Il racconto sulle miniere sarde star al Prix-Italia
Il prestigioso riconoscimento a “Il Sottosopra” di Stazi e Casu radio documentario sul Sulcis-Iglesiente
29 settembre 2018
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CAGLIARI. “Il Sottosopra”, viaggio sonoro nelle miniere della Sardegna di Gianluca Stazi e Giuseppe Casu in collaborazione con i minatori del Sulcis-Iglesiente, trasmesso dal programma “Tre Soldi” di Rai 3, si è aggiudicato il prestigioso Prix Italia nella categoria Radio Documentary e Reportage.
«Un brano radiofonico quasi scolpito con un uso radicale degli effetti e di voci solitamente inascoltate – recita la motivazione della giuria –. L’ascoltatore si sente calamitato dalla luce all’oscurità di una miniera e in uno stallo esplosivo. Un’osservazione eloquente, persino un microcosmo di un mondo in mutazione, di una bellezza dissotterrata, di un’evocazione e di un passato di cameratismo, che echeggia gli spazi vuoti rimasti tra le montagne». La Rai non vinceva questo prestigioso premio da dieci anni (l’ultima è stata con “Musica nascosta”, sempre Rai Radio3, di Tadini-Scarpa) e nella categoria Documentari (che nelle ultime edizioni ha cambiato nome e natura) almeno dal 1964 - secondo altri dal 1958 (quando vinse Clausura di Sergio Zavoli). «È una vittoria che naturalmente ci rende orgogliosi perché da molti anni la Rai non vinceva in questa categoria – commenta il direttore di Rai Radio3 Marino Sinibaldi –. Invece da qualche tempo abbiamo pensato a nuove forme di racconto della realtà, a nuovi linguaggi che, come in questo caso, riuscissero a restituire tutta la profondità di un mondo. In questo caso il mondo è quello del lavoro in un luogo come quello delle miniere sarde dove quel lavoro è quasi scomparso. Ma non restano solo le macerie, come non resta solo la disoccupazione. Quello che qui viene raccontato è anzitutto un intreccio di sentimenti come l’orgoglio, la memoria, la perdita, la dignità, di luoghi come i villaggi, i pozzi, le gallerie, di parole perdute e oggi ritrovate. Solo ricorrendo a queste diverse dimensioni si può raccontare oggi una realtà complessa come quella del lavoro e delle sue trasformazioni». «Siamo felici – conclude- che la giuria abbia riconosciuto la densità e il valore di questo impegno. Questo premio ci spinge a proseguire sul terreno dei documentari e dei reportage che hanno una grande tradizione radiofonica ma, nell’omologazione che incombe sui mezzi di comunicazione, sembravamo sul punto di scomparire».
«Un brano radiofonico quasi scolpito con un uso radicale degli effetti e di voci solitamente inascoltate – recita la motivazione della giuria –. L’ascoltatore si sente calamitato dalla luce all’oscurità di una miniera e in uno stallo esplosivo. Un’osservazione eloquente, persino un microcosmo di un mondo in mutazione, di una bellezza dissotterrata, di un’evocazione e di un passato di cameratismo, che echeggia gli spazi vuoti rimasti tra le montagne». La Rai non vinceva questo prestigioso premio da dieci anni (l’ultima è stata con “Musica nascosta”, sempre Rai Radio3, di Tadini-Scarpa) e nella categoria Documentari (che nelle ultime edizioni ha cambiato nome e natura) almeno dal 1964 - secondo altri dal 1958 (quando vinse Clausura di Sergio Zavoli). «È una vittoria che naturalmente ci rende orgogliosi perché da molti anni la Rai non vinceva in questa categoria – commenta il direttore di Rai Radio3 Marino Sinibaldi –. Invece da qualche tempo abbiamo pensato a nuove forme di racconto della realtà, a nuovi linguaggi che, come in questo caso, riuscissero a restituire tutta la profondità di un mondo. In questo caso il mondo è quello del lavoro in un luogo come quello delle miniere sarde dove quel lavoro è quasi scomparso. Ma non restano solo le macerie, come non resta solo la disoccupazione. Quello che qui viene raccontato è anzitutto un intreccio di sentimenti come l’orgoglio, la memoria, la perdita, la dignità, di luoghi come i villaggi, i pozzi, le gallerie, di parole perdute e oggi ritrovate. Solo ricorrendo a queste diverse dimensioni si può raccontare oggi una realtà complessa come quella del lavoro e delle sue trasformazioni». «Siamo felici – conclude- che la giuria abbia riconosciuto la densità e il valore di questo impegno. Questo premio ci spinge a proseguire sul terreno dei documentari e dei reportage che hanno una grande tradizione radiofonica ma, nell’omologazione che incombe sui mezzi di comunicazione, sembravamo sul punto di scomparire».