La Nuova Sardegna

Archeologia

L’ancora di un’antica nave romana persa sulla rotta di Turris Libisonis

di Luigi Soriga
L’ancora di un’antica nave romana persa sulla rotta di Turris Libisonis

Ritrovata da due sub nella costa tra Sorso e Castelsardo: «Incagliata sotto uno scoglio, peserà circa 350 chili»

06 giugno 2024
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Sassari Oltre duemila anni fa, davanti alla costa tra Pedras de Fogu (Sorso), la spiaggia dell’Ampurias a Lu Bagnu, e Castelsardo, Baia Ostina, facevano la spola numerose navi romane. Salpavano dal porto della colonia di Turris Libisonis (Porto Torres), e alcune di loro facevano tappa davanti alle diverse ville romane costruite in quel tratto di costa. Gettavano l’ancora a un miglio e mezzo dalla costa per non avventurarsi in fondali troppo bassi e scogli affioranti, e poi con un’imbarcazione più leggera e agile, portavano i rifornimenti o i prodotti commerciali a terra.

Tre giorni fa, Antonello Poddighe, sassarese, 65 anni e Gianluca Cappai, 50 anni di Sorso, titolari del Mistral Diving di Castelsardo, durante una delle quotidiane immersioni hanno scoperto una traccia di questo suggestivo passato. A un miglio e mezzo dalla costa, su un fondale di venticinque metri, a nord di Perdas de Fogu, hanno scoperto un’ancora persa dalle antiche navi romane.

«Era perfettamente incastrata sotto uno scoglio – racconta Antonello Poddighe – e probabilmente è questo il motivo per cui nessuno, prima d’ora, l’aveva mai notata». I due sub, come accade quasi sempre, quando c’è di mezzo un rinvenimento archeologico in mare, ci sono capitati sopra per caso. «È un fondale abbastanza frastagliato, i pescatori spesso calano le reti. Noi chiacchieriamo spesso con loro, perché sono i più grandi conoscitori di tutti i segreti del mare. E qualche settimana fa, proprio un pescatore ci aveva segnalato la presenza di munizioni della seconda guerra mondiale su una profondità di circa 25 metri. Una di queste si era incagliata nelle sue reti. E dopo averci raccontato questo episodio ci aveva indicato, a grandi linee la zona».

Così i due sommozzatori decidono di fare un’ispezione con le bombole. «Ci siamo passati sopra per caso, e in quel momento non puoi non notare l’ancora: ha una lunghezza di circa 1,60 metri e ha un peso di circa 350 kg – dice Antonello Poddighe – Dalla forma sembra risalire al primo secolo d.C.. Somiglia molto a quella esposta nella Capitaneria di Porto Torres. Ha le identiche fattezze. È completamente incastrata sotto una roccia, e mi auguro che venga recuperata. In quel caso andrebbe ripulita per controllare eventuali iscrizioni o decorazioni. A volte c’è stampato proprio il nome del produttore».

Il diving ha avvisato l'autorità marittima, la Capitaneria di porto di Castelsardo, la Soprintendenza e il comune di Castelsardo, fornendo le coordinate precise del reperto e anche le fotografie. Quando un’ancora si incagliava sul fondale, a una profondità di oltre 20 metri, veniva tagliata la fune. Impossibile a quei tempi immergersi per provare a liberarla. Probabilmente apparteneva a una nave oneraria, utilizzate per il trasporto delle merci. Misuravano in media 25-30 metri di lunghezza e a bordo potevano trasportare anche 4mila anfore da 26 litri. Assieme a questa mercanzia, le navi potevano avere a bordo del grano, se dirette verso le rotte di Ostia, Spagna, ma anche la Gallia e più avanti con l’Africa settentrionale e le colonie orientali, tra le quali anche la Grecia. Se invece le imbarcazioni si trovavano sulla via del ritorno a Turris Libisonis, allora il carico poteva anche essere di olio, vino, salsa di pesce, oppure le ceramiche. È probabile che una di queste onerarie, un giorno di 2mila anni fa, volesse fare una breve tappa intermedia per rifornire le residenze romane edificate sul litorale tra punta Tramontana e Castelsardo. E sia ritornata in porto più leggera di 350 chili, con l’ancora depositata nei fondali marini, e nel futuro delle prossime civiltà.

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