Carlo Cabula: «Sul Businco da Bartolazzi parole ingenerose per i medici di un ospedale ora trascurato»
L’ex direttore del reparto di Chirurgia oncologica replica all’assessore regionale alla Sanità
Cagliari «Trovo quanto meno ingeneroso affermare che l’ospedale Businco sia un ologramma invece che un vero centro di diagnosi e cura perle patologie oncologiche. E per di più rincarare la dose sostenendo che i sardi insieme ai calabresi sono gli unici in Italia a non poter contare sui un centro di riferimento contro il cancro, aggiungendo inoltre che manca il dialogo con la rete nazionale. Ingeneroso, sì. Specialmente nei confronti dei medici e degli infermieri che lì ci lavorano con grande professionalità e impegno. Poi, è chiaro, questo non significa che in quel presidio sanitario non ci siano dei problemi da risolvere, ma è un altro discorso e tutto ciò non è certo imputabile al personale». Mentre ascolta le parole pronunciate ieri mattina dall’assessore alla Sanità Armando Bartolazzi nell’aula del consiglio regionale, Carlo Cabula, sino a un anno fa direttore del reparto di Chirurgia oncologica e Senologia proprio al Businco di Cagliari, si mostra piuttosto basito. Lui che da colleghi e pazienti è sempre stato considerato un’eccellenza di cui andare fieri (vale la pena di ricordare che nel 2001, cioè in piena pandemia, la sua unità è stata la prima in Italia come numero di interventi per tumore al seno), ma è anche referente regionale di Senonetwork (la rete che porta avanti la battaglia per l'istituzione delle Breast unit), e ancora è rappresentante in Sardegna dell’Anisc (l’Associazione nazionale italiana senologi chirurghi) non riesce a credere alle sue orecchie. Ma seppure sia evidente che quelle frasi non gli sono andate giù preferisce trincerarsi dietro il più britannico dei «no comment».
Tuttavia Cabula non rinuncia a dire la sua sulla situazione del luogo in cui ha lavorato per tantissimi anni. «Parlando del mio campo specialistico – racconta – al Businco c’è indubbiamente una dicotomia tra le capacità degli operatori e dei professionisti chirurghi e i problemi organizzativi di un presidio nato nel 1972 e per il quale non sono maistate previste importanti opere di ristrutturazione e in generale non è stato protetto come avrebbe meritato». Cabula fa un esempio: «A luglio 2015, quando l’Oncologico è passato dall’Asl di Cagliari all’Azienda ospedaliera Brotzu, tra Businco e il San Michele c’erano tre unità che si occupavano di chirurgia senologica: in totale venivano eseguiti 750 interventi al seno all’anno, eravamo la settima unità senologica in Italia, posizionati ben prima di altre strutture rinomate a livello nazionale. Tra i motivi di questo successo c’era anche il fatto che noi chirurghi avevamo accesso a 96 ore di sala operatoria alla settimana. Si lavorava nel pieno rispetto dei requisiti previsti dalla società scientifiche europee sia per quanto riguarda le prestazioni sia per quanto riguarda i tempi previsti per gli interventi, che non superavano i 30 giorni. Poi è iniziato il depauperamento con una drastica riduzione degli spazi chirurgici sino al minimo di 30 ore alla settimana. E infatti, manco a dirlo, nel 2023 il numero degli interventi è sceso a 450». Solo un esempio. Perché al Businco si è anche molto patito il turn over con una conseguente e inesorabile mancanza di personale.