La Nuova Sardegna

Identità di genere

Le attiviste sassaresi Minerva ed Elisa: «Le persone trans hanno bisogno di un supporto pratico e concreto»

di Paolo Ardovino
Le attiviste sassaresi Minerva ed Elisa: «Le persone trans hanno bisogno di un supporto pratico e concreto»

Il gruppo è nato nel 2023. «Forniamo un aiuto a livello legale e medico e facciamo attività per scambiarci consigli»

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Sassari «Abbiamo avvertito la necessità di uno spazio sicuro per le persone trans», così Minerva Uzzau, 25 anni, ed Elisa Matta, 23 anni, hanno messo in piedi nel 2023 l’associazione Trans support Sassari. Attorno gravitano una quarantina di giovani («e pensare che all'inizio eravamo appena in cinque»). Quando parlano di bisogno, le due attiviste per i diritti di genere portano il discorso sul piano concreto: «Quello di cui più c'è bisogno è un aiuto pratico».

La rete di supporto nata a Sassari offre accesso a sostegni di natura psicologici e legali con professionisti che si mettono a disposizione. Una parte della società fa ancora fatica a riconoscere le persone trans in quanto tali. Sanità, lavoro e leggi fanno fatica a star loro dietro e la politica locale è indifferente alle richieste di ascolto («purtroppo a Sassari nessuno si è mai interessato a noi, ma è così anche in altre parti dell’isola»). Per la politica dei grandi, ancora peggio: le tematiche trans sono finite, usando le parole delle due attiviste trans, «sotto la lente d'ingrandimento di diverse fasce reazionarie».

Guardare all'America e al Regno Unito. E in Italia il ministero per le Pari opportunità e la famiglia strizza l'occhio ai discorsi inquietanti di schedature. La burocrazia costringe invece ad attese lunghe anni per completare una transizione e vedersela riconosciuta nero su bianco. L'Oms dal 2019 ha eliminato le identità trans dalla categoria dei disturbi mentali, «ed è per questo che sarebbe più corretto parlare di incongruenza di genere, piuttosto che di disforia».

Ognuno vive il proprio percorso di transizione in maniera personale, ma sentirsi spesso patologizzati crea malessere. Negli ultimissimi anni però la sensibilità mediatica è migliorata. Libri, film, serie tv parlano anche delle vite dal punto di vista di persone trans. Ma Minerva ed Elisa sono chiare: «La visibilità data dagli intellettuali non ci interessa. Quello che alla fine conta è che arrivino, a persone come noi che vivono queste situazioni, delle ricadute pratiche».

Il gruppo sassarese di supporto ha creato un calendario mensile di incontri di auto-aiuto. La sede è quella della sezione locale del Mos, il movimento omosessuale sardo, al centro culturale Borderline. «Cerchiamo di sopperire alle mancanze che le persone trans possono incontrare nelle famiglie o a scuola»: parlare, prendere coscienza che esistono coetanei con una situazione analoga, è di grande aiuto.

«Chi chiede il nostro supporto? Sono per lo più giovani, minorenni, la persona più piccola ha 14 anni». Le attiviste hanno istituito anche un fondo cassa per aiutare ad affrontare le spese mediche e legali per il cambio dei documenti. E a breve riprenderanno le uscite per gli aperitivi di gruppo e per andare in spiaggia, «è importante riscoprire il piacere di andarci, e sappiamo che farlo in gruppo può essere più facile», dice Minerva.

«La banalità del mare», sorride Elena. Basterebbe estendere uno a uno gli acronimi della sigla Lgbtqia+ per comprendere che le identità di genere non sono solo due e l'orientamento sessuale non è solo quello etero. Se tanti passi in avanti sono stati fatti, in certi ambienti diffusi sembra di sentire ancora echeggiare le note di Checco Zalone in “I uomini sessuali”. «In molti usano la percentuale di uno studio scientifico di anni fa che sostiene che quasi il 50 per cento delle persone trans è soggetto a tentativi di suicidio. Viene interpretato: sei trans quindi sei incline al suicidio. Non è la condizione transessuale a creare malessere, ma gli atteggiamenti transfobici che si incontrano ogni giorno».

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