«Sassari, città proibitiva per le disabilità»
A lanciare l’allarme è l’associazione di volontariato Uildm, Francesca Arcadu: «Marciapiedi alti e semafori senza segnali acustici»
Sassari «Siamo nella città dell’uomo vitruviano», ma non è un vanto: è un limite. Perché nei fatti «quasi nessuno rientra in quei canoni perfetti». Questa è l’immagine che sceglie la sezione sassarese dell’Unione italiana Lotta alla distrofia muscolare (Uildm) per parlare di «cultura della disabilità» nel mondo giovanile. Ha lanciato un concorso rivolto alle scuole che si svilupperà nei prossimi mesi. Ma prima di tutto lancia l’allarme: «Sassari non è una città vivibile e accessibile per persone con disabilità».
Casi virtuosi e no La voce è quella di Francesca Arcadu, giornalista, esperta di diritti civili e in questo caso vicepresidente della sezione sassarese di Uildm. La risposta a una proposta di mappatura delle aree con più barriere architettoniche è emblematica: «Si fa prima a indicare i casi virtuosi – sostiene Arcadu –. E penso all’intero percorso della pista ciclabile, lungo il quale sono stati eliminati i gradini per gli attraversamenti, oppure alle recenti zone 30 in cui sono stati curati i percorsi». Male, molto male, al centro di Sassari. Non si discute di massimi sistemi, ma dell’uscita con amici a mangiare una pizza o il pomeriggio di shopping tra le vetrine. «Purtroppo attività così semplici diventano un percorso a ostacoli per le strade. E l’accesso stesso ai locali pubblici o ai luoghi di svago è un problema. Il punto è che, quando viene fatto notare, la risposta più comune è: “Non ci avevo proprio pensato”». Con tutta l’ingenuità del caso. Perché, e su questo preme l’Unione Lotta alla distrofia muscolare, manca una cultura che guardi alla sensibilizzazione e prima ancora la conoscenza delle disabilità di vario tipo.
«Sassari proibitiva» Marciapiedi alti, interruzioni tra un marciapiede e l’altro con tanto di gradini, pali della luce, pochissimi scivoli fuori dalle porte delle attività commerciali; e ancora, una delle lacune più evidenti: non esistono semafori con segnali acustici per consentire l’attraversamento alle persone non vedenti. Roba che altrove è ormai prassi. «Manca il riconoscimento dell’individuo con disabilità come soggetto attivo della società», è la risposta che si dà Francesca Arcadu riflettendo ad alta voce. Piccole grandi mancanze che rendono Sassari ancora una «città proibitiva». Il contributo di associazioni come la Uildm diventa quindi quello di cerchiare in rosso tutto quello che non c’è ma è facilmente rimediabile con piccoli investimenti. Pubblici e privati. L’appello si rivolge infatti «ai progettisti di attività come negozi, bar e ristoranti, oltre che alle amministrazioni». Per pensare i luoghi inglobando finalmente l’accessibilità alle diverse forme di disabilità sensoriale, intellettiva e motoria.
Cultura giovanile Uno poi dice: riponiamo la speranza nelle nuove generazioni. Ma in questo caso il campanello d’allarme arriva proprio dai più giovani. Lo spiega Arcadu, che ha partecipato nei giorni scorsi a un incontro formativo al polo tecnico Devilla, coordinato da Gigliola Serra, presidente della sezione sassarese dell’Unione. «Durante questa occasione – racconta – è emerso come molti ragazzi e molte ragazze non conoscano realmente la disabilità se non per esperienze personali. E quindi c’è un certo timore perché viene associata al senso di disagio, sfortuna, inferiorità, probabilmente esiste un vuoto di conoscenza a cui si sostituisce il pregiudizio». Proprio basato su questo «vuoto», è nato un premio per gli studenti del polo Devilla e del liceo scientifico Spano intitolato “La cultura della disabilità nel mondo giovanile”, ideato da Tore Sfodello, socio ed ex professore, insieme a Francesca Cottoni e Maria Ruiu, volontarie della associazione organizzatrice.