La Nuova Sardegna

Sassari

Continuare a divorare il suolo ci porterà alla catastrofe  

Antonio Canu
Costruzioni nella zona costiera gallurese
Costruzioni nella zona costiera gallurese

L’OPINIONE - L’Ispra: tra il 2015 e il 2016 consumati 30 ettari al giorno. Le conseguenze sono siccità, scarsità d’acqua e frane

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È da giorni che i temi ambientali occupano le prime pagine dei giornali e i titoli di testa dei Tg. La siccità e la scarsità d’acqua disponibile, è una notizia che fa impressione, perché non lascia solo tracce visive, ma si riflette nel quotidiano di milioni di persone. Così l’ondata di caldo torrido che sta toccando nuovi record per durata, intensità, anomalia stagionale. Così i temporali violenti che portano dietro alluvioni, frane, danni ai raccolti.

Nel frattempo, sempre in questi giorni, ha tenuto banco – nel vero senso della parola – il tema di italiano agli esami di Maturità. Tra le tracce proposte: “La natura tra minaccia e idillio nell'arte e nella letteratura" per il saggio breve in ambito artistico - letterario. E poi la bellissima poesia “Versicoli quasi ecologici" di Giorgio Caproni per l’analisi del testo. “L’amore finisce dove finisce l’erba e l’acqua muore” scrive il poeta.

E sempre di questi giorni è l’uscita del Rapporto sul consumo di suolo del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (Snpa), presentato da Ispra (L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Una raccolta di dati aggiornati sul tema, con un dettaglio a scala nazionale, regionale e comunale. Ebbene, nonostante la crisi economica che ne ha rallentato la velocità, da novembre 2015 a maggio 2016, l’Italia ha consumato quasi 30 ettari di suolo al giorno, per un totale di 5mila ettari di territorio. Un ritmo equiparabile alla costruzione di 200.000 villette in pochi mesi. Consumiamo suolo al ritmo di 3 metri quadrati al secondo. Al 2016 abbiamo cancellato suolo per 23mila chilometri quadrati, il 7,6% del territorio nazionale, pari alla dimensione di Campania, Molise e Liguria messe insieme. E il futuro non è certo da meno. Le previsioni dell’Ispra, che ha ipotizzato gli scenari di trasformazione del territorio italiano al 2050, segnalano, nel migliore dei casi, una perdita di ulteriori 1.635 kmq. Nel caso invece si mantenesse il ritmo di consumo attuale, cioè dettato dalla crisi economica, si arriverebbe a 3.270 kmq. Salirebbe infine a 8.326 kmq, nel caso in cui riprendesse la velocità al valore di 8 mq al secondo registrato negli ultimi decenni, quelli dell’abbondanza. Dagli anni Cinquanta del Novecento al 2016, il consumo di suolo nazionale è passato dal 2,7% al 7,6%, con una crescita del 184%. Un’erosione spaziale che continua ad interessare zone a rischio sismico, idraulico, franoso. La narrazione di tutti questi eventi, apparentemente separati, hanno in realtà una stretta relazione.

È del tutto evidente che un territorio sfruttato e martoriato in più parti ha meno capacità di mitigare gli impatti da siccità o alluvioni. Fenomeni questi, che si ripetono sempre di più rispetto al passato e le cui conseguenze non possono essere lasciate irresponsabilmente al caso o all’improvvisazione. È davvero clamoroso, per esempio, che – a leggere i dati Istat di marzo di quest’anno – nel 2015 è andato disperso il 38,2% dell’acqua immessa nelle reti di distribuzione dei comuni capoluogo di provincia. E che la perdita giornaliera reale, al netto degli errori di misurazione e degli allacciamenti abusivi, ammonta a circa 50 metri cubici per ciascun chilometro delle reti di distribuzione. Un volume che stimando un consumo medio di 89 metri cubici annui per abitante, potrebbe soddisfare le necessità idriche di un anno a 10,4 milioni di persone.

È davvero insopportabile contare ancora i danni da frane ed esondazioni dei corsi d’acqua, quando sono decenni che si hanno mappe e informazioni aggiornate sulle condizioni del nostro territorio. Quante vittime, quanto inutili perdite di materiali. Quanti soldi buttati. I maturandi che hanno scelto di scrivere di natura così come è raccontata nelle arti, avranno fatto cenno all’attualità? Al contesto in cui vivono? Perché proprio la conoscenza dei problemi e la cultura per affrontarli, sono alla base delle scelte future.

Scrive ancora Giorgio Caproni “Come potrebbe tornare a essere bella, scomparso l’uomo, la terra”. Non è certo questo l’auspicio. C’è ancora tempo per riequilibrare le sorti di un rapporto - quello fra noi e l’ambiente - che da rapina possa trasformarsi in corretta gestione. Che da complesso e distaccato, possa diventare armonico.

“Non soffocate il lamento (il canto!) del lamantino. Il galagone, il pino: anche di questo è fatto l’uomo”. Per chiudere con il poeta.

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