Gian Marco Tognazzi: «A Sanremo devo la svolta della mia carriera. Sassari è casa, ormai mi sento quasi sardo»
L’attore nell’isola in tournée con “L’onesto fantasma”: «Un inno al teatro e all’amicizia, nonché una promessa a un amico che non c’è più»
La Sardegna per lui è casa. La conosce da quando era bambino, poi vent’anni fa l’isola si è trasformata in qualcosa di più della terra delle vacanze. A Sassari Gian Marco Tognazzi ha conosciuto Valeria, futura moglie e madre dei suoi due figli, e in qualche modo è diventato sardo anche lui. Nell’isola viene spesso per ragioni di famiglia, ma questa volta arriva per lavoro. Ittiri, Arzachena, Ozieri, Meana Sardo e Macomer sono le cinque tappe della tournée isolana con cui Tognazzi porterà dal 21 febbraio “L’onesto fantasma”, testo e regia di Edoardo Erba, accanto a Renato Marchetti e Fausto Sciarappa e la partecipazione in video di Bruno Armando.
Tognazzi, questo spettacolo può essere definito un atto d’amore verso il teatro ma anche la storia di un’amicizia.
«È un omaggio al teatro, alla amicizia, al mestiere dell’attore di teatro, con tutte le vicissitudini e le rivalità che si creano tra attori di teatro. E questo è proprio quello che avevamo chiesto a Edoardo Erba: raccontare quando uno dei componenti viene a mancare come si può convivere con l’assenza di uno che è stato il catalizzatore del gruppo. E questo è realmente accaduto».
La morte di Bruno Armando.
«Bruno è stato il mio compagno di scena per 14 anni. E anche con Fausto e Renato eravamo la stessa compagnia. Edoardo è stato eccezionale a scrivere questo inno al teatro, all’amicizia, lui era il migliore amico di Bruno. È nato un testo universale che parla di noi, ma tra dieci anni potrà essere messo in scena da altri attori. Le dinamiche di una compagnia teatrale sono le stesse di una squadra di calcetto, di una comitiva di amici».
Dopo la morte del collega e amico il suo personaggio non vuole più fare teatro. È accaduto anche a lei.
«Questa è una delle autodenunce. Per anni insieme avevamo fatto di tutto. A un certo punto avevamo deciso di separare le nostre strade con l’intenzione di tornare insieme. E proprio quando stavamo cercando un testo Bruno ha avuto quello che ha avuto. Ma ci tenevamo tutti e quattro a tornare assieme. E il testo di Edoardo ci ha permesso di mantenere la promessa. Questo spettacolo mette ordine a tutto quello che doveva essere messo in ordine. E Bruno è con noi sul palco tutte le sere».
Lei è nato respirando aria di cinema. Il suo primo ricordo legato a questo mondo?
«Emozione, stupore, incoscienza: quando Ugo mi portava sul set mi sentivo catapultato in uno strano Truman show. Da parte sua forse era un modo per recuperare le assenze da casa».
Com’era Ugo Tognazzi?
«Era conviviale, la casa sempre piena di ospiti, era lì che nascevano i personaggi. Nei decenni le cose sono cambiate, le successive generazioni interagiscono meno, è un altro mondo».
I primi ruoli accanto a suo padre, poi “Vacanze in America”.
«Volevo scappare dalla campagna dopo essere stato chiuso per 18 anni all’aria aperta. Il mio ispiratore è stato Ricky. Mi sono fatto cacciare dal liceo per fare la scuola di cinematografia. Capendo che dovevo sacrificare l’estate ho fatto l’assistente volontario alla regia, come aveva fatto Ricky. Così è capitato che mi chiamassero per fare l’attore. Ma Ugo non ha mosso un dito».
Nel 1989 conduce il festival di Sanremo dei figli d’arte.
«Sono rimasto adolescente fino a tardi. Dai 15 ai 20 anni. Facevo quello che capitava. Anche la domenica di Canale 5 con Baudo, Mike, la Mondaini, la Bonaccorti, Licia Colò. Una serie Rai con Margherita Buy. E poi Sanremo: non fu una bella edizione, collezionai un po’ di figure di merda, ma fece 20 milioni di telespettatori. Fu proprio dopo quel successo che mi chiesi: voglio fare l’attore o il personaggio famoso? Ho scelto la prima. Mi sono rimesso a fare il tecnico e a studiare da Beatrice Bracco, la mia maestra di vita. E oggi dico grazie a Sanremo che mi ha fatto capire cosa volevo dalla vita».
Ricky, Thomas, Maria Sole: è stato diretto da tutti i suoi fratelli. Com’è lavorare con loro?
«È sicuramente più complicato. Con una persona che ti conosce come le sue mani non puoi fingere in alcun modo. Nella nostra famiglia dalle persone che ami pretendi sempre il doppio».
Ha un film che porta nel cuore più di altri?
«Non è semplice rispondere. Alcuni hanno più peso di altri. Non conta solo il personaggio, ma anche l’esperienza. È evidente che “A casa tutti bene”, “Romanzo criminale”, “Bella addormentata” mi hanno dato enorme soddisfazione. Ma penso anche ai film con Alessandro Gassmann, a quelli diretti da Giorgio Amato, alla saga del Crimine, oppure a “Cecenia”, passato totalmente sotto traccia».
Per Muccino è stato figlio di Sandra Milo. Che ricordo ha?
«Sui social io parlo solo di lavoro, non mi piace questa cosa del funerale collettivo in cui tutti devono dire la loro. Su Sandra ho fatto una eccezione. Quando è arrivata la notizia nella chat del cast eravamo tutti sotto choc. Sandra era sincera, affettuosa, ironica, giovanissima nonostante l’età. Dobbiamo conservarne la memoria».
Ugo Tognazzi è stato dimenticato?
«No, perché noi figli ci sostituiamo alla mancanza di promozione delle istituzioni. Ma non si possono accusare le nuove generazioni di non conoscere quando non si fa nulla per tramandare i punti di riferimento. Nel nostro Paese la politica culturale è scadente. E questo riguarda tutti i governi. Nessuno ha mai capito che la cultura dà da mangiare a centinaia di migliaia di operai specializzati e a qualche artista. Non rendersi conto di questo significa mandare alla deriva l’intera industria culturale».
Cosa è per lei la Sardegna?
«È energia pura. Credo che il mondo si sia generato in Sardegna. Sono innamorato dei sardi nei loro pregi e difetti. Sono felice di questa tournée, ma avrei voluto toccasse anche Sassari, Alghero, Olbia, Nuoro...».
A Sassari è di casa.
«Sassari è casa. La mia vita è tra Velletri, Torvajanica e Sassari. Quando ami una sarda ami la Sardegna e il rituale della famiglia riunita, dello stare insieme».
A Sassari cosa fa?
«Vado in centro, in spiaggia a Platamona. Vivo nella totale normalità. E poi conosco bene l’Ogliastra, Bono, Bonorva, Alghero, Stintino, Pazzona, le Saline, la Gallura. Ora però mi sento in imbarazzo a raccontare ai sardi quello che loro sanno bene».