Cafiero De Raho: «La Sardegna verrà colonizzata dai clan»
L’ex procuratore nazionale antimafia critica la mossa del Governo: «Ora capi di Camorra e ’Ndrangheta punteranno ad acquistare immobili e attività nel territorio»
Cagliari Dai banchi del Movimento 5 Stelle alla Camera, e da ex procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho guarda con scetticismo la mossa di portare in blocco i 92 detenuti 41-bis sull’isola, nel carcere di Uta.
Perché si prospetta una situazione pericolosa?
«Non va verso un discorso di sicurezza l'idea di concentrare un numero così alto di detenuti del 41-bis in una città come Cagliari. A Sassari anni fa a Bancali avvenne che i familiari dei detenuti finivano per incontrarsi e tra loro allacciare anche rapporti molto stretti che rafforzano rapporti tra clan e cosche camorriste o 'ndranghetiste. Il fatto è che al regime del 41-bis vengono posti ormai soltanto coloro che hanno compiti di organizzazione dei clan, cioè i capi. Sono i soggetti che hanno diretto un gruppo organizzato, e che hanno disponibilità economiche rilevanti».
E questo aspetto in che modo può ripercuotersi sull'isola?
«Quando questi soggetti giungono in posti talmente belli dal punto di vista ambientale, e ricercati dal punto di vista turistico, acquistare nel territorio è un affare. Poter investire in beni immobili e attività per loro significa immobilizzare una parte dei profitti che derivano dalle attività criminali. Mi spiego: nel momento in cui acquistano bar, alberghi, b&b, ristoranti, è evidente che è in atto una colonizzazione pericolosa. A comprare non sono loro direttamente, certo, ma intermediari e persone che spesso non hanno un immediato collegamento».
Quindi seppur dietro le sbarre del carcere, parliamo di personalità capaci, con la loro rete di rapporti, di insediarsi nel territorio attorno a dove sono detenute?
«I loro emissari quando arrivano nei territori sono cordiali, apparentemente aperti, pronti ad accettare qualunque condizione. Se guardiamo ad arresti avvenuti alcuni anni fa in Trentino o in regioni dove la criminalità ha poca possibilità di attecchire, i loro emissari, con modi cordiali, riescono a entrare in amicizia con persone di loro interesse. Sanno quali sono le persone della zona con cui stringere rapporti in pubblico e nel privato».
Stando a ciò che dice, immaginare 92 detenuti che tutti insieme vengono trasferiti a Uta fa spavento.
«Una situazione come questa non è coerente con un territorio importante come la Sardegna. Destinare un numero esiguo di detenuti può essere utile, li si distacca da altri territori, ma in questo caso vuol dire che 92 capi vanno a Cagliari con centinaia di familiari e conoscenti al seguito».
La presidente Todde ha criticato il ministro Nordio per non aver interpellato la Regione, il governo centrale può prendere una decisione così importante senza confrontarsi con le regioni?
«Questi 92 detenuti al 41-bis non sono solo un problema del ministero della Giustizia ma del territorio, quindi della Regione. Determinano la necessità di un rafforzamento di forze dell'ordine, guardia di finanza, e Regione e Comuni devono iniziare a monitorare movimenti e passaggi di proprietà per immobili, tutto quel che riguarda i passaggi di autorizzazioni del commercio e in altri settori. Insomma, un lavoro che viene scaricato non solo sulla polizia penitenziaria, ma sull'intera sicurezza di un territorio in tema di prevenzione per riciclaggio, per il rischio di una colonizzazione e formazione di un clan autonomo. Effettuare un trasferimento del genere significa chiudere gli occhi davanti alle mafie».