La Nuova Sardegna

Energia

Decreto aree idonee: «Sarà scontro»

di Giuseppe Centore
Decreto aree idonee: «Sarà scontro»

Fonti vicine alla maggioranza che sostiene la governatrice Todde bocciano il decreto. «Va trovata una sintesi e il governo deve venire incontro alle richieste della Sardegna»

01 giugno 2024
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Cagliari Arrivano le prime reazioni, ufficiose, alla pubblicazione sulla Nuova avvenuta ieri del testo finale, lato governo, sul decreto aree idonee. Un decreto che alla Regione non piace per nulla, al punto tale da costringere gli interlocutori interpellati a usare la parola «scontro». Fonti vicine alla maggioranza che sostiene la giunta Todde parlano apertamente di pesanti contrasti col governo, pur distinguendo tra la posizione più possibilista del ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin e quella più rigida delle direzioni generali, che considerano non modificabile il decreto, almeno nei suoi punti salienti. E invece sono proprio i due punti salienti del decreto, uno sottinteso l’altro palese, a non aver convinto la Regione.

Viale Trento può giocare le sue carte su molti tavoli, con diverse opzioni: può rompere il tavolo prima delle Europee, oppure attendere l’esito del voto e poi convocare la commissione ambiente ed energia della Conferenza Stato-Regioni e in quella sede chiedere modifiche sostanziali al decreto. O ancora può ritardare sine die, allungando i tempi, la convocazione della stessa commissione, mettendo sì in imbarazzo il presidente della stessa Conferenza Massimiliano Frediga, ma portando a casa un empasse che fa molto male al governo, che vuol chiudere nelle prossime settimane la doppia partita Aree idonee-Decreto Energia. I due punti sono il cuore occulto e palese del provvedimento, e fanno intuire che le trattative ufficiose tra governo e Regioni in queste settimane sono andate avanti anche sul non detto del decreto.

Il primo punto è il ruolo dell’eolico off-shore nella composizione della quantità globale di ulteriore capacità per il paese, che è confermata in 80 gigawatt in più entro il 2030. La Regione ha chiesto che questa tipologia di impianto facesse parte per intero della quota da assegnare alle Regioni. Il governo ha risposto che solo per la metà del totale l’eolico off-shore può contribuire al raggiungimento degli obiettivi. Per la Sardegna lo scenario sarebbe stato questo: se il governo avesse accolto la proposta e messo nel calderone della quota sarda, 6,2 gigawatt, anche l’off-shore, con tre impianti al largo delle coste l’isola avrebbe chiuso la partita ed evitato interventi a terra. Così invece una quota di fotovoltaico, pur scegliendo limiti e vincoli locali, andrà comunque fatta.

Facile capire perché gli uffici ministeriali non giudicano di esclusiva competenza regionale il percorso autorizzativo dell’eolico off-shore: gli impianti ricadrebbero in acque internazionali, e concedere potere interdittivo alle Regioni su queste produzioni sarebbe un precedente pericoloso per l’intero sistema paese. Al massimo si poteva dividere a metà la tipologia di produzione, ma ciascuna Regione, oltre a mantenere la sua quota, a questo punto non più messa in dubbi, sarebbe stata costretta, anche per motivi di tenuta della stabilità della rete a diversificare le tipologie di produzioni. Il secondo punto è invece palese e riguarda il primo comma dell’articolo 10 del provvedimento: «i procedimenti già avviati vengono conclusi ai sensi della disciplina regionale e statale vigente».

Nessuna terra bruciata per i progetti presentati, ma una istruttoria secondo le regole precedenti. Tutto ciò non vuol dire che tutti i progetti presentati, e sono centinaia, per otto volte gli obblighi regionali, debbano essere accolti e approvati, ma solo che dovranno essere giudicati con i vecchi criteri. Tutto ciò metterebbe la Regione però in una doppio cul-de-sac: non sarebbe in grado di esprimersi compiutamente sui singoli progetti, per mancanza di risorse umane, correrebbe il rischio in caso di dinieghi generalizzati di ricorsi ai tribunali amministrativi, e farebbe venir meno il principio di leale collaborazione col governo. Tutti questi elementi sono ben chiari alla maggioranza che sostiene la Todde, che adesso si dice pronta ad «andare allo scontro». Ma con quale punto di caduta plausibile?

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