Giampaolo Morelli e il suo show «Sul palco svelo un po’ di me»
L'attore napoletano in tour a San Gavino e Alghero. E su Coliandro: «Ho capito subito che era il mio ruolo»
Giampaolo Morelli si racconta. Lo farà sul palco, mercoledì a San Gavino e il giorno dopo ad Alghero, con il suo spettacolo, “Scomode verità e 3 storie vere”, che porta in Sardegna sotto le insegne del Cedac. Ma si racconta anche in questa intervista che ovviamente parte dallo spettacolo, in cui sarà insieme al pianista Sergio Colicchio, ma che attraversa tutta la sua carriera, fino al ruolo dell’ispettore Coliandro con cui ha conquistato la platea televisiva.
Morelli, quali sono queste scomode verità?
«Sul palco sfatiamo tanti piccoli luoghi comuni, prendiamo coscienza di tante cose in chiave leggera. Cose che pungolano la nostra esistenza, piccole riflessioni che non sempre finiscono bene. Ecco, accettare queste cose ci fa stare un po’ scomodi».
E le storie vere?
«Sono tre. Una riguarda la mia adolescenza, una la giovinezza intorno ai 20 anni, la terza più recente. Storie che non voglio anticipare ma che racconterò in maniera ironica».
Uno spettacolo che farà ridere e riflettere. Può essere considerato un ritorno agli esordi?
«Sì, è una sorta di ritorno agli inizi ma in maniera più matura, al cabaret degli esordi a Napoli dove però l’intenzione era meno riflessiva e più comica. Io ho iniziato nelle birrerie, nei pub. Ho fatto la vera gavetta. Cosa che mi ha permesso di fare qualche soldo e trasferirmi a Roma per fare seriamente l’attore. Ma tutto è partito lì, dai locali».
Quanta voglia di leggerezza c’è in questo momento?
«Sicuramente c’è voglia di ritorno agli spettacoli dal vivo. Il cinema italiano è in una fase di sofferenza. Non parlo del cinema in sé, le piattaforme vanno forte, ma della sala. Oggi c’è molta voglia di contatto, anche di conoscere. Ed è anche per quello che metto in scena queste storie vere: per farmi conoscere di più dal pubblico e sentirci più vicini. Magari qualcuno può riconoscersi nelle mie storie e pensare: “quello è capitato anche a me”».
Cosa è stato per lei Carlo Vanzina?
«Carlo è stato l’inizio di tutto, il sogno che si avvera. Con lui ho fatto la prima serie, “Anni ’60”, e il primo film, “South Kensington”. È stato un regista importante, con grande fiuto sugli attori: difficilmente chi ha iniziato con lui non ha sfondato. Io devo a lui il mio debutto. Ero un ragazzo che si era trasferito a Roma quando all’improvviso arrivò questo primo ruolo da protagonista. Carlo ha dato il via alla mia carriera e non lo potrò mai dimenticare».
Coliandro è la svolta: il primo incontro con l’ispettore?
«Avvenne tutto in maniera fortuita, e anche fortunata. Stavo girando un videoclip di un cantante mai più sentito con i Manetti Bros, che mi avevano chiamato perché all’ultimo un altro attore era saltato. Guarda caso, proprio in quei giorni arrivò loro la proposta di questo film per la tv su Coliandro. E loro incredibilmente mi proposero di fare il protagonista. Anche il provino fu un non provino, perché erano già sicuri di volere me. Poi convinsero la Rai a prendermi. E da lì è partito tutto. A quel punto presi in mano il libro di Carlo Lucarelli e rimasi colpito, affascinato da questo ispettore. Quest’incontro tra l’attore e il personaggio era un’occasione che non si poteva perdere».
La Rai vuole la serie, poi la parcheggia per due anni e infine la fa partire il 1 agosto. E nonostante ciò ne sono state fatte otto stagioni.
«E anche nel mezzo è rimasto bloccato per qualche anno. Diciamo che Coliandro ha avuto una vita travagliata».
Ci sarà una nona stagione?
«Ancora non si sa. Gliel’ho detto, Coliandro ha una vita travagliata».
Marco Giallini ha protestato per lo spostamento di Rocco Schiavone da Rai 2 a Rai 1. Coliandro come la prenderebbe?
«Non so bene perché Marco abbia preso quella posizione, ma sicuramente Schiavone ha un linguaggio che potrebbe andare su Rai 1. A Coliandro non sarebbe proprio concesso. Noi siamo stati i primi a usare un linguaggio, da strada, scorretto. Un passaggio su Rai 1 sarebbe inconcepibile. Sarebbe un segno della croce a ogni battuta».
Tanti film e serie, ma anche due romanzi da cui ha tratto il suo primo lavoro da regista, “7 ore per farti innamorare”. Quando scrive pensa già al film che dirigerà e interpreterà?
«Avevo scritto il romanzo pensando a un film, era una sorta di sceneggiatura. Ma mai avrei pensato di dirigerlo io e che sarebbe stato il mio primo da regista».
Il prossimo film da regista sarà “Falla girare”.
«Parla di un mondo in cui non esiste più la marjuana. L’ultima piantina sulla terra è custodita nel museo vaticano. E si cercherà di fare ripartire il mercato. Nel cast ci sono anche The Jackal, Laura Adriani, Michele Placido e Giovanni Esposito. Uscirà tra l’autunno e l’inverno».