La Nuova Sardegna

L'intervista

Alessandro Cecchi Paone: «Entrai in Rai con la sola tessera del Wwf. Silvio Berlusconi mi spinse a fare coming out»

di Alessandro Pirina
Alessandro Cecchi Paone: «Entrai in Rai con la sola tessera del Wwf. Silvio Berlusconi mi spinse a fare coming out»

Il giornalista e divulgatore si racconta tra tv, scienza, politica e attivismo: «Votavo Pri, ora Emma Bonino: dobbiamo riportarla in Europa»

15 marzo 2024
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La sua macchina del tempo si è messa in moto negli anni ’70 e non si è più fermata. Alessandro Cecchi Paone era giovanissimo, aveva solo 16 anni quando si trovò catapultato nella Rai dei grandi nomi, dei Pippo Baudo, Enzo Tortora, Corrado, Mike Bongiorno. Da allora è un punto fermo della tv italiana, ma non solo, perché il suo nome è legato alla divulgazione scientifica, alla storia e da vent’anni anche alle battaglie per i diritti.

Cecchi Paone nella sua carriera c’è un po’ di tutto: tv, giornalismo, scienza, politica, attivismo, università. Ma da piccolo come si immaginava?
«Come un esploratore. Quando è comparso Indiana Jones mi sono immediatamente riconosciuto in lui. Tanto che quando debuttai alla conduzione della Macchina del tempo per un po’ mi vestii come lui: cappello, stivaloni, camicia da safari».

Il debutto in tv a soli 16 anni: chi erano i suoi miti?
«La tv era quello che volevo: un mezzo per conoscere il mondo e fare conoscere il mondo. Fui preso da Rai 2 per il tg dei ragazzi come esperto giovanile del Wwf. Il mio mito non poteva essere che Piero Angela, l’unico che in tv faceva divulgazione. E qualche anno dopo mi trovai a prendere il suo posto al mondo di Quark. Anche quello fu un segnale che era la strada giusta».

Come era quella Rai?
«Meravigliosa. Primo, perché a tutti i dirigenti era chiara la missione del servizio pubblico. C’era una forma di rispetto e attenzione per il sapere, la conoscenza, anche nelle parti dell’intrattenimento. Secondo, c’erano le caratterizzazioni politiche, ma io non le ho mai avvertite. Nessuno mi ha mai chiesto quale fosse il mio orientamento. Anche i partiti facevano a gara non per occupare spazi, ma per dare il migliore servizio e prodotto possibile. Biagio Agnes, potentissimo direttore generale della Rai, sinistra Dc, mi mise in prima serata al posto di Emilio Fede. Avevo 25 anni e non conoscevo nessuno della Dc. E sempre Agnes affidò a Bruno Voglino, uno di sinistra, l’ultimo vero concorso Rai per volti nuovi. Passammo io, Piero Chiambretti e Fabio Fazio: siamo tutti ancora qui».

Dunque, lei andò al Tg2 senza essere craxiano.
«Da quel tg è uscito fuori chiunque: Carmen Lasorella, Alberto Castagna, Lilli Gruber. C’erano sicuramente giochi politici, ma dovevamo dimostrare di essere i più bravi, e non solo a battere la concorrenza».

Nel 1987 anche lei con Pippo Baudo, Raffaella Carrà, Enrica Bonaccorti, Lorella Cuccarini va a Canale 5: come era lavorare per Silvio Berlusconi?
«Bellissimo, aveva una visione amplissima. A me fece ponti d’oro perché lasciassi la Rai e andassi a costruire lì il mondo dell’informazione. Lui gestiva contemporaneamente Baudo e la Carrà con tutti i problemi delle grandi star e noi che avevamo mano libera. Io ero il più giovane di un gruppo che comprendeva Giorgio Bocca, Guglielmo Zucconi, Gianni Letta, Indro Montanelli, Maurizio Costanzo».

Nel 1997 su Rete 4 si inventa “La macchina del tempo”.
«La “macchina” è il mio cuore. Ce l’avevo dentro e devo dire grazie ai dirigenti Rai e Mediaset che mi hanno permesso di sperimentare programmi di avvicinamento. Capimmo insieme a Berlusconi che bisognava fare un magazine con dentro tutto: documentari sugli animali, scienza, spazio, archeologia, storia. La storia andò così bene che diventò uno spin-off per anni».

Era il Piero Angela di Rete 4.
«Era un onore. Ed era anche vero. Tutti pensavano che un certo tipo di tv la potesse fare solo la Rai e solo lui, ma Berlusconi non aveva paura di nessuno. Disse: la facciamo anche noi».

Nel 2001 la protesta ai Telegatti contro il Grande fratello, poi nel 2018 vi prenderà parte: qual è il vero Cecchi Paone?
«È lo stesso, perché io non ce l’avevo con il Grande fratello, ma con il fatto che fossimo nella stessa categoria. In quella occasione stavo dicendo: guardate che qui cambia tutto, inizia la tv dei non professionisti e dei flussi di parola senza contenuti che ci toglieranno spazi e budget. Nessuno mi ha dato retta, ma oggi restano solo talk show su politica e cronaca e reality».

La candidatura alle Europee 2004 con Forza Italia è lo spartiacque della sua vita. Cosa la spinse a fare coming out?
«Fu sempre Berlusconi. Il suo schieramento era molto conservatore in tema di diritti civili, ma lui sapeva che il mondo andava in direzione opposta. Mi disse: non possiamo lasciare alla sinistra il monopolio di questa battaglia. E mi chiese di candidarmi».

Come reagì il partito?
«Il partito era Berlusconi: lo volle lui e nessuno disse niente».

E i suoi colleghi?
«Mi hanno sostenuto, appoggiato mentre La politica era bloccata e la Chiesa non era ancora quella di Papa Francesco. E la cosa si è ripetuta quest’anno con la mia unione civile».

L’Italia arriverà mai al matrimonio egualitario?
«Sì, ma temo non in tempi brevissimi. Non riesco a vedere un politico come Matteo Renzi. Ma ora con la destra al governo l’importante sarà non tornare indietro».

Oggi per chi vota?
«Da ragazzo, come la mia famiglia, votavo Pri. Crescendo sono diventato radicale di Emma Bonino. Quando c’è lei in campo ci sono anche io: ora dobbiamo riportarla in Europa».

Perché la destra italiana è così diversa da quella europea?
«È un fatto storico. Se penso a un riferimento straniero il mio pensiero va a Tony Blair-Bill Clinton, ma in passato ho avuto simpatia anche per Margaret Thatcher. È la prova che gli altri Paesi hanno una destra conservatrice ma profondamente inserita nella storia democratica liberale. La nostra affonda le radici in un ventennio che, al di là del fascismo, ha insegnato a generazioni di politici l’antieuropeismo, il nazionalismo, il sovranismo, il protezionismo: tutte cose che non hanno a che fare con la destra liberale».

Il 2024 sembra un anno cruciale per le sorti del mondo...
«Per mia natura più che di timori parlo di speranze, ma racconto il mondo da 45 anni e purtroppo sento un forte spirare di guerra. Vorrei essere smentito, ma più che in Ucraina o nel Medioriente sento puzza di guerra nel Mar Rosso, nel Canale di Suez. Troppa gente in giro che vuole regolare i conti in maniera definitiva: Vladimir Putin, Benjamin Netanyhau, l’Iran, gli Houthi. Se poi vince Donald Trump ammazza l’Europa e la Nato. È un contesto spaventoso. Spero almeno che l’Europa voti per un suo potenziamento e non per depotenziarsi».
 

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