La Nuova Sardegna

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Froome è il re del Tour trionfo-bis in tre anni Nibali chiude quarto

Il britannico di Sky aveva già vinto la maglia gialla nel 2013 Ha preceduto sul podio Nairo Quintana e Alejandro Valverde

27 luglio 2015
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PARIGI. Anche a Parigi, Chris Froome è stato baciato dalla Dea Bendata. Lo stesso era già avvenuto nelle prime tappe, quando il vento aveva giocato brutti scherzi ai suoi rivali, scavando fra chi ambiva alla maglia gialla e il britannico distacchi disarmanti, allarmanti, ma indicativi. Fra incidenti meccanici, scivolate e bizze di Eolo, Quintana, Nibali e Contador si erano eliminati a vicenda, lanciando Froome verso il secondo trionfo parigino, dopo quello del 2013. Il resto lo aveva fatto lo stesso alfiere Sky, tramortendo la concorrenza con l'ormai famosa “frullata” e mettendo le mani sulla corsa. Ieri la pioggia ha suggerito all'organizzazione di neutralizzare i tempi, per il rischio concreto di cadute: regolamento chiaro e tempi congelati al primo passaggio sul traguardo. Froome ha vinto, ma alla fine il solo Alberto Contador sembra essere uscito sconfitto da questo Tour; gli altri due “moschettier”, Quintana e Nibali, possono ritenersi “solo” battuti. La differenza sta nel fatto che lo spagnolo ha chiuso senza successi, e giù dal podio (non aveva vinto alcuna tappa anche al Giro d'Italia, che si era pure meritato), mentre il colombiano ha provato fino all'ultimo metro di salita a prendersi la maglia gialla. Non c'è riuscito per poco più di un minuto e grazie ai compagni di Froome. A Nibali va il merito di avere dato battaglia sul pavè e di essersi aggiudicato alla grande - con un attacco d'altri tempi, ossia da lontano - la tappa più bella della Grande boucle, a La Toussuire. Senza l'impresa dell'indomabile “Squalo dello Stretto”, l'Italia del ciclismo se ne sarebbe tornata a casa a mani vuote. Invece, Nibali ha sfiorato il clamoroso recupero, fermandosi sul gradino sotto il podio. Un bravo ai francesini Thibault Pinot, protagonista di una grande impresa sull'Alpe d'Huez, in una tappa che - come egli stesso ha ammesso - vale una carriera. Stesso discorso per Romain Bardet, autore di un'altra impresa-monstre, ma a Saint-Jean de Maurienne. Peter Sagan si è iscritto nel lungo elenco degli eterni secondi, entrando in tutte le fughe e quasi sempre nella top five della tappa, senza però riuscire mai a precedere il gruppo: si consola con la maglia verde.

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