La Nuova Sardegna

Sassari

il blitz della ’ndrangheta ad alghero 

L’incendio dello yacht “Terry”, in quattro davanti al gup

L’incendio dello yacht “Terry”, in quattro davanti al gup

SASSARI. Si è aperta giovedì l’udienza preliminare davanti al gup di Sassari Giancosimo Mura nei confronti di quattro imputati di incendio doloso e frode processuale coinvolti in una più ampia...

24 novembre 2019
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SASSARI. Si è aperta giovedì l’udienza preliminare davanti al gup di Sassari Giancosimo Mura nei confronti di quattro imputati di incendio doloso e frode processuale coinvolti in una più ampia inchiesta che a febbraio aveva portato all’arresto di sette persone. Indagine che aveva consentito di individuare un gruppo criminale a connotazione mafiosa operante in Veneto (a Sassari c’è uno stralcio dell’inchiesta) che aveva i punti di riferimento nella famiglia Multari.

Tutto era partito dopo l’incendio dello yacht “Terry” avvenuto nel 2015 ad Alghero, nella base nautica di “Acquatica”. L’imprenditore Francesco Crosera, veneziano di 54 anni (anche lui tra gli arrestati), aveva venduto quella imbarcazione piena di problemi a Luigino Pagotto di Olbia. E per distruggerla aveva “inviato” ad Alghero e poi a Bosa (viaggio pagato e compenso già pattuito) Mario Falbo e Dante Attilio Mancuso, cotronesi di 47 e 63 anni.

Pagotto, dopo aver riscontrato gravi problemi nello yacht aveva infatti chiesto al venditore un indennizzo di 300mila euro. Crosera – per niente intenzionato a risarcire – si era rivolto ai Multari affinché “gli risolvessero il problema”. Ad aprile 2015 era stata fissata la perizia dei tecnici del Tribunale ma la notte precedente qualcuno aveva cercato di incendiare lo yacht che aveva riportato danni per 60mila euro. Dalle indagini era emerso che Falbo e Dante Attilio Mancuso avevano viaggiato in aereo da Treviso, erano arrivati ad Alghero e avevano soggiornato in albergo (lo stesso dove era stata registrata la presenza di Crosera). Una delle prove che i due “inviati” della ’ndrangheta avevano eseguito l’ordine di incendiare lo yacht contestato.

A luglio 2017 l’indagine si era sviluppata con intercettazioni e pedinamenti. Si era scoperto che l’obiettivo era ancora quello di distruggere “Terry” che si trovava in un cantiere a Bosa. Le persone incaricate erano Mario Falbo e Radames Mancuso ma era troppo rischioso per via delle telecamere e perché l’imbarcazione era in una postazione difficile da raggiungere. Crosera aveva però già contattato due albanesi ai quali aveva offerto 100mila euro per distruggere l’intero cantiere dove si trovava lo yacht in modo da ostacolare le indagini e rendere nulle le perizie. I due albanesi (poi identificati), però, avevano contattato Pagotto e per 60mila euro gli avevano offerto le registrazioni delle loro conversazioni con Crosera. Del fatto erano stati informati gli inquirenti che così avevano chiuso il cerchio. Il difensore di Pagotto, l’avvocato Daniele Solinas, ha depositato una memoria per chiedere che vengano contestate agli imputati nuovi reati. Richiesta alla quale si è opposto l’avvocato Gianluigi Poddighe (in aula in sostituzione del collega Renato Alberini).

Alla prossima udienza saranno valutate le scelte del rito e l’ammissione di Pagotto come parte civile. (na.co.)

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