«Avrebbe più senso farci chiudere»
I titolari di Apex durante il lockdown si sono ingegnati, ora il mercato si è fermato
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SASSARI. Durante il lockdown, quando anche loro come le altre attività sono stati costretti a tirare giù la serranda di via Luna e Sole, si sono guardati negli occhi e hanno deciso che per salvare l’azienda bisognava diversificare e bisognava farlo in fretta.
Antonello Marongiu e Simone Agus, entrambi sassaresi, hanno dato vita ad “Apex” nel 2007 e la loro azienda negli anni ha cambiato pelle più volte. Oggi si occupa prevalentemente di vendita e fornitura di abbigliamento e calzature sportive, di stampa serigrafica e realizzazione di gadget.
«Durante il locwdown di marzo – raccontano i due imprenditori – abbiamo capito che per il bene della nostra azienda non potevamo stare con le mani in mano. In poco tempo abbiamo creato un negozio virtuale online e su Apex-Shop abbiamo iniziato a vendere quello che la gente cercava in quei giorni: mascherine, gel, guanti, schermi protettivi in plexiglass e abbigliamento da lavoro. Molti dei nostri fornitori avevano riconvertito la produzione su quei prodotti e quindi è stato semplice avere un canale preferenziale e accontentare molti dei nostri clienti, tra cui diverse amministrazioni comunali, a cui ci eravamo proposti».
Con il personale bloccato a casa e la difficoltà a circolare per le strade, a marzo i due imprenditori si sono rimboccati le maniche e si sono trasformati in fattorini per consegnare la merce che veniva recapitata nel loro punto vendita chiuso al pubblico. «Ci siamo salvati in questo modo – raccontano nell’ufficio di via Luna e Sole – ma quello che sta accadendo ora è peggio di quanto abbiamo affrontato in primavera. Ci troviamo con tutti gli sport bloccati – spiegano – e con forniture di materiale per squadre di dilettanti e dei settori giovanili che nessuno viene a ritirare. In questo momento il governo ci dice che possiamo stare aperti ma i nostri prodotti, con le palestre chiuse e le attività sportive ferme, non interessano a nessuno. Questo mese – proseguono Marongiu e Agus – fattureremo il novanta percento in meno dello scorso anno. Per noi, ma pensiamo di poter parlare anche a nome di altri colleghi del settore – concludono – in questo momento avrebbe più senso restare chiusi. Perché essendo formalmente aperti non è previsto che ci spetti nessun tipo di sostegno da parte di uno Stato per il quale paghiamo ogni anno migliaia di euro di tasse». (l.f.)
Antonello Marongiu e Simone Agus, entrambi sassaresi, hanno dato vita ad “Apex” nel 2007 e la loro azienda negli anni ha cambiato pelle più volte. Oggi si occupa prevalentemente di vendita e fornitura di abbigliamento e calzature sportive, di stampa serigrafica e realizzazione di gadget.
«Durante il locwdown di marzo – raccontano i due imprenditori – abbiamo capito che per il bene della nostra azienda non potevamo stare con le mani in mano. In poco tempo abbiamo creato un negozio virtuale online e su Apex-Shop abbiamo iniziato a vendere quello che la gente cercava in quei giorni: mascherine, gel, guanti, schermi protettivi in plexiglass e abbigliamento da lavoro. Molti dei nostri fornitori avevano riconvertito la produzione su quei prodotti e quindi è stato semplice avere un canale preferenziale e accontentare molti dei nostri clienti, tra cui diverse amministrazioni comunali, a cui ci eravamo proposti».
Con il personale bloccato a casa e la difficoltà a circolare per le strade, a marzo i due imprenditori si sono rimboccati le maniche e si sono trasformati in fattorini per consegnare la merce che veniva recapitata nel loro punto vendita chiuso al pubblico. «Ci siamo salvati in questo modo – raccontano nell’ufficio di via Luna e Sole – ma quello che sta accadendo ora è peggio di quanto abbiamo affrontato in primavera. Ci troviamo con tutti gli sport bloccati – spiegano – e con forniture di materiale per squadre di dilettanti e dei settori giovanili che nessuno viene a ritirare. In questo momento il governo ci dice che possiamo stare aperti ma i nostri prodotti, con le palestre chiuse e le attività sportive ferme, non interessano a nessuno. Questo mese – proseguono Marongiu e Agus – fattureremo il novanta percento in meno dello scorso anno. Per noi, ma pensiamo di poter parlare anche a nome di altri colleghi del settore – concludono – in questo momento avrebbe più senso restare chiusi. Perché essendo formalmente aperti non è previsto che ci spetti nessun tipo di sostegno da parte di uno Stato per il quale paghiamo ogni anno migliaia di euro di tasse». (l.f.)