto riguarda l’occupazione influisce non poco la questione demografica con un saldo negativo tra nuovi nati e decessi, tra il 2002 e il 2021, di 48381, a cui si aggiunge un dato migratorio di 38398 e dunque un saldo naturale di meno 86779, e questo non può che portare a una costante e progressiva riduzione della popolazione in età lavorativa; infatti, il calo è dell’8% tra il 2000 e il 2019.

Effetto Pnrr Il Piano nazionale di ripresa e resilienza giocherà un ruolo importante sulla crescita e rischia di essere anche una delle cause del divario tra Nord e Sud, conseguentemente anche per quanto riguarda la Sardegna. La recente rimodulazione, infatti, ha aumentato la dotazione finanziaria portandola da 191,5 miliardi a 194,4 miliardi. A questo incremento però ha corrisposto una riduzione della quota spettante al Sud. Doveva essere secondo i primi annunci minimo del 40%, sarà invece del 37,7%. Tradotto in numeri parliamo di 70,6 miliardi contro i 75,1 miliardi inizialmente previsti. Quasi 5 miliardi in meno, che in proporzione alla Sardegna porteranno una riduzione degli investimenti di almeno 500 milioni di euro: una doccia fredda che ha congelato una serie di progetti calibrati proprio sulle risorse che sarebbero dovute arrivare.

Risorse alle imprese Ma c’è un’altra scelta sul Pnrr che influenzerà, e non di poco, la crescita delle regioni. Il 57% delle risorse previste per infrastrutture è stato riprogrammato e rivolto verso interventi di sussidio alle imprese private. Questo non può che avvantaggiare ulteriormente le regioni del Nord, perché i territori dove l’imprenditorialità ha una minore diffusione potranno avere meno accesso a questi incentivi e il Sud e la Sardegna, da questo punto di vista, saranno indiscutibilmente svantaggiate proprio per il basso numero di attività presenti. La conseguenza più naturale di questa situazione e di queste scelte è che nel futuro il divario già previsto per il 2025 potrà ampliarsi ancora di più, perché a fronte di un rafforzamento delle imprese già esistenti, ci sarà una minore infrastrutturazioni in regioni come la nostra che invece proprio delle infrastrutture hanno estrema necessità.



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