Il futuro incerto dei balneari sardi: «Con le gare il 90% di noi sparirà»
Gambella (Itb): «Per i bandi bisognerà attendere l’approvazione dei Pul»
Sassari «Per questa stagione balneare e per la prossima in Sardegna siamo tranquilli ma la preoccupazione è molto forte per il futuro. Quando le concessioni andranno a bando il 90% degli attuali gestori sparirà e non si pensi che al loro posto arrivino imprenditori o disoccupati sardi, arriverà, chissà da dove, solo chi ha tanti soldi».
Per il referente regionale dell’Itb (il sindacato degli imprenditori turistici balneari) Francesco Gambella quella che si vive nella nostra isola è una sorta di quiete prima della tempesta, che tra l’altro porta ad una situazione di grande incertezza che da diversi anni sta condizionando le attività degli attuali concessionari. «In questo momento stiamo seguendo il crono programma fissato dalla Regione che prevede di poter fare bandi solo dopo la definitiva approvazione dei Pul (i piani di utilizzo dei litorali). Solo pochissimi comuni hanno completato questo iter in assenza del quale le attuali concessioni andranno in proroga, almeno fino al 2027».
Nel resto del Paese c’è grande confusione dopo diverse sentenze del consiglio di Stato e di tribunali amministrativi regionali che hanno dato ragione a quei comuni che hanno fatto partire le gare. E a questa confusione si aggiunge anche l’assenza, a d oggi dei decreti attuativi della legge Meloni dello scorso anno, quella che aveva stabilito la proroga fino al 2027 di quelle in essere. C’è poi il capitolo degli indennizzi ma anche in questo caso quanto promesso dal governo sembra lontano dall’essere attuato.
«C’era stato detto – afferma ancora Gambella – che ci sarebbe stato riconosciuto il valore aziendale, ma l’Unione Europea ha fatto capire chiaramente che boccerebbe senza alcun dubbio una misura di questo tipo. Se invece dovessero passare solo gli indennizzi, per gli investimenti fatti negli ultimi cinque anni, qui in Sardegna ci verrebbero riconosciuti pochissimi euro, perché con l’incertezza degli ultimi anni quasi nessuno ha investito».
Cosa chiedete dunque alle istituzioni nazionali e regionali?
«Partiamo dal presupposto che siamo una delle categorie ingiustamente più odiata da tutti. Noi vorremmo prima di tutto che si applicasse nel concreto l’ormai famosa direttiva Bolkestein e in particolare l’articolo 12, quello che tutela la scarsità della risorsa. In Sardegna l’80% del demanio marittimo è libero da concessioni e allora se si seguisse quella direttiva si dovrebbe andare a bando ma solo per tutte le nuove che dovrebbero essere individuate nelle nostre coste. E invece si pensi che i comuni che stanno facendo i Pul in molti casi stanno eliminando quelle esistenti. Questo significa che quando si faranno i bandi noi non potremo neanche partecipare perché le nostre concessioni in alcuni casi non ci saranno più».
Infine c’è il capitolo dei canoni demaniali, anche in questo caso per Gambella a regnare è l’incertezza.
«In quei decreti attuativi che aspettavamo entro fine marzo dovevano essere inseriti anche gli aumenti dei canoni. L’unica cosa che sappiamo con certezza è che nel migliore dei casi ci troveremo di fronte ad un incremento del 10%.
Questo vuol dire che, oltre a non aver potuto fare investimenti e a non sapere cosa accadrà alle nostre imprese create in tanti anni di lavoro, si aggiunge anche un aumento dei costi da sostenere all’avvio della prossima stagione. Il quadro in definitiva è molto preoccupante per tutte le attuali circa 600 realtà imprenditoriali che operano nel settore nell’isola».