Sassari, in piazza d'Italia la protesta degli insegnanti di sostegno: «Aumenta la precarietà, diminuisce la formazione»
Sassari Mattinata di mobilitazione a Sassari, dove in piazza d’Italia si sono radunati numerosi docenti specializzati nel sostegno, formatisi attraverso il Tfa (Tirocinio formativo attivo), per protestare contro i nuovi decreti che equiparano il loro titolo a quello ottenibile con i futuri corsi semplificati "Indire". Il Tfa è un percorso accademico selettivo, con lezioni in presenza, laboratori e tirocinio diretto nelle scuole. I corsi "Indire", invece, si svolgeranno prevalentemente online e non prevedono selezioni né attività pratiche per chi ha già tre anni di servizio anche non consecutivi negli ultimi cinque.Una delegazione di docenti precari ha incontrato il sindaco di Sassari, Giuseppe Mascia, che ha espresso il pieno sostegno dell’amministrazione comunale alla protesta. Il primo cittadino ha inoltre denunciato un dato allarmante: rispetto allo scorso anno, le richieste di sostegno da parte delle famiglie nel territorio sassarese sono aumentate del 25%. Un segnale evidente della crescente esigenza di personale qualificato. I manifestanti, rappresentati da Giovanni Sau, chiedono al Ministero dell’Istruzione un passo indietro e una soluzione strutturale: la stabilizzazione degli specializzati Tfa. Il Coordinamento Insegnanti per l’Inclusione (CIPI), che riunisce specializzandi e specializzati di numerose università italiane, mette in guardia dal rischio di un “doppio binario” formativo, che potrebbe compromettere la qualità dell’inclusione scolastica. “L’inclusione si fa in presenza, non online”, è il messaggio ribadito in piazza. Nel mirino anche il decreto 32/2025, che consente alle famiglie di confermare i docenti a tempo determinato, anche non specializzati, per garantire la continuità didattica. “Continuità non fa rima con precariato” è lo slogan lanciato in coro dai manifestanti, che denunciano una pericolosa delega alle famiglie di una responsabilità che dovrebbe invece essere assunta dalle istituzioni, in maniera condivisa e trasparente sul territorio. “Per il diritto all’inclusione – concludono – non si può ridurre la formazione, né aumentare la precarietà” (a cura di Rachele Falchi).