La Nuova Sardegna

Sgarbi porta la collezione De Montis al Mart di Rovereto: arte in viaggio dalla Sardegna al Trentino

di Paolo Curreli
"I naufraghi" di Cagnaccio di San Pietro, artista veneto messo in dialogo con i pittori sardi
"I naufraghi" di Cagnaccio di San Pietro, artista veneto messo in dialogo con i pittori sardi

Biasi, Tavolara, Edina Altara... gli artisti sardi del realismo magico incontrano i loro contemporanei del Nord-est

21 gennaio 2020
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Un scrigno di tesori che racconta la Sardegna e un dialogo vis-à-vis con opere di artisti che, come i sardi loro contemporanei, avevano un legame fortissimo con la loro terra: da un’idea di Vittorio Sgarbi, a cura di Beatrice Avanzi e in collaborazione con la Fondazione Pio Alferano e Virginia Ippolito, il Mart di Rovereto presenta “Il Realismo Magico nell’Arte Sarda. La Collezione De Montis” fino al 13 aprile nel centro storico di Cavalese, al Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme, una selezione della più importante raccolta di arte sarda del ’900.

In mostra opere e oggetti provenienti dalla collezione privata del professor Stefano De Montis. Un patrimonio di dipinti, sculture, tessuti, argenti e prodotti dell’artigianato sardo giustapposte alle opere delle collezioni del Mart. La mostra si propone di proseguire l’indagine sulle diverse identità territoriali nell’arte creando un dialogo tra Regioni a Statuto Speciale, rivelando al pubblico i maggiori artisti sardi del XX secolo.

«Questa collezione creata negli anni da Stefano e Anna Pia De Montis, è un patrimonio davvero imprescindibile per capire cosa siano stati l’arte e l’artigianato sardo nel corso del secolo fondamentale che sancisce l’ingresso dell’Isola nella modernità: il Novecento – dice Vittorio Sgarbi, presidente del Mart –. Questa raccolta mi ha aperto le porte di un universo espressivo bello quanto misconosciuto al di fuori dei confini regionali. Di questo ringrazio Stefano e Anna Pia De Montis».

In mostra nomi di primo piano del ’900 isolano, così descritti da Sgarbi: «Ci sono i lavori della “vamp” Edina Altara e quelli in tessuto di eterne bambine come le sorelle Coroneo, il colorismo crepitante di Antonio Ballero come quello più controllato di Giovanni Ciusa Romagna e Mario Delitala, l’accademismo popolareggiante di Filippo Figari e il mondo rurale di Carmelo Floris, alcune tracce dell’originale avventura post-cubista di Mauro Manca, il più interessato alle vie più aggiornate dell’arte – sottolinea il critico –. Davvero interessante l’inesauribile poliedricità Deco, fra pittura, ceramica e illustrazione, dei fratelli bosani Melkiorre, Federico e Pino Melis, la compostezza atona di Bernardino Palazzi, il talento plastico, stroncato anzitempo dalla guerra, di Salvatore Fancello, capace di continuare quello lampante e assoluto di Francesco Ciusa, il genio internazionale di Costantino Nivola che seppe tradurre miti e archetipi sardi nella modernità, i percorsi a ricamo, fra memoria, magia e sogno, di Maria Lai, i pupazzi di Eugenio Tavolara che non sono da meno delle coeve creazioni di Depero, solo per dire di alcuni artisti. E poi l’attrattiva irresistibile di costumi, gioielli, cesti, tessuti e ceramiche».

Una straordinaria testimonianza dell’identità culturale sarda messa in dialogo con opere come “I naufraghi”, dipinto del 1934 di una personalità originale e interessante del realismo magico del ’900: Cagnaccio di San Pietro, artista legatissimo, a San Pietro in Volta, una piccola isola di pescatori dell’estuario veneziano i suoi celebri “Martellatori”. Mentre i pupazzi in legno di Fortunato Depero danno vita a un colloquio con quelli di Eugenio Tavolara.
 

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