La Nuova Sardegna

L'intervista

Renzo Arbore: «La televisione è ancora viva. Fiorello, Lillo e Greg i miei eredi»

di Alessandro Pirina
Renzo Arbore: «La televisione è ancora viva. Fiorello, Lillo e Greg i miei eredi»

Il grande showman torna su Rai 2 in occasione del 70esimo compleanno del piccolo schermo

03 gennaio 2024
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Se esistesse una top ten dei migliori programmi di sempre della tv italiana Renzo Arbore occuperebbe, tenendoci stretti, almeno tre o quattro posizioni. D’altronde, quando si associano le parole televisione e qualità il primo nome che viene in mente è sempre il suo. E infatti in occasione dei settant’anni del piccolo schermo la Rai ha richiamato proprio lui, il suo pezzo più pregiato. Oggi su Rai 2 alle 23.15 andrà in onda il primo episodio di “Appresso alla musica: Premiata bottega di antiquariato musicale di Renzo Arbore”, una serie di Rai Cultura, prodotta dalla Black Ice, che offre uno sguardo coinvolgente sulla storia della musica italiana e internazionale della seconda metà del Novecento attraverso aneddoti, curiosità e contributi video inediti da trasmissioni passate del grande showman. Venti episodi condotti dallo stesso Arbore con Gegè Telesforo.

Arbore, la televisione compie settant’anni. Qual è il suo stato di salute?

«È ancora in uno stato di salute buono. È cambiata molto. La tv istruttiva, educativa qual era quella originaria di Ettore Bernabei, Biagio Agnes oggi è più basata sulla attualità. È meno dedicata al varietà e più alla informazione. È diventata uno strumento. Oggi la tv è veramente un elettrodomestico di cui non si può fare a meno per tanti motivi. Per prima cosa perché ha sempre un ruolo artistico come quello della tv di Antonello Falqui, Enzo Trapani, Romolo Siena, e anche della mia, che l’ho sempre fatta con velleità artistiche. Io mi sono sempre considerato un artista e vorrei continuare a farlo».

Cosa è stata la tv per l’Italia?

«È stata soprattutto unificante, istruttiva, perché grazie alla televisione abbiamo imparato a parlare l’italiano. Ognuno di noi aveva il proprio dialetto, il proprio accento. La televisione ci ha aperto la visione del mondo, non solo di quello italiano. Io, essendo nato a Foggia, volevo che la televisione mi “sprovincializzasse”. Volevo sapere cosa succedeva a Milano, Torino, Genova, Bologna. Con quell’obiettivo creai “L’altra domenica”».

Il suo primo ricordo tv?

«È legato a “Lascia o raddoppia?”. Ai tempi non avevo ancora la televisione, andavo a casa di chi l’aveva. E ricordo questa trasmissione istruttiva e ben guidata (da Mike Bongiorno, ndr) che ci invitava a studiare una materia per diventarne esperti».

Come era la Rai in cui debuttò?

«Molto professionale e ancora molto antica. Alla radio parlavano solo annunciatrici e annunciatori. Io e Gianni Boncompagni fummo i primi a parlare con i nostri accenti, a esprimerci come facevamo a casa. Il varietà, anche quello buonissimo, era tutto scritto e recitato. Esisteva un copione, che io ho abolito a “Quelli della notte”. Fu una rivoluzione. Io ho fatto una televisione jazzistica: basandomi sul jazz, che è improvvisazione, ho pensato si potesse improvvisare anche con le parole».

Oggi torna in tv con “Appresso alla musica”. Quali saranno queste chicche che farà rivedere al pubblico?

«Sono immagini di repertorio di persone che hanno debuttato con me come Vasco Rossi o Lucio Battisti, che sono venute nei miei programmi come Domenico Modugno, Raffaella Carrà, Charles Aznavour, Enzo Jannacci. Ci sono un po’ tutti. Anche personaggi stranieri che ho incontrato, come Tony Bennett, con cui ho duettato due volte. Come me ci sarà GegèTelesforo, che da allievo è diventato il mio biografo».

È stato difficile fare una selezione?

«Ci sono tante cose che sono rimaste fuori, che spero di recuperare per un’altra serie dedicata al varietà».

Le sue trasmissioni non solo fanno parte della storia della tv, ma sono considerate la buona tv: L’altra domenica, Quelli della notte, Indietro tutta, Doc. Quale ritiene il suo gioiello?

«Credo che la più completa fosse “L’altra domenica”, perché al suo interno c’erano tante invenzioni che hanno anticipato i tempi. La musica dal vivo quando c’era ancora il playback. Le donne tutte parlanti, tutte giornaliste in un’epoca in cui erano ancora tutte vallette. Il primo gruppo en travesti (le Sorelle Bandiera, ndr), l’orchestra di Otto e Barnelli. E poi il primo quiz da casa: “da dove chiama?” l’ho inventato io. Allora i quiz erano solo quelli di Mike. E ancora invenzioni come Mario Marenco corrispondente fasullo, Roberto Benigni che si occupava di cinema, le prime escursioni in giro per l’Italia con Milly Carlucci».

Ha scoperto tantissimi personaggi. Chi ha mantenuto più di tutti l’impronta arboriana?

«Certamente Nino Frassica, che continua a esserne testimone. Ma anche gli altri, da Maurizio Ferrini a Marisa Laurito. Hanno tutti imparato da me l’improvvisazione».

Chi c’è nel suo pantheon televisivo?

«Io ho imparato a parlare da Ruggero Orlando, il corrispondente da New York, che con un linguaggio semplice e umano raccontava cose difficili. Per quanto riguarda l’umorismo il caposcuola è stato sicuramente Totò, io sono stato allevato dal suo cinema. E poi persone brillanti come Walter Chiari, che per prime mi hanno mostrato i meccanismi dell’umorismo».

Oggi gli show vanno avanti per 15-20 edizioni. Lei quasi sempre si fermò alla prima. È anche questo che rende immortali le sue trasmissioni?

«Di “Indietro tutta” feci 45 puntate, di “Quelli della notte” 65. Penso anche allo show su Totò o al “Caso Sanremo” con Lino Banfi e Michele Mirabella. Io ho fatto un po’ la tv d’autore. Facevo la tv come se facessi cinema: mi inventavo un programma e quando avevo detto quello che dovevo dire lo finivo e davo appuntamento a un’altra cosa. Ho sempre preferito differenziare».

E oggi?

«Oggi la televisione è seriale, una volta inventato il programma si va avanti per anni».

Con il termine arboriano si indica un modo di essere innovativo, creativo, ironico, divertente, grottesco, mai volgare. Il termine è stato anche inserito nella Treccani. Da spettatore cosa c’è oggi di arboriano in tv?

«C’è un po’ Fiorello, anche lui proviene dalla musica come me e non è mai volgare. Poi in radio ci sono Lillo e Greg, che sono i discepoli di “Alto gradimento”. Ogni tanto ci sono delle cose così. Il criterio è fare sempre progetti leggermente artistici. Questa è la prima cosa. E poi tenere d’occhio internet. Io ho un sito - www.renzoarborechannel.tv - in cui ogni giorno metto cose mie o cose che trovo nella rete».
 

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