La Nuova Sardegna

Cossiga scrive a Segni: «Caro professore la devo rimproverare»

di PASQUALE CHESSA
Cossiga scrive a Segni: «Caro professore la devo rimproverare»

In edicola per la nuova serie della collana “Storia di Sardegna” la biografia inedita dell’ex presidente della Repubblica

25 ottobre 2019
5 MINUTI DI LETTURA





«Caro professore...»: c’è qualcosa di più della consuetudine universitaria, nella formula epistolare usata dall’intraprendente giovane della politica regionale Francesco Cossiga, per rivolgersi al grande vecchio della politica nazionale Antonio Segni. Il piccolo epistolario, riemerso durante la catalogazione dell’Archivio Cossiga in corso alla Camera dei deputati, (sarà presentato agli studiosi nei prossimi mesi) consente di ricostruire con uno sguardo inedito un passaggio cruciale della storia della politica italiana che a Sassari ha avuto il suo epicentro. Visto da vicino il rapporto fra Cossiga e Segni, al di là delle formule di rispetto, ci appare subito improntato da una consuetudine famigliare che rimanda alla sua amicizia con Celestino Segni, il primo figlio, anche lui schierato con i giovani democristiani della politica sassarese. Non solo colpisce la franchezza e il tono perentorio, ma anche la capacità di analisi politica di Cossiga, la sua percezione dei processi di governo che da Sassari lo porteranno presto a Roma. Con Segni, già nel 1956, discute alla pari.

SITUAZIONE GRAVE. «Carissimo professore, prima di venirle a parlare di persona ho voluto che Le giungesse questa mia in modo che Ella abbia il modo ed il tempo di pensare alla grave situazione che io gli prospetterò ed in cui un suo definitivo intervento è non solo indispensabile per il Partito ma è moralmente indeclinabile da parte sua». Cossiga ha già 28 anni. Da cinque ha cominciato a insegnare all’Università. Da due mesi è segretario della Dc a Sassari, dopo la presa del potere dei “Giovani Turchi, (come gli ufficiali di Ankara che modernizzarono la Turchia fra il 1908 e il 1909) che sono riusciti a spodestare il notabilato di partito che fa capo a un parente di primo grado di Segni, «il cugino» nomignolo affibbiato dalla cionfra sassarese al potentissimo Nino Campus, presidente della Provincia e consigliere della Regione. Sarebbe sbagliato pensare che si sia trattato di un episodio di storia locale. Segni in quel momento era Presidente del Consiglio e le manovre sassaresi avevano un riflesso immediato sulla politica nazionale.

FANFANI E RUMOR. «Ma insomma, caro professore, lei sa cosa si dice di suo cugino? Lei sa degli appartamenti e delle cambiali, del Cuga (...) Sa cosa pensano di suo cugino Fanfani, Rumor, Campilli, Pescatore? Sa che, oltre alle informazioni chiestemi dalla direzione centrale, proprio l’altro giorno Rumor ha con me riportato in ballo la questione della sua debolezza nei confronti di Campus? (...) Per noi è giunto il momento, per motivi morali insuperabili e per motivi politici, che Nino Campus esca dalla scena politica, prima che succeda il peggio, che d’altronde è già minacciato (...) Tutto si è svolto secondo il desiderio della Direzione e suo personale, per disciplina e per non creare pasticci a Lei».

SS ITALIANE. La catilinaria di Cossiga ha in serbo un altro colpo, a questo punto, che porta un nome dimenticato, Salvatore Piras, insigne giurista come testimonia un suo busto all’Università di Sassari, che proprio in quei giorni aveva dovuto rinunciare alla sua candidatura alla presidenza della Provincia. Un malizioso volantinaggio aveva infatti rivelato la sua militanza fra le SS italiane. «Mi duole assai doverle personalmente rimproverare di non aver, quanto noi e forse per la sua età e la sua esperienza, considerato a tempo debito la posizione di Piras; debbo ricordarle che Ella me lo indicò come sindaco ».

STRATEGIE. Nella mutevolezza della storia politica italiana, la continua elaborazione di strategie per l’elezione del presidente della Repubblica è una costante che produce storia. Non è così azzardato pensare che al principio degli anni Sessanta le strategie silenti per la corsa al Quirinale comincino a manifestarsi condizionando la storia del tempo. Il mandato presidenziale di Giovanni Gronchi scade nel maggio del 1962. È in questa prospettiva che vanno lette le lettere di Cossiga a Segni nel 1961. Il 10 maggio fin dall’incipit ironizza sul regime «granducale» instaurato dal presidente in carica, (Gronchi è toscano di Pisa), «il nostro amato presidente» (scritto con la minuscola mentre di solito la prosa di Cossiga è funestata dalle maiuscole).

INCARICHI. «Fanfani continua a non dar corso alle richieste della Segreteria del Partito in materia di incarichi, e non certo per scrupoli moralistici. (...) Comunque Moro sembra assai desideroso della nostra solidarietà. Preti, messo al corrente delle voci di una offerta della candidatura presidenziale a Saragat da parte di Fanfani, in un colloquio avuto con questi, lo ha ringraziato; ma il Fanfani gli ha risposto che nulla egli aveva offerto a Saragat. Dato che invece non credo si possano avere dubbi in proposito sulla base delle informazioni di altri socialdemocratici – ciò significa che il nostro vuol tenersi “libero e a disposizione”. Dall’amico Gullotti sono stato informato che in base a precise notizie in suo possesso i tambroniani stanno cercando di prendere contatti con Nenni, per concordare un’azione di appoggio al Presidente pisano in sede di elezioni presidenziali».

MOTO OSCILLATORIO. Convinto del moto oscillatorio, fra destra e sinistra che ha sempre governato la fisiologia del potere dentro la Dc, pensa che Segni possa rappresentare, per il progetto di Moro, un preventivo bilanciamento a destra della Dc. In una lettera del 10 giugno infatti insiste. «Le segnalo la netta tendenza di Moro e dei suoi a superare -mi sembra sinceramente- le eventuali incomprensioni con lei e il desiderio di tener con noi maggiori rapporti. Attendiamo un suo comizio fatto insieme a Moro: penso che sarà un grande avvenimento anche di politica nazionale.

OBIETTIVI CENTRATI. Sognata o studiata, la strategia del giovane deputato di Sassari ha centrato i suoi obbiettivi. Si racconta che Cossiga sia svenuto quando si arrivò, verso la mezzanotte, al voto che fece di Antonio Segni il quarto presidente della Repubblica. Saragat è lo sconfitto. Gronchi non ha nemmeno partecipato. Un anno dopo, alla fine del 1963, Aldo Moro, con il leader Psi Pietro Nenni vice, dà vita al primo governo “organico” di centro-sinistra insieme al Partito socialista. Tre anni dopo ne avrebbe fatto parte anche Cossiga.

In Primo Piano

VIDEO

Il sindaco di Sassari Nanni Campus: «23 anni fa ho sbagliato clamorosamente. Il 25 aprile è la festa di tutti, della pace e della libertà»

L’intervista

L’antifascismo delle donne, la docente di Storia Valeria Deplano: «In 70mila contro l’oppressione»

di Massimo Sechi
Le nostre iniziative