La Nuova Sardegna

L’intervista

Valeria Solarino: «I segreti non vanno demonizzati, possono servire a tenere in piedi i rapporti»

di Alessandro Pirina
Valeria Solarino: «I segreti non vanno demonizzati, possono servire a tenere in piedi i rapporti»

L’attrice nei teatri dell’isola con lo spettacolo “Perfetti sconosciuti”

4 MINUTI DI LETTURA





È il film italiano con più remake al mondo, la pellicola che ha rilanciato la commedia. “Perfetti sconosciuti” è un successo cinematografico planetario che ora è diventato anche un successo teatrale. Alla regia c’è sempre lui, Paolo Genovese, mentre il cast è totalmente cambiato rispetto al cinema. I sette amici che si ritrovano intorno al tavolo a “giocare” con i loro telefoni (e i loro segreti) sono Paolo Calabresi, Valeria Solarino, Dino Abbrescia, Lorenza Indovina, Paolo Briguglia, Alice Bertini ed Emanuele Aita. Un cast pronto a sbarcare in Sardegna: da domani a domenica al Teatro Massimo di Cagliari e lunedì al Comunale di Sassari, sotto le insegne del Cedac.

Valeria, la prima volta che ha visto il film cosa ha provato?

«Lo vidi al cinema. Mi aveva molto divertito, anche se ricordo che il film, rispetto allo spettacolo teatrale, è molto più malinconico, più drammatico. Mi aveva colpito la bravura degli attori e poi il tema, che ai tempi era una novità: allora non si parlava così tanto dell’uso dei telefoni, non si faceva un utilizzo così assiduo dei social come oggi».

Quando Paolo Genovese le ha proposto di fare parte del cast teatrale come ha reagito?

«Quando ho saputo dell’adattamento teatrale non riuscivo a capire come sarebbero riusciti a farlo. Tutto si svolge intorno a un tavolo e non immaginavo come si sarebbe potuta riprodurre sul palco una scena così statica. Poi Paolo mi ha proposto il personaggio di Eva e questa cosa mi ha colpita ancora di più, perché a interpretarla nel film era Kasia Smutniak, mia amica carissima, che infatti alla prima a Roma è venuta a vederci. E non nego di essere stata un po’ tesa...».

Differenze tra il film e l’adattamento teatrale?

«Nella trasposizione teatrale il testo acquista un carattere più comico. Quello che avevo percepito nel film, nello spettacolo viene proprio fuori. Al cinema è il regista che decide cosa fare vedere al pubblico, a teatro il pubblico vede tutti gli attori. E ovviamente la recitazione teatrale porta a enfatizzare certi toni che inevitabilmente diventano comici».

Ognuno di noi ha una vita pubblica, una privata e una segreta. È d’accordo su questa definizione di Genovese?

«Sì, a prescindere dal tipo di segreto. Ci sono cose che ognuno di noi non dice a nessuno, o a poche persone, o magari non a quelle coinvolte in questa dinamica. Io non demonizzerei i segreti. Nelle unioni sentimentali o nelle amicizie ci sono fiducia, scambio, ma una parte di segreto è inevitabile. Certe volte le cose non si dicono per proteggere l’altra persona. Non mi è mai piaciuta quella cosa furba: “non sono riuscita a tenermi questo segreto, te l’ho dovuto dire”. Se non c’è un beneficio per l’altra persona, è solo un modo per scaricare il peso su altri».

Il suo rapporto con lo smartphone?

«Vivo con il telefono. Vedo i miei genitori, un’altra generazione, che se non hanno segnale se ne fanno una ragione e lo tengono in borsa. Io invece inizio a cercare la linea, il wi-fi. Ma poi per cosa? Questo un po’ mi dispiace, perché quando ero ragazzina tutti i momenti di attesa li passavo con un libro: in autobus, sul treno, dal medico. Il passatempo era quello, ora i social».

Accetterebbe mai di partecipare a un simile gioco?

«Decisamente no. Nello spettacolo c’è una battuta che dice Rocco, mio marito, quando Eva, il mio personaggio, propone il gioco: “i tuoi segreti non li voglio conoscere”. E in effetti è così. Se mi vuoi raccontare i segreti bene, altrimenti mi basta quello che mi dai».

Nel mondo 25 remake al cinema e tanti adattamenti teatrali, Broadway compreso: quale è la forza di Perfetti sconosciuti?

«È una dinamica che coinvolge tutti, perché tutti abbiamo questo rapporto con il telefono. Quei sei amici pensano di essere in sintonia tra loro, e in effetti lo sono. Il loro rapporto è tenuto in piedi dal segreto. A livello drammaturgico questa cosa è geniale, perché ti fa capire come quel gruppo potrebbe sfasciarsi. È come se ti avvertisse: quelle persone stanno assieme anche grazie a questo motivo. È una cosa molta drammatica, ma io ci vedo un lato positivo: stanno insieme nonostante tutto». 

Primo piano
Capo Figari

Mistero sui fratelli dispersi in mare: nelle foto si vede una barca

di Marco Bittau
Le nostre iniziative