La Nuova Sardegna

GLI STUDENTI DEL LICEO Artistico 

«Bello, peccato che si vedano poco la nostra città e la Gallura»

di Giuseppe Pulina
«Bello, peccato che si vedano poco la nostra città e la Gallura»

TEMPIO. Tra i primi ad assistere alla proiezione del “Principe libero” era giusto che ci fossero proprio gli studenti del liceo a lui intitolato. Per tutti loro il Fabrizio De André interpretato da...

24 gennaio 2018
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TEMPIO. Tra i primi ad assistere alla proiezione del “Principe libero” era giusto che ci fossero proprio gli studenti del liceo a lui intitolato. Per tutti loro il Fabrizio De André interpretato da Luca Marinelli corrisponde all’idea di quel Faber di cui hanno sentito tanto parlare.

Con piacere hanno ritrovato nel film la loro canzone preferita. Per Davide Accogli è “Il pescatore”; per Angelo Gavini la migliore rimane invece “La guerra di Piero”. Prova a mettere tutti d’accordo Mattia Forteleoni: «è pressoché impossibile scegliere – dice, rivolgendosi agli amici – perché ogni canzone è una storia a sé e ogni canzone è un pezzo della vita dell’artista che si racconta». Gli studenti dell’Artistico che hanno assistito all’anteprima del “Principe libero” anagraficamente sono millennials, hanno conosciuto De André grazie ai racconti di nonni e genitori. «Mio nonno – racconta Stefania Mossa – lo conosceva bene. De André andava a trovarlo alla casa al mare, a San Teodoro, e so che trascorrevano il tempo insieme, fumando e bevendo». Eccolo qui il De André che un po’ tutti riconoscono: l’artista semplice, che si confonde tra la gente, che ama essere “gente”. Tra le storie del film ce n’è una che, secondo Giovanni Frau, riassume in pieno l’umanità dell’artista: è il rapporto con il padre Giuseppe. «Per lui era quasi un blocco, ma poi capisce il figlio e gli restituisce la libertà che gli spetta regalandogli una chitarra». Un dono più che simbolico, perché è l’atto di un padre che accetta alla fine la scelta di vita del figlio. Quello che si vede forse meno – e gli studenti lo notano – è il Fabrizio De André padre. Per raccontarlo potrebbe volerci un sequel. Se fosse per loro, nel film andrebbero poi inserite anche altre scene. «Tempio – dichiarano Arianna Palmieri e Chiara Conti – è poco presente e nei paesaggi domina la campagna». Sono in tanti a pensarla così, e tra questi Gaia Angius: «Chi guarda il film – dice – può confondere Tempio con qualsiasi centro della Sardegna». Il punto è che avrebbero voluto che il film dedicasse qualche scena in più al De André gallurese. Di certo, a Faber non sarebbe dispiaciuto il loro spirito critico, così come avrebbe gradito la presenza dei tanti giovani migranti che, ospiti del liceo artistico, hanno potuto vedere il film, scoprendo un pezzo di Sardegna a loro sconosciuto.

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