La Nuova Sardegna

Sassari

Atzas: «Uno sforzo per non difendermi»

di Gianni Bazzoni
Atzas: «Uno sforzo per non difendermi»

In aula al processo-bis l’allevatore condannato a 30 anni: «Non ho più niente da dire, Manca e Faedda non li conosco»

03 luglio 2015
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SASSARI. Anche se solo per pochi minuti, ieri mattina il primo e il secondo filone dell’inchiesta sul sequestro dell’allevatore di Bonorva Titti Pinna si sono incrociati nell’aula della corte d’assise.

La difesa degli imputati Giovanni Maria «Mimmiu» Manca e Antonio Faedda (gli avvocati Salvatore Asole e Gian Marco Mura) ha citato come testimoni Salvatore Atzas, l’allevatore di Sedilo già condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione, e Natalino Barranca che è comparso per la prima volta da uomo libero perché definitivamente assolto da ogni responsabilità nella vicenda del rapimento di Titti Pinna.

La deposizione di Salvatore Atzas, particolarmente attesa, ha rischiato però di saltare perché non era stato citato il suo difensore Lorenzo Soro. E quando il presidente Pietro Fanile stava per decidere una nuova convocazione per la prossima settimana, l’allevatore di Sedilo ha preso la parola.

«Io non ho niente da dire – ha affermato – e non vorrei tornare. Per cui va bene anche un avvocato di ufficio». Dopo la nomina di un legale presente in aula, alle 11.31, Salvatore Atzas ha cominciato a rispondere alle domande dell’avvocato Asole. Una raffica di no e di «io non conosco».

Nessun turbamento, neppure quando l’avvocato Asole l’ha incalzato con una domanda precisa: «Presumo che lei non abbia fatto tutto da solo nel sequestro per il quale è stato condannato, non sta a noi chiedere i nomi. Le chiedo, però: conosce il signor Manca?».

Atzas non ha neppure rivolto lo sguardo al banco della prima fila: «Io non lo conosco», ha risposto. Mai frequentato? No. Mai stato a Bonorva? No. Chi conosce a Bonorva? Nessuno. Ha partecipato a feste e spuntini a Bonorva? Lo escludo categoricamente.

La palla lanciata è sempre tornata indietro , anche quando gli è stato chiesto se conoscesse Carlo Cocco (il testimone chiave dell’inchiesta bis): «No». Poi una dichiarazione spontanea, quasi un messaggio in codice: «Volevo dire che quando sono passato io in quest’aula non ho visto tutta questa gente. Sto solo affermando che non mi sono difeso allora e questo sto facendo anche oggi, anche se con un grande sforzo». Infine le domande dell’avvocato Mura per capire se Atzas ha mai conosciuto o incontrato Antonio Faedda, il suo assistito.

«Non lo conosco, l’ho visto una volta in televisione». E quella sua presenza al famoso spuntino di Bonorva? «Mi avranno confuso con qualcuno altro – ha detto Atzas – anche se non sono facile da confondere». Otto minuti in tutto, poi Salvatore Atzas ha infilato il giubbino azzurro e ha chiesto di poter andare via. Niente foto, «me ne hanno già fatte abbastanza». Quando è entrato «zio» Natalino Barranca , Atzas era già uscito dall’aula. E l’anziano sedilese è riuscito a essere ancora più rapido: due minuti. «Quando ho lavorato nell’ovile di Atzas, c’era anche il figlio. Non conosco Manca, mai visto lì. Non sono mai andato con Atzas a spuntini in altri paesi». Fine.

Tra le persone sentite ieri, anche Angelino Sanna, parente di Titti Pinna (cugino di secondo grado del padre), tra i più ascoltati dalla sorella del rapito nella fase in cui sembrava avviata una trattativa per cercare di arrivare alla liberazione dell’ostaggio. Angelino Sanna ha ricostruito le fasi del suo impegno, fin dai primi momenti. Ha ricordato anche l’episodio dello «svincolo» della somma di 300 mila euro in un conto alla Bnl (la somma è quella chiesta dai banditi con la prima telefonata), ma quelle risorse vennero solo smobilizzate per avere una disponibilità. Non vennero mai utilizzate per attività inerenti le fasi del sequestro, anche perché nel frattempo era scattato il blocco dei beni.

Una sola domanda da parte del pm Gilberto Ganassi: chi lavorava nei suoi terreni vicini a Monte Frusciu per la raccolta del grano? «Antonio Faedda, per diversi anni».

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