La Nuova Sardegna

“Life Under Griffon Wings”: la nuova vita dell’avvoltoio

di Roberto Sanna
“Life Under Griffon Wings”: la nuova vita dell’avvoltoio

Un progetto europeo per il maestoso volatile che ancora resiste nella costa occidentale

03 giugno 2017
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Volano maestosi sulla costa tra Bosa e Alghero, veleggiano per ore alla ricerca di cibo sulla spinta delle calde correnti ascensionali. L’ultima colonia sarda di grifoni resiste impavida a una decimazione che vede resistere sul territorio isolano, un tempo florido habitat di questi spettacolari animali, poco più di cento esemplari. Troppo pochi, tanto da essere considerati ad alto rischio di estinzione. In loro soccorso, dal 2015, arriva il progetto “Life Under Griffon Wings” finanziato dalla Comunità europea con un milione e settecentomila euro e attuato in sinergia da un team composto dall’Università di Sassari (dipartimento di medicina veterinaria), dall’Agenzia forestas, dal Comune di Bosa e dal Corpo forestale sardo. L’obiettivo è ripopolare un’area compresa tra il Bosano, Campeda, Porto Conte e Porto Ferro. Mettendo a punto la lezione dei tanti fallimenti registrati negli scorsi decenni dopo l’allarme estinzione lanciato dal Wwf alla fine degli anni Settanta. Si ricomincia con un folto gruppo di grifoni (adesso sono quaranta) fatti arrivare dalla Spagna e con un percorso inverso rispetto a quelli precedenti: prima di tutto si ricreano le condizioni per la sopravvivenza e la riproduzione della popolazione attuale. E poi si immettono nel territorio nuovi rinforzi.

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Operatori ecologici. Da sempre gli avvoltoi sono considerati i grandi “spazzini delle campagne”, capaci di ripulire i terreni dalle carcasse degli animali. Ognuno con la sua peculiarità: il grifone si ciba dei muscoli, il gipeto preferisce le ossa, l’avvoltoio monaco pensa ai tendini. Un sistema perfetto anche per completare il ciclo della natura, nel quale tutto viene riassorbito dall’ambiente. Un tempo la Sardegna, grazie alla sua posizione geografica al centro delle varie correnti migratorie, era uno dei territori preferiti i e ospitava tutte e tre le specie. Adesso è rimasto solo il grifone, dopo decenni nei quali l’habitat è stato rivoluzionato dall’avanzata dell’uomo negli spazi un tempo regno esclusivo delle spedcie animali e anche dalla costante abitudine di utilizzare il veleno nella eterna lotta tra gli operatori delle campagne e la fauna selvatica. Bocconi avvelenati e carcasse di animali uccisi dal veleno hanno implacabilmente decimato la colonia degli avvoltoi, costretti poi a fuggire da un territorio rivoluzionato dagli usi civici e anche dallo sfruttamento selvaggio delle coste. Sparito completamente dal Supramonte di Oliena, il grifone veleggia attualmente solo sui promontori della costa occidentale. Chi riesce a vederlo resta folgorato dalla sua maestosità, dall’apertura alare di quasi tre metri e dalle spirali che compie quando, individuato il cibo, lo segnala al gruppo.

I carnai aziendali. La grande novità del progetto sta proprio nel raccordo col territorio e principalmente con gli allevatori per mettere a disposizione dei grifoni cibo abbondante e soprattutto controllato. In Sardegna esistono già due stazioni di alimentazione gestite dall’Agenzia Forestas a Porto Conte, nel parco di Prigionette, e a Monte Minerva. Lo “step” successivo è quello di promuovere l’alleanza con le aziende nell’entroterra di Bosa e a Campeda. Un progetto all’avanguardia in Italia, dove fino al 2014 si è lavorato per compartimenti stagni. Adesso le politiche ambientali e quelle sanitarie finalmente si intrecciano. Tecnicamente, i carnai aziendali non sono altro che recinti elettrificati all’interno dei quali vengono sistemate le carcasse. Quello che conta è però il percorso precedente, che vede le aziende collaborare con l’autorità sanitaria che verificherà la corrispondenza a tutta una serie di requisiti previsti dalla normativa. I siti verranno monitorati per controllare le carcasse conferite, il numero degli avvoltoi e la salubrità delle carcasse, in collaborazione con l’Istituto zooprofilattico di Sassari. Sono già tre quelli attivati e l’obiettivo è arrivare a quaranta.

I nuclei cinofili. L’altro passaggio è quello di limitare i danni dei bocconi avvelenati. Parlando con gli allevatori e adesso anche col contributo diretto Corpo forestale della Sardegna, che ha costituito uno speciale nucleo cinofilo antiveleno. I bocconi avvelenati, per quanto illegali, restano purtroppo una delle principali armi utilizzate dagli allevatori nella lotta contro cinghiali, volpi e cani randagi. I regolamenti europei proibiscono l’utilizzo dei veleni, che però si possono facilmente trovare in commercio perché contenuti nei prodotti utilizzati in agricoltura come i pesticidi e gli erbicidi. . Proprio i bocconi avvelenati hanno causato, nel 2008, la morte dei tre gipeti che erano stati liberati nel Supramonte. E negli ultimi vent’anni in Sardegna, per la stessa causa, sono morti almeno quaranta grifoni.

Arrivano i rinforzi. I quaranta grifoni arrivati dalla Spagna stanno completando il protocollo di ambientamento. Le condizioni del territorio stanno migliorando e probabilmente anche la colonia già esistente sta traendo giovamento da questo progetto. Tra la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno i nuovi arrivati potrebbero essere liberati e a quel punto si aprirà una fase cruciale. Anche perché la riproduzione del grifone è piuttosto delicata: un solo uovo per stagione, un periodo di cova che va da gennaio ad agosto e una percentuale standard di conclusione a buon fine dello 0,6, in pratica uno su due. «L’obiettivo è passare dallo stato di “forte rischio di estinzione” a quello di “rischio di estinzione” – dice il project-manager Andrea Rotta – . L’ideale sarebbe arrivare a ricreare le condizioni per reintrodurre anche il gipeto e l’avvoltoio monaco e ricostruire quella che è una catena di smaltimento perfetta. Sui tempi non è possibile pronunciarsi, la risposta la dà la natura». Sgombriamo anche il campo da un equivoco: i grifoni spagnoli non porteranno alla contaminazione della specie semplicemente perché «non esiste un grifone sardo – spiega Fiammetta Berlinguer, ricercatrice universitaria e responsabile scientifica del progetto–. Si tratta di una specie migratoria con individui che si muovono fino al Nord Africa passando per Gibilterra e poi arrivano ai Balcani. Sarebbe come sostenere che noi sardi siamo una specie diversa dagli spagnoli, insomma. Di sicuro la nostra può riprendere un ruolo importante negli spostamenti di queste specie».

Ecoturismo a due facce. L’altro aspetto da esaminare è quello del turismo, anzi dell’ecoturismo. Può essere una risorsa importante per la Sardegna ma bisogna attuarlo nei modi giusti. Non a caso il progetto sta cercando di formare un fronte comune. Fotografi, escursionisti e appassionati possono mettere a rischio, anche in buona fede, la riproduzione violando nidi o disturbando la cova: qualsiasi disturbo può provocare la perdita dell’unico uovo. Sono previste campagne informative, una nuova segnaletica e anche un codice etico da stendere insieme ai fotografi naturalisti. Con l’obiettivo comune di conferire al grifone, finalmente, lo status di “bene prioritario”.

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