La Nuova Sardegna

Sassari

Sequestro Pinna, in aula il mancato emissario

Sequestro Pinna, in aula il mancato emissario

Al processo-ter la testimonianza di padre Pinuccio Solinas: provò a gestire il contatto con i banditi

26 febbraio 2021
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SASSARI. L’aveva già detto la prima volta, tredici anni fa, che se lui non fosse fuori all’estero il sequestro di Titti Pinna non sarebbe stato così lungo fino a fare rischiare la morte dell’ostaggio.

Padre Pinuccio Solinas, frate francescano di Bonorva, ieri mattina è comparso in aula come testimone nel processo-ter per il sequestro di Titti Pinna e nel quale figura un solo imputato: Francesco Sanna “Fracassu”, 52 anni di Macomer (difeso dall’avvocato Desolina Farris). E ha esordito dicendo di ritenersi «responsabile di quanto accaduto a Titti Pinna». Anche allora il frate aveva sostenuto che la banda di sequestratori aveva atteso il suo rientro a Bonorva per fare scattare il rapimento contando sul suo intervento per chiudere rapidamente la trattativa.

Ieri il religioso ha parlato davanti al procuratore aggiunto della Dda Gilberto Ganassi e alla Corte, presieduta dalla giudice Elena Meloni, a latere Valentina Nuvoli, e ha ripercorso i vari passaggi dal contatto in chiesa fino all’abboccamento con la banda la notte del 26 settembre 2006 (sette giorni dopo il sequestro) al passaggio a livello di Mulargia. Padre Pinuccio ha ricordato quel fugace incontro con i banditi e ha ribadito di non poter riconoscere dalla voce Giovanni Sanna. Quindi di non essere in grado di dire se facesse parte della banda di sequestratori.

L’incontro con uno dei banditi (rimasto nell’ombra) durò una ventina di minuti. Quella notte vennero registrate le targhe delle auto in transito, una in particolare che rimase a lungo nell’’area e fece più volte lo stesso tragitto. Era la sorella di Giovanni Sanna (già condannata, nel frattempo è deceduta). Prima di padre Pinuccio ha testimoniato il tenente colonnello Alfonso Musmeci (allora capitano e comandante del Ros di Nuoro): l’ufficiale, punto di riferimento per la famiglia del rapito, ha ricostruito tutte le fasi dal prelievo dell’ostaggio all’allarme con l’avvio del Piano antisequestri fino al giorno in cui Titti riuscì a scappare e indicò - proprio a lui - con un cenno della mano l’ovile di Salvatore Atzas. L’incontro con il frate francescano, gli appelli della famiglia e del Papa, le prove in vita (almeno tre: una mai arrivata, la seconda consegnata in uno studio legale a Sassari e la terza trovata nella “prigione” a Sedilo). Infine i due componenti della sezione Criminalità organizzata e Antisequestri della squadra mobile della questura di Sassari, guidati dal sostituto commissario Piergiuseppe Foddai. Quelli che eseguirono i controlli la notte del 26 settembre a Mulargia e che identificarono le persone presenti. La difesa di Giovanni Sanna ha prodotto verbali di Sommarie informazioni testimoniali con le dichiarazioni della compagna di “Fracassu” la quale aveva riferito che la sera del sequestro l’imputato era a casa sua. (g.baz.)

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